Dal Secolo d'Italia di sabato 6 ottobre 2007
E dai, ammettiamolo: con la discesa in campo di Veltroni i media stanno davvero esagerando. Non c'è giorno che i grandi organi di stampa non amplifichino il "grande evento" e trovino un pretesto per celebrare il nuovo leader. Ieri, ad esempio. Mentre la Repubblica apriva il giornale con la lunga intervista a Massimo Giannini, il Giornale e il Corriere prendevano spunto dall'imminente uscita di un libro - Veltroni. Il piccolo principe (Sperling & kupfer), «biografia non autorizzata» scritta da Marco Damilano, Mariagrazia Gerina e Fabio Martini - per fornire ulteriori tasselli alla costruzione "soft" di un nuovo culto della personalità in politica.
E se il quotidiano fondato da Indro Montanelli si sbizzarriva nel rievocare il passato "comunista" del giovanissimo Walter leader della Fgci, il Corriere della Sera titolava addirittura sugli elogi del Duce al padre dell'attuale sindaco di Roma: «E Mussolini si complimentò: bravo Veltroni (senior)». Vittorio Veltroni, si legge nell'articolo - e nel libro che esce martedì - era stato l'allievo più brillante del centro radiofonico sperimentale voluto da Guglielmo Marconi, entrò giovanissimo all'Eiar (nella foto, tratta da «Radiocorriere» Dicembre 1967, Vittorio Veltroni, con Lidia Pasqualini e il radiocronista sportivo Niccolò Carosio) e fu tra i dodici giornalisti - elogiati da Mussolini - che raccontarono alla radio il viaggio in Italia di Adolf Hitler. E dopo la guerra si spese pure, alla vigilia del Giro d'Italia del '49, per far tornare nel ruolo di capocronista Mario Ferretti, che era stato volontario a Salò. Insomma, ci sarebbe anche una sorta di "passato fascista" nella memoria familiare di Walter. Ricordate le rivendicazioni delle sciarpe littorio, la retorica della vecchia guardia, l'amarcord di tanti italiani sullo zio squadrista e il nonno fascistone?Be', adesso c'è anche questo nell'album di famiglia dell'iperecumenico Walter Veltroni. Dai fratelli Kennedy a don Milani, dal jazz a Enrico Berlinguer, da Gandhi a Olof Palme, dai film trash al "mal d'Africa". E tra tanti graffiti novecenteschi non poteva certo mancare Mussolini.
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