Anche se sono sempre alti “due mele e poco più” i puffi compiono mezzo secolo in questo 2008 che si annuncia ricco di eventi per festeggiare gli gnometti azzurri nati dalla matita del fumettista belga Pierre Cullifor, detto Peyo. È in Belgio, infatti, che nascono le celebrità di carta del dopoguerra, da Tin-Tin di Hergé a Lucky Luke di Morris fino ad Asterix, scritto da René Goscinny e disegnato da Albert Uderzo e uscito sul settimanale “Pilote” a partire dal 1958, lo stesso anno in cui comparvero per la prima volta gli “Schtroumpf”, meglio noti come i puffi.
Tra gli eventi celebrativi del 2008 molti sono legati al marketing: così negli Usa la Warner Bros si accinge a riproporre l’intera serie dei cartoon televisivi di Hanna&Barbera, quelli che hanno portato al successo internazionale la comunità guidata dal Grande Puffo. Un gruppo che, come tutte le comunità ideali, ha offerto alla gara delle ideologie il destro per interpretazioni politico filosofiche del villaggio dei puffi, anche se non v’è dubbio che i puffi delle strisce di Peyo sono una comunità alternativa che, sul modello classico dell’«a ciascuno il suo», riesce a tenere alla larga male e corruzione (il mago Gargamella) confidando nella saggezza tradizionale incarnata dal capovillaggio. Un mondo simile alla contea degli hobbit tanto cara alla destra nel quale però in molti hanno voluto vedere una metafora del socialismo realizzato, valutando come “probante” l’indizio del Grande Puffo somigliante a Marx e con tanto di berrettorosso. Si è persino tradotto l’intraducibile “Smurfs”, parola senza significato, facendolo diventare l’acronimo di Socialist Men Under a Red Father… Inoltre, i fautori dell’interpretazione marxista, fanno notare che i puffi sono tutti uguali e vestono tutti allo stesso modo e lavorano per il benessere collettivo e non per accumulare profitti. C’è chi invece, precisando che Peyo era cattolico e che il suo stile si richiamava a immagini più familiari, in contrapposizione ai fumetti americani, sostiene che i puffi possano avere qualcosa in comune con le comunità paleocristiane, che vivevano in piena condivisione e in stato di clandestinità (difatti la strada per arrivare al villaggio dei puffi è segreta e soprattutto colui che non deve conoscerla è Gargamella, che farebbe la parte delpersecutore).
Che i puffi siano anticapitalisti non v’è dubbio: lo dimostra del resto anche il fatto che il perfido Gargamella ha come scopo quello di trasformare le sue prede (i puffi) in oro. E se poi si aggiunge il fatto che gli gnomi azzurri sono immersi in una natura incontaminata per analogia si arriva ai Wandervoegel tedeschi e si pongono le basi (sia pur fragili) dell’interpretazione neo-nazista dei cartoni. In un’altra variante, il villaggio con le casette a forma di fungo, viene visto come la proiezione ecologista di una comunità pacificata e pacifista, al punto che nel 2005 l’Unicef lo utilizzò per un discusso spot contro la guerra.
Secondo un’altra teoria pubblicata di recente, i 99 Puffi sarebbero i 99 saggi biancovestiti della “Nuova Atlantide” di Francesco Bacone, una società utopistica a capo della quale non ci sono più i filosofisapienti ma gli scienziati, detentori di un “sapere pratico” in omaggio alle nuove mode del XVII secolo, non a caso il secolo di Galilei e di Newton. L’opera di Bacone esercitò una grande influenza sulle logge massoniche britanniche. E ciò lega i puffi all’ultima fantasiosa interpretazione “esoterica” del loro mondo, che si deve a uno studioso di materie esoteriche, Antonio Soro, che ha arruolato le creature di Peyo nelle file della massoneria in uno studio del 2005 intitolato I Puffi, la “vera” conoscenza e la massoneria. «Secondo Soro – scrive Massimo Introvigne – già i colori dei puffi sono massonici. Il blu è il colore “pneumatico” dei figli del Dio misterioso nelle scuole gnostiche antiche. Il berretto bianco dei puffi rappresenta la purezza cui lo gnostico aspira. Il Grande Puffo è “il Maestro di Loggia”, vestito – solo lui – con cappuccio e pantaloncini rossi, che rimandano al fuoco dello Spirito e alla simbologia del grado massonico dell’Arco Reale». Anche il linguaggio utilizzato dagli omini blu, incentrato sul vocabolo jolly “puffare”, rimanderebbe a un mondo antecedente alla confusione di Babele.
Non mancano, infine, interpretazioni tutte italiane. Con immenso successo di pubblico, la serie televisiva dei puffi è andata in onda per la prima volta in Italia all’inizio degli anni Ottanta, contribuendo al lancio delle allora neonate reti Fininvest-Mediaset. E l’elevato gradimento delle gesta “puffesche” fu proprio uno degli argomenti che indusse a superare molti degli ostacoli legislativi nello sviluppo delle tv private. Forza Italia era di là da venire, ma Berlusconi coglieva già le sue prime vittorie mediatiche e mandava già in onda le gesta di un “popolo azzurro”.
La carrellata di metafore e simboli cui sono di volta in volta accostati non infrange però il carattere di fondo dei puffi e del loro villaggio perfetto, che fa pensare a un Eden senza peccato. Proprio la vaghezza densa di significato che è trasmessa dalla creazione di Peyo ha consentito la ramificazione di spiegazioni a volte bizzarre e a volte comiche, come quella di un blogger secondo cui il villaggio delle creaturine azzurre è nato perché il disegnatore si è ispirato a una classe maschile che vede nella ragazzina bionda un oscuro oggetto del desiderio. E magari puffetta, unica donna in un villaggio di maschi, è l’immagine sublimata della donna emancipata e libera da vincoli... Un po’ di femminismo nel villaggiopiù azzurro e patriarcale che esista nel mondo dell’animazione.
Annalisa Terranova è nata a Roma nel 1962, giornalista e scrittrice. Caposervizio al "Secolo d’Italia", è redattrice al mensile "Area" e collabora con varie testate. E' stata tra le fondatrici del Centro Studi Futura ed attiva nella rivista "Eowyn". Ha pubblicato (per le edizioni Settimo Sigillo), Planando sopra boschi di braccia tese ('96), saggio sul movimento giovanile del MSI, e Aspetta e spera che già l’ora si avvicina (2002), dedicato agli eventi di Alleanza Nazionale in rapporto alla svolta di Fiuggi. Recentemente ha pubblicato Camicette nere. Donne di lotta e di governo da Salò ad Alleanza Nazionale (Mursia, 2007).
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