venerdì 8 dicembre 2006

Questo cavaliere è già un cult

Dal Secolo d'Italia di giovedì 16 novembre 2006
rubrica settimanale "Alto gradimento"
Un fenomeno editoriale come non se ne vedevano da un pezzo in un mondo, quale quello delle “nuvolette parlanti”, schiacciato a tenaglia tra l’invasione dei videogiochi e del multimediale e le diminuite possibilità di spesa degli italiani e dei giovani in particolare. Demian, seconda miniserie della Sergio Bonelli Editore (dopo Brad Barron di Tito Faraci, appena conclusasi) nata nel maggio 2006 e giunta al suo settimo episodio (La stella di Algeri, in edicola da pochi giorni), si è rivelata un vero e proprio successo, a dimostrazione di come il fumetto popolare sappia ancora rivolgersi a tutti, dal bambino di dieci anni all’adulto, lungi dall’esaurire la capacità di offrire emozioni.
Dopo una partenza boom di ben 70.000 copie vendute, Demian, romanzo a fumetti in diciotto capitoli, si è assestato sulla più che lusinghiera soglia di 50.000 albi ad uscita, numeri che vanno ben oltre la soglia di pareggio della Bonelli e hanno finito per superare - probabilmente - le aspettative della casa editrice milanese. L’unico a crederci fino in fondo è stato l’ideatore e sceneggiatore della collana, il papà di Demian, Pasquale Ruju. Quarantacinquenne sardo trapiantato a Torino, architetto, Ruju è un artista dal talento poliedrico: attore, doppiatore, negli ultimi dieci anni si è affermato come sceneggiatore di punta di Dylan Dog, personaggio per il quale ha già scritto oltre sessanta tra gli episodi più belli dell’indagatore dell’incubo.
Con lui abbiamo scambiato qualche battuta sulla sua creatura, scoprendo una persona affabile e affinità culturali. Partiamo da Demian, il protagonista: muscoloso trentenne dal nome rigorosamente bretone, biondo caucasico con occhi viola. «Inizialmente doveva avere il volto del fascinoso Vincent Perez, l’attore francese de Il Corvo 2, ma poi, insieme con il copertinista Alessandro Poli, abbiamo dato a Demian una fisionomia tutta sua, che può ricordare l’Achille di Brad Pitt in Troy, ma non si basa su somiglianze strette». A differenza di altri anti-eroi della produzione bonelliana, non è un detective né un poliziotto, tanto meno un ribelle o un idealista, ma «un eroe classico, un monaco guerriero, un cavaliere di ventura, anche se al posto del cavallo ha una fiammante Ducati 999R da 150 cavalli – spiega Ruju – è un eroe sradicato nato in un’epoca sbagliata, che si trova a vivere in un contesto che non di rado origina episodi di violenza incontrollabile, esattamente come accade nella realtà, in un mondo dove nessuno è davvero innocente e la sfumatura tra buoni e cattivi è meno netta, circostanza che rende molto più complesso il ruolo dell’eroe». Questa condizione di estraneità lo rende un personaggio inquieto, in perenne sbandamento nonostante abbia un preciso quanto personale codice morale. Sul petto ha una cicatrice a forma di spada, «simbolo di una leggendaria casta di cavalieri, stirpe di eroi le cui origini si perdono nella notte dei tempi». Appartiene a una misteriosa “Fraternité”, di cui è uno degli ultimi rimasti, ed ha una ignota missione da compiere. Di lui si sa solo che è un «duro dal temperamento romantico», ama leggere poesie e gustare i piccoli piaceri della vita perché «non si può essere eroi ventiquattro ore al giorno». Altro (ancora) non si sa, se non che è un rinnegato, un ex soldato che i malviventi vorrebbero vedere morto.
Il genere, pur rimanendo saldamente nel solco bonelliano del fumetto d’avventura, è un «noir contaminato», un’abile alchimia narrativa che trae la sua originalità dal taglio fortemente cinematografico e da una location estremamente suggestiva: una Marsiglia per certi versi immaginaria ma nella quale si riconoscono le dinamiche della città reale, comuni ad altre città mediterranee. Marsiglia non a caso è la versione europea della gangster city per eccellenza, vale a dire la Chicago dei ruggenti anni Venti e Trenta. Nella storia, accanto al classico milieu rappresentato da duri in gessato e con i borsalino a tesa larga resi celebri al cinema da Alain Delon e Jean Paul Belmondo e dai bulli col revolver fumante, interpretati con mirabile ironia negli anni Cinquanta dal nostro Fred Buscaglione, vivono e vegetano organizzazioni criminali ben più spietate, che si alimentano con i traffici illeciti caratteristici della metropoli tentacolare. Il tutto è reso in maniera coinvolgente da una sceneggiatura cruda ed efficace alla Quentin Tarantino, capace di passare da lunghi piani sequenza dialogati a montaggi frenetici nei quali si susseguono scontri a fuoco e inseguimenti a tutta velocità. E per Demian non c’è più tempo né per parlare né per pensare.
«Le mie fonti di ispirazione – ci ha raccontato Ruju – sono letterarie e cinematografiche, dai libri “polar” di Jean-Patrick Manchette e Jean-Claude Izzo (uno dei personaggi dell’albo numero 2 richiama Fabio Montale, protagonista della trilogia izziana) all’ottimo Duri a Marsiglia di Gian Carlo Fusco, sino al grande cinema d’azione di Luc Besson con i suoi Nikita e Léon, e di Michael Mann, Heat La sfida e Collateral, per arrivare al mitico Ronin con Robert De Niro e Jean Reno».
La scelta di ambientare le storie nella città provenzale nasce dall’idea di «farne un fumetto compiutamente europeo, lontano dagli stereotipi statunitensi, di far muovere l’eroe in mezzo a paesaggi, odori, sapori, lingue e mentalità più vicine a noi». Pur essendo Demian un personaggio immerso nella modernità, si è preferito tenerlo fuori dall’attualità politica italiana, tanto che nei suoi viaggi tra Marsiglia, Parigi, Barcellona, la Corsica e il Nord Africa non toccherà mai suolo italiano. Una decisione ragionata: «Non amo i fumetti che tentano di educare i lettori, o di far prendere loro una posizione politica, quale che sia. Per me il fumetto popolare è soprattutto intrattenimento». Rispondendo alla nostra scherzosa provocazione, di come Demian tocchi temi capaci di infiammare l’immaginario di una destra diffusa, Ruju sottolinea come personalmente abbia simpatie di sinistra, ma anche un padre orgogliosamente di destra, concludendo che «certi valori, come il coraggio, dovrebbero essere comuni a tutti». Ma il vero punto forza della collana, spiega Pasquale è «la coralità del racconto. Non c’è - come accade in altre serie - il protagonista affiancato ­da una spalla comica. Gli altri personaggi sono veri e propri comprimari». Il miglior amico di Demian, il contrabbandiere Gaston Velasco, furfante vecchia maniera «che sa ancora rischiare la vita per un amico», ad esempio, «altri non è che lo Yanez straordinariamente interpretato da Philippe Leroy». Ruju, salgariano impenitente, ne ha fatto un personaggio altrettanto affascinante, «né buono né cattivo, più furbo e scafato, capace di fare cose che Demian non può fare». Nell’albo appena arrivato in edicola viene rivelato il passato di Gaston e il personaggio diventerà sempre più il coprotagonista di una serie che, pur procedendo con episodi autoconcludenti (che, a differenza del classico taglio da 98 pagine, ne contano ben 132, con più polpa per i lettori ad un sovrapprezzo di soli 50 centesimi), prosegue per rivelazioni progressive e sviluppa una macrotrama che si concluderà solo nell’ultimo albo. Altro personaggio particolare è Tristan, suo unico contatto con la “Fraternité”. «Quest’uomo misterioso, che ha qualcosa di Jean Gabin ma anche di Smoking man di XFiles, agisce al di là del bene e del male, è capace di manovrare i servizi e di gestire con spregiudicatezza le persone per portare a termine una missione che sarà svelata solo alla fine».
Misteri su misteri sui cui si arrovellano da mesi i numerosi fans di Demian, che si sono organizzati ed hanno un bel sito internet (http://www.demian.forumfree.net/), nel quale passa spesso Pasquale per rispondere alle tante domande che gli vengono rivolte. La collana, malgrado i magnifici risultati che sta ottenendo, come stabilito sin dall’inizio, non avrà un seguito. E così la casa editrice milanese, dopo averci tolto Mister No - il numero di dicembre sarà quello finale - ci sottrarrà anche questo «eroe esoterico» al quale ci eravamo già affezionati. Confidiamo che saprà farsi perdonare, affinché la letteratura disegnata, prezioso patrimonio di cultura popolare, abbia lunga vita.

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