dal Secolo d'Italia di venerdì 21 settembre 2007
di Flavia Perina (nella foto)
C'è un approdo scontato in Italia per i “duri e puri”, per i Turigliatto e i Rossi, ma anche – da ieri – per gli Storace, i Losurdo e i Morselli. Partono dando fiato alle trombe del massimalismo e dei valori immarcescibili e arrivano suonando il piffero a favore dei loro più acerrimi avversari. Turigliatto (nella foto a destra) fece vincere Berlusconi sull’Afghanistan, Storace ha salvato Prodi sulla Rai. La “provvidenziale” assenza dell’ex-governatore del Lazio al momento del voto ha evitato che passasse la mozione della Casa delle libertà e che si determinasse la messa in minoranza del governo. Non stiamo a interrogarci sui perchè – è evidente che La Destra sia spaventata dalla prospettiva di elezioni anticipate – ma viene spontaneo riflettere su una delle regole ferree della politica italiana, che spesso anche gli elettori più smaliziati dimenticano: in una politica bipolare
come di fatto è quella italiana, le “terze vie” e in particolare quelle che grondano richiami identitari, non esistono o finiscono nel vicolo cieco del piccolo cabotaggio, delle intese di corridoio, dei giochi d’aula.
C'è un approdo scontato in Italia per i “duri e puri”, per i Turigliatto e i Rossi, ma anche – da ieri – per gli Storace, i Losurdo e i Morselli. Partono dando fiato alle trombe del massimalismo e dei valori immarcescibili e arrivano suonando il piffero a favore dei loro più acerrimi avversari. Turigliatto (nella foto a destra) fece vincere Berlusconi sull’Afghanistan, Storace ha salvato Prodi sulla Rai. La “provvidenziale” assenza dell’ex-governatore del Lazio al momento del voto ha evitato che passasse la mozione della Casa delle libertà e che si determinasse la messa in minoranza del governo. Non stiamo a interrogarci sui perchè – è evidente che La Destra sia spaventata dalla prospettiva di elezioni anticipate – ma viene spontaneo riflettere su una delle regole ferree della politica italiana, che spesso anche gli elettori più smaliziati dimenticano: in una politica bipolare
come di fatto è quella italiana, le “terze vie” e in particolare quelle che grondano richiami identitari, non esistono o finiscono nel vicolo cieco del piccolo cabotaggio, delle intese di corridoio, dei giochi d’aula.
Nell’area del centrodestra c’era già stato il caso di Marco Follini, con l’orgoglio centrista finito al servizio della peggiore sinistra mai salita al governo in Italia. Sul fronte della sinistra abbiamo visto l’orgoglio socialista di Bobo Craxi arruolato sotto le avvilenti insegne della tecnoburocrazia prodiana. A destra ora abbiamo Francesco Storace, con la bandiera dell’orgoglio neomissino finita al servizio di Palazzo Chigi nel momento di massima impopolarità e crisi dell’esecutivo. Nel commento che questo giornale a suo tempo dedicò alla scissione della Destra mettemmo in risalto gli incoraggiamenti piovuti su Storace dall’area dell’Unione e i surreali inviti ad andare “avanti così” da parte delle sinistre. Quegli strani laudatores avevano ben presente la regola che abbiamo citato poco fa: ogni scissione, piccola o grande che sia, costituisce una potenziale quinta colonna nelle fila degli avversari perchè i micro-gruppi hanno un unico modo per contare qualcosa, il sabotaggio dietro le linee. Ma c’è un’utile lezione anche per la destra, la destra di Alleanza nazionale, dietro i fatti di ieri. Lo strappo di Storace ha creato non poche preoccupazioni e tensioni, ragionamenti sulla tenuta dello “zoccolo duro”, ansie sul modo migliore di contenere malumori e dissensi che costellano la vita del partito come di tutti i partiti italiani. Si è ragionato seguendo gli schemi della nostra formazione politica, schemi “ideologici”, lasciando agire un latente complesso di colpa riguardo ai presunti strappi compiuti per dare alla destra italiana una prospettiva culturalmente minoritaria.
Ah, l’“identità”, eterna croce di chi ha cominciato a fare politica nel Novecento! Bene, il triste comportamento dell’“identitario” Storace ci dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, che oggi interpretare se stessi, la propria cultura di riferimento, le proprie convinzioni profonde, non significa recitare tutti i giorni il rosario dei valori ma interpretarli nella categoria dell’azione politica. Schierarsi dal lato “giusto” davanti al nuovo – che sia l’improvviso aprirsi di una prospettiva di crisi in Senato o il fenomeno Grillo, la protesta dei tassisti o quella della Fiom – è più importante che alambiccare per definire un politically correct visto da destra (e poi magari dimenticarsene alla prima occasione).
Flavia Perina è deputato al Parlamento e direttore del Secolo d'Italia
2 commenti:
Effettivamente, Storace non è giustificabile o difendibile in questa sede..... Scivolato irrimediabilmente sulla classica buccia di banana....??? O la tradizionale mossa del cavaliere&giustiziere che terrorizza??
In tutto ciò mai plaudire con fiducia agli incoraggiamenti della parte avversa (mi direbbe di dir "nuance sinistra rossa" ma, ahimé, il colore PAL è confuso.. forse i tubi catodici si stanno esaurendo...). Ricordare, invece, il classico ma mai tramontato "dividi et impera" ed iniziare i riti apotropaici di turno... tanto per gradire... Avanti così ... sempre dritti... (sulle "destre" e "sinistre" ne riparliamo poi...appena o se mia la nebbia si dirada)
Cordiali saluti
Susanna Dolci
Due piccole correzioni:
Mi verrebbe di dir "nuance....
appena o se mai la nebbia...
pardon per le sbavature ed un inchino
Ancora cordiali saluti
Susanna Dolci
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