Dal Secolo d'Italia di mercoledì 28 novembre 2007
Ha fatto bene Aldo Grasso che sul Corriere della Sera ha posto ad Adriano Celentano l'unica domanda possibile: «Ci sforziamo di conservarci in salute per cosa, per morire di noia e prediche?». In effetti, sulla Rai è andato in onda il solito Celentano passatista, plenipotenziario dell'immobilismo italiano. Altro che rock: ha fatto della paura del nuovo la sua cifra politica ed esistenziale. Per nulla futurista: contro i grattacieli, contro l'idea stessa di futuro. «E il futuro - ha commentato ieri l'architetto Cesare Casati, uno dei padri del Pirellone di Milano - fa paura agli stupidi: i grattacieli sono l'espressione dell'intelligenza umana, la battaglia di Celentano è retrogada». Ma Adriano è così, probabilmente incupito in una vecchiaia che, in qualche modo, si porta appresso sin da quando era giovane.
Simbolo dei beat all'italiana, già nel 1967 Celentano tradiva comunque i giovani con una canzone che gettava al macero i sogni di una generazione nel nome di un moderatismo retrogado: «Caro Beat, mi piaci tanto - cantava in Tre passi avanti - sei forte perchè hai portato oltre alla musica dei bellissimi colori che danno una nota di allegria in questo mondo pieno di nebbia. Però se i ragazzi che non si lavano, quelli che scappano di casa fanno parte del tuo mondo, o cambi nome o presto finirai...». Un invito alla normalizzazione che portava l'Adriano nazionale a scagliarsi contro la moda dei capelli lunghi: «Guarda che coppia, dicono già, visti di spalle chi è la donna non si sa». Un atteggiamento moralizzatore che era già apparso nel 1966 con Mondo in mi 7: «Non esiste morale, c'è per tutti un complesso, un problema del sesso e le persone serie che non raccontano le storie le hanno spedite in ferie! Questa terra è il monopolio delle idee sbagliate, qui si premiano quei film dove c'è un morto in più». Per non parlare della famosissima Chi non lavora non fa l'amore del 1970: «Una risposta reazionaria, familistica, machista all'autunno caldo», ha spiegato Edmondo Berselli. Nessuna sorpresa, allora, nel vedere il Molleggiato esaltare oggi la figura politica che, in questo momento, più gli assomiglia, per idee, carattere e prospettive: Romano Prodi.
PS. Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
PS. Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
1 commento:
Mha... alla fine Celentano era e rimane un democristiano, uno che ironizzava sugli scioperi e trasformava DEUS in un inno contro l'aborto. Qualche trovata a livello musicale (tipo quella canzone dal titolo impronunciabile, a suo modo un'anticipazione del Rap, ma molto dopo il Bob Dylan di Highway 61), per il resto un finto ribellismo che è servioto più ad ammorbare le coscienze che a risvegliarle verso la partecipazione.
Insomma, un democristiano.
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