mercoledì 1 agosto 2007

E se gli irregolari non fossero terzisti?

Dal Secolo d'Italia di mercoledì 1 agosto 2007
di Luciano Lanna (nella foto)
Nell'immediato secondo dopoguerra, meglio di altri, è stato Ennio Flaiano a riassumere il sentimento comune di un certo ceto intellettuale italiano: «La nostra generazione - diceva - l'ha preso in culo: i preti da una parte, i comunisti dall'altra». Una frase breve che probabilmente sarebbe stata condivisa, anche, da Leo longanesi e Mino Maccari, Giuseppe Berto e Indro Montanelli, Luciano Bianciardi e Dino Buzzati, Gian Carlo Fusco e Gualtiero Jacopetti, Mario Pannunzio e Vincenzo Cardarelli... Ma anche dall'ex fascista di sinistra ed ex comunista Elio Vittorini, che romperà subito con Togliatti proprio sul tema della libertà della cultura e cercherà invano una "sua" casa libertaria, oppure da un altro ex comunista (e poi anticomunista) come Ignazio Silone, che arriverà a definirsi anche come un "socialista senza partito e un credente senza Chiesa", e soprattutto un "cristiano libertario".
Non si trattava, come sostiene Pierluigi Battista, soltanto di intellettuali che sfuggivano alla logica di schieramento e che - definiti da qualche anno come "irregolari" - costituirebbero oggi un esempio del terzismo possibile, una sorta di antidoto - come rileva Battista - «per non lasciarsi asfissiare dall'interminabile querelle sulla cultura di sinistra e quella di destra». No, questi autori, insieme ad altri, prefigurarono, invece, quella "via italiana al libertarismo" che oggi - crollate insieme al Muro le vecchie ideologie - rappresenta la sola base possibile per una cultura politica che intenda definire un orizzonte di autentica libertà, anche culturale. Non è vero, insomma, che l'esempio e l'opera di questi autori è inevitabilmente un qualcosa destinato a stare a sinistra della destra e a destra della sinistra, senza poter mai essere adottato da una parte o dall'altra. Sì, è vero, caro Battista, che le letture irregolari sono salutari contro il virus del conformismo. Ma perchè dovrebbero venire relegate in un limbo antipolitico?
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, di Fascisti immaginari, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Roby.

Anonimo ha detto...

Grande Luciano !

Anonimo ha detto...

Suggestivo, ma ho dei dubbi.
Io faccio molta fatica a capire cosa s'intende per "cultura libertaria" oggigiorno. Mi sembra che Lanna si riferisca a questi autori come a stimoli per il libero pensiero, quindi utilizzabili al di là delle fazioni. Fin qui ci sto. Ho dei dubbi, invece, su una eventuale strumentalizzazione in senso liberale di quest'humus libertario.
E' molto difficile, oggigiorno, confrontarsi in modo spurio con Silone o con Orwell, uscire dal solito stereotipo degli anticomunisti e protoliberali. La nostra è un'altra epoca, con altri problemi e un diverso contesto che richiede altre analisi. Il loro bisogno di libertà, probabilmente, non era il nostro.
Credo vadano anch'essi storicizzati, e di lì si può partire. Abbiamo autori attuali che, sul piano dell'analisi postmoderna, possono dire molto di più sia alla destra che alla sinistra.