Dal Secolo d'Italia di martedì 16 ottobre 2007
Lo si poteva incontrare nel centro di Torino, girare con un improbabile animale a guinzaglio, una gallina. Anche questo era Gigi Meroni, numero 7 del Toro, anticonformista per vocazione. Simbolo di una generazione ribelle, morto a 24 anni il 15 ottobre 1967, all'apice della carriera, investito da un'automobile. Ieri, in occasione del quarantennale della scomparsa della "farfalla granata" è stato realizzato un monumento posto sul luogo dell’incidente, a Torino in Corso Re Umberto, in corrispondenza del civico 46. Meroni era un calciatore non allineato che quando non giocava passava il tempo a dipingere; giocava con i calzettoni arrotolati in basso e portava sempre barba e basette lunghe. Con lui si affacciò per la prima volta nel calcio una generazione, quella dei giovani cresciuti ascoltando i Beatles e i Rolling Stones: Meroni, farfalla beat, era il prototipo del giovane di quei tempi. Considerato un eccentrico era in realtà un capofila, un creativo dentro e fuori il campo, un abilissimo pittore tanto quanto un’ala destra anarchica che dribblava e faceva girare la testa ai malcapitati avversari. La sua breve carriera cominciò al Como, squadra della sua città, passò per il Genoa e si consolidò al Torino, dove Meroni giocò tra il ’64 e il ’67 e dove vinse il suo unico trofeo, una Coppa Italia.
“Il dribbling di Meroni era poesia, letteratura” ha scritto il giornalista Darwin Pastorin che, pur essendo tifoso della Juventus, aveva Meroni nel cuore. E al ruolo di Meroni, l’ala destra, in passato è stato anche dedicato un libro di poesie scritto da Ferdinando Acitelli, La solitudine dell’ala destra. Chissà se Meroni non si farebbe una risata sentendo dire che il ruolo in cui giocava oggi non c’è più, sostituito da “schemi” che non lo prevedono come il 4-3-3, o sentendo parlare delle sorti del suo Torino che piano piano cerca di risalire le vette della serie A, o magari se gli raccontassero che la Juventus ha giocato in serie B?Riderebbe, probabilmente. Ma poi si allontanerebbe per tornare a dribblare le nuvole.
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collabora col Secolo d’Italia , testata per la quale ha realizzato alcuni articoli sul mondo ultras e uno sul fumettista Andrea Pazienza. Si è laureato in Scienze storiche a Palermo, con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra. Studioso della stagione Campi hobbit e della musica “alternativa” ha partecipato al convegno catanese "…e uscimmo a riveder le stelle: a trent’anni dal laboratorio dei Campi hobbit" insieme ad Umberto Croppi, Paola Frassinetti e Fabio Fatuzzo.
6 commenti:
Mi diceva un amico di Torino che la triste ricorrenza del quarantesimo anniversario della scomparsa di Gigi Meroni, se dal punto di vista della partecipazione 'popolare' è stata celebrata con drappi granata alle bandiere e visite monumento di cui parla Giovanni nell'articolo, da un punto di vista mediatico è stata poco comunicata, è stata un po' fiacchetta.
Il problema del mondo moderno, come dire il problema del calcio moderno, è che non
ha spazio per la memoria. Vivono entrambi di autocelebrazioni e
autoreferenziazioni. Che se ne fanno di Gigi Meroni? Porta business? Magari
voti? Non credo. Per questo noi pochi che cerchiamo di essere immuni alle
sirene del prodotto preconfezionato, sappiamo gustare quello che c'è di buono dall'altra parte, mi viene da dire
nel bosco, come direbbe Junger. E' un po' come andare a mangiare al fast
food, solo perché è lì a due passi, perché ci vanno tutti, perché che male
c'è, oppure andare a mangiare in trattoria. Ecco i nostri cuori sono da trattoria, i nostri
cuori amano le cose buone e belle. I nostri cuori continueranno a battere
per Gigi Meroni come una grande Maratona.
Anche se non sono cuori totalmente granata.
Grazie Giovanni per il grande lavoro che stai facendo e grazie Roberto per gli spazi che metti a disposizione.
Grazie a te Fabrizio per l'apprezzamento e per la puntuale citazione di Junger.
Lo stesso ci invita a tentare di governare noi stessi, qualora non possiamo governare il mondo, le oligarchie, le plutocrazie multinazionali che ci impongono un calcio plastificato.
E allora resistiamo fin quando possiamo e sentiamoci parte di un bosco chiamato Maratona
Voglio ringraziare in maniera particolare Roberto. Sicuramente per lo spazio che mi concede che mi lusinga.
Ma ancor più per il fatto di avere dato spazio a personaggi come Gigi Meroni, a dimostrazione che la qualità umana e valoriale che Roberto e questo blog esprimono, vanno oltre ogni tipo di faziosità e partigianeria.
Grazie Roberto
Grazie a te, Giovanni. Chi ama il calcio (davvero) non può che appassionarsi sinceramente a personaggi come Meroni. A prescindere dalla squadra in cui ha militato. Un abbraccio a entrambi.
i drappi non erano alle bandiere, erano alle finestre...
oooppssss!
Da un puro "cuore granata", grazie Giovanni.
ivanhoe
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