Imitare Sarkozy? Molto difficile. Capire Sarkozy? Si può e si deve. Se è assai improbabile – come spiega Marina Valensise nel suo Sarkozy, la lezione francese – importare nel nostro paese un fenomeno politico che sta affascinando per tasso di innovazione del mondo intero, almeno si può tentare di afferrare il segreto del successo del nuovo presidente della Francia. A questo proposito, consigliamo a tutti la lettura dell’articolo di Bernardo Valli su Repubblica di ieri. Sarebbe, infatti, decisamente molto utile, soprattutto per chi in Italia si schiera a destra, comprendere come Sarkozy sia riuscito a conquistare il core della gran maggioranza degli elettori declinando nella modernità “una certa idea della Francia”. Ascoltiamola con attenzione, allora, questa “lezione francese”. «Nicolas Sarkozy – spiega Valli – ama rimescolare le carte… spostare linee di divisione… travolgere i luoghi comuni… abbattere steccati ideologici».
Preferire l’ottimismo della volontà al pessimismo della ragione, ecco una parte della lezione. Ma non è tutto: «Sarkozy vuole estirpare i tormenti di un paese che si interroga sulla sua storia… ritiene che sia un errore, sia un esercizio inutile soffermarsi» sulle tragedie della storia, rinvangarle, «inoltrarsi nelle autocritiche, flagellarsi con interminabili mea culpa». Insomma, Sarkozy – ci spiega Valli – ha fatto della leggerezza e dell’allegria la sua cifra esistenziale, invitando tutti a «ignorare il peso della storia», ad alleggerirsi del passato per scommettere sul futuro del proprio paese. Ed è per questo che i francesi lo hanno capito e seguito. «Soltanto un uomo di destra senza più complessi – conclude Valli su Repubblica – poteva osare tanto». La sfida politica di Nicolas Sarkozy, a questo punto, è chiara: sta anche alla destra italiana avere il coraggio di accettarla senza paure e senza angosce.
Preferire l’ottimismo della volontà al pessimismo della ragione, ecco una parte della lezione. Ma non è tutto: «Sarkozy vuole estirpare i tormenti di un paese che si interroga sulla sua storia… ritiene che sia un errore, sia un esercizio inutile soffermarsi» sulle tragedie della storia, rinvangarle, «inoltrarsi nelle autocritiche, flagellarsi con interminabili mea culpa». Insomma, Sarkozy – ci spiega Valli – ha fatto della leggerezza e dell’allegria la sua cifra esistenziale, invitando tutti a «ignorare il peso della storia», ad alleggerirsi del passato per scommettere sul futuro del proprio paese. Ed è per questo che i francesi lo hanno capito e seguito. «Soltanto un uomo di destra senza più complessi – conclude Valli su Repubblica – poteva osare tanto». La sfida politica di Nicolas Sarkozy, a questo punto, è chiara: sta anche alla destra italiana avere il coraggio di accettarla senza paure e senza angosce.
PS. Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
5 commenti:
Sicuramente il successo di Sarkozy va compreso, però continuo a preferire la profonda analisi (molto critica) che ne ha fatto De Benoist.
Mi piacerebbe leggerla, Claude. Mi è colpevolmente sfuggita. Me la posti? Un abbraccio e a presto.
Letto, ciao grande!
ALAIN DE BENOIST SU SARKOZY: INTERVISTA DI GERARDO PICARDO
Una nuova intervista di Picardo al grande filosofo francese, che, in controtendenza (come suo solito) smonta la figura di Sarkozy, che ritiene funzionale all'americanizzazione dell'Europa. E per il coautore del "Male americano", questo è il pericolo principale. Ellezeta
Parigi - Nicolas Sarkozy è il nuovo inquilino dell’Eliseo. Osannato in Francia, anche in Italia l’uomo forte di Parigi ha tanti ammiratori, che guardano oltralpe per ispirarsi, altre volte semplicemente per scimmiottare il programma che lo ha portato a vincere la sfida con Segolene Royal. Una strategia fatta di azioni e pensieri forti, che gli hanno valso la stima di molti intellettuali francesi.
Ma in casa dei galletti c’è anche chi, come il filosofo Alain de Benoist, non crede affatto alla svolta portata dall’ex ministro dell’Interno francese all’Europa e alla Destra europea in particolare.
E così per il direttore di Krisis alle derive di destra e sinistra si dovrebbe reagire con una grande lessive des idées che coniughi il ribelle jungeriano alle sfide della modernità. Sfatando il mito Sarkozy o almeno limitandone la portata nel pantheon dei modelli politici.
Cosa insegna all’Europa il il ‘caso Sarkozy’? La scommessa dell’Eliseo a un uomo di Destra può rappresentare un modello anche per gli altri partiti di destra/centrodestra europei?
Nicolas Sarkozy era all’inizio il candidato del grande patronato, dell’alta borghesia, del complesso militare-industriale francese (che controlla oramai una larga parte dei media) e, in via sussidiaria, dei neoconservatori americani.
Il 6 maggio scorso ha riportato una vittoria incontestabile (con il 53% dei voti, pressoché quanti ne prese il generale de Gaulle nel 1965) riuscendo a sedurre un secondo elettorato formato dalla piccola borghesia liberale-autoritaria (commercianti e artigiani, classi medie inferiori, lavoratori indipendenti) e da una parte delle classi popolari preoccupate della crescita dell’insicurezza. Questo ‘secondo pubblico’ votava prima per il Fronte nazionale. Per avvicinarlo a sé, Sarkozy durante la sua campagna elettorale, non si è tirato indietro di fronte a nessuna parola o gesto. E questo spiega che ci fosse una correlazione diretta tra il voto Sarkozy e l’affondo del partito di Jean Marie Le Pen (che, con appena più del 10% dei suffragi, ha perso dal 2002 un milione e mezzo di elettori). Questa allenza “di sicurezza” della piccola borghesia stipendiata e dell’alta borghesia, mi sembra assolutamente caratteristica di un fenomeno del nostro tempo: la crescita di un “liberal-populismo” che associa paradossalmente ultraliberismo economico, individualismo consumistico, gusto dell’autorità e xenofobia. Una tendenza politica alla quale mi sento totalmente estraneo. Da questo punto di vista, Sarkozy non è in nessun modo ai miei occhi un modello, ma piuttosto un anti-modello.
In Italia, invece, il figlio di un immigrato che diventa ministro dell’Interno e poi prende il posto di Chirac, è un esempio. Teimonage porta la prefazione di Gianfranco Fini (nell’edizione italiana), anzi spesso si dice che Alleanza nazionale si ispiri all’uomo forte di Parigi che guida la ‘cordata’ della destra. Quanto c’è di vero? Fini è un Sarkozy ‘dei poveri o di serie B’?
Il fatto che Sarkozy abbia radici ungheresi è stato molto sovrastimato all’estero. In nessun momento della campagna presidenziale, il nuovo presidente della Repubblica è stato percepito come un “figlio di immigrato”. Sono piuttosto i francesi venuti dall’immigrazione recente che l’hanno considerato più come un avversario, per la reputazione di durezza che aveva acquisito al ministero dell’Interno. So che Gianfranco Fini ha fatto la prefazione all’edizione italiana del libro di Sarkozy e questo in Francia gli è stato talvolta rimproverato. Ma trovo il parallelo tra Fini e Sarkozy assai poco convincente. Bisognerebbe piuttosto accostare Nicolas Sarkozy a Silvio Berlusconi (lo charme latino in meno dai francesi!). Berlusconi, d’altra parte, ha avuto occasione di manifestare la sua simpatia attiva per il nuovo presidente francese, sia prima sia dopo la sua elezione. Uno dei punti in comune tra Sarkozy e il Cavaliere, oltre alla loro comune simpatia per gli Stati Uniti, è la loro adesione a una società costituita sul modello del mercato liberale, e anche il loro gusto per i media. Entrambi concepiscono un Paese come un’azienda. Questa confusione dell’azione politica e della gestione economica è tipica, anch’essa, della dottrina liberale.
Chi è davvero Sarkozy per Alain de Benoist?
Un avversario dei più pericolosi. Più precisamente il rappresentante emblematico di tutto ciò che io detesto di più a destra: i valori commerciali e l’autoritarismo tendente alla xenofobia. Sarkozy incarna una destra politicamente autoritaria ed economicamente liberale che non esiterà ad adottare una strategia della violenza ragionata con il concorso dell’apparato di Stato.
Questa destra liberal-sicuritaria concepisce la società unicamente come un luogo di competizione, sottomesso da ogni parte alla logica della performance economica su un fondo di commercializzazione del mondo.
E’ una destra che persegue senza stati d’animo l’individualizzazione delle soluzioni ai problemi sociali.
Una destra favorevole al capitalismo che non arriva a comprendere che è proprio il capitalismo a distruggere i valori della destra che annuncia l’era del ciascuno per sé.
E’ l’egoismo come valore che ha trionfato il 6 maggio.
Alcuni temi che il vincitore della sfida su Segolene Royal ha avuto il merito di proporre alla società francese…
Sarkozy ha fatto campagna sul valore del lavoro, promettendo alla “Francia che si alza presto” di favorire coloro che “vogliono lavorare di più per guadagnare di più”, restando inteso che coloro che non hanno per scopo essenziale nella vita sempre quello di “guadagnare di più” potranno essere legittimamente sospettati di pigrizia o di frode e lasciati per strada. Alle classi medie, vittime sia dell’insicurezza sia della rapacità del capitalismo mondializzato, della violenza delle periferie e della tirannia dei mercati finanziari, ha fatto credere che avrebbe ristabilito l’ordine lottando contro l’assistenzialismo e favorendo la flessibilità. Ha annunciato in realtà l’instaurarsi di una società più competitiva, più dura, più ansiogena, dove la priorità sarà data all’efficacia senza considerazione dei costi sociali. E’ il principio stesso della meritocrazia all’americana.
A questo punto quale scenario si apre a livello europero con Sarkozy presidente? Ripercussioni anche a Bruxelles?
La scelta da parte di Nicolas Sarkozy di Bernard Kouchner come ministro degli Affari esteri ed europei conferma che il progetto del nuovo presidente è di mettere fine alla “eccezione francese”, non solamente sul piano sociale, ma anche sul piano di una politica estera che, da 50 anni, sotto i governi sia di destra sia di sinistra, non aveva mai totalmente abbandonato il principio gollista di indipendenza nazionale.
Kouchner è il solo uomo politico francese ad aver approvato brutalmente la criminale aggressione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti, che ha portato ai brillanti risultati che conosciamo. E’ un uomo per il quale le esigenze “morali” della “comunità internazionale” devono basarsi sulla sovranità degli Stati.
L’ideologia dei diritti dell’uomo deve, in altri termini, rimpiazzare ogni sorta di considerazione geopolitica o di «realpolitica». Si ritrova qui la classica volontà di “depoliticizzare la politica” sotto la doppia impresa dell’economia (il mercato) e della morale (i diritti dell’uomo). Sarkozy è un uomo che non ama né i tedeschi né i russi. Ad essi preferisce gli americani e gli israeliani. Logicamente, la Francia dovrebbe dunque riannodare una forma più o meno avallata di atlantismo. Quanto alla costruzione europea, Sarkozy ha già fatto sapere che vorrebbe rilanciare un “progetto di trattato semplificato”, cioè un testo di compromesso che non è di natura tale da permettere alle istituzioni europee di uscire dall’impotenza o dalla paralisi e che, non dovendo essere sottomesso al voto popolare per referendum, avrà solo una legittimità democratica delle più ristrette.
I punti forti e le criticità di ‘Nicolas’
Sarkozy è innegabilmente un professionista della politica. Ha molto dinamismo e volontà, ma anche una totale assenza di scrupoli. Il suo progetto, che trovo negativo, possiede una coerenza certa. Ma S. avrà molti problemi a soddisfare in maniera durevole i due elettorati, dagli interessi materiali divergenti, che lo hanno eletto: la destra securitaria e i quadri superiori con le stock-options, i tenenti dell’ordine morale e i night-clubbers della jet society, quelli che approfittano della mondializzazione e quelli che ne sono vittime. Infine, tra i suoi punti deboli, aggiungerei anche la sua straordinaria volgarità di gusti e di comportamenti che, ancora una volta, lo accomuna in modo sconvolgente ai politici americani che ammira tanto.
Intervista di Gerardo Picardo
Come vedi hanno già provveduto:))).
Secondo me De Benoist ha sviluppato un punto di vista molto originale e inedito sulla politica francese ed anche europea. Partendo da presupposti davvero alieni per le rispettive fazioni politiche.
Lo capiranno, forse, tra 50 anni.
Un grande abbraccio anche a te.
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