Dal Secolo d'Italia di venerdì 22 febbraio 2008
Tu dici che gli schieramenti precostituiti e quelli ideologici non esistono più, che in politica contano i sogni che sai suscitare e non l’arida contabilità dei programmi. Poi dici anche che destra e sinistra in quanto tali sono categorie obsolete, che l’importante sono le scelte concrete, la faticosa risoluzione dei problemi. E dici anche che il mondo è cambiato, che le questioni sono altre rispetto a quelli di cento, cinquanta, anche solo venti anni fa. E anche che le persone che scelgono chi governa un paese non sentono più vincoli di appartenenza automatica, cercano la persona, la guardano in faccia, si vogliono fidare.
Tu dici tutte queste cose, cerchi di spiegarle, argomentarle. Anche se, in effetti, alle volte possono rimanere un po’ astratte. Ma, finalmente, una sera a cena, tutto ciò ti si manifesta tutto d’un tratto e quelle affermazione diventano sperimentabili, concrete, in carne e ossa. E così ringrazi il vecchio amico tornato da Miami, dove vive da due anni con la moglie cubana. Ha poco più di quarant’anni, è sempre stato un missino doc, poi dagli anni Novanta elettore convinto di An. Chiede del nuovo Pdl, si informa, si entusiasma. «Era ora», dice. «Peccato che riparto il 13 aprile all’alba – dice – questo voto non dovevo perdermelo». E poi racconta delle primarie negli Stati Uniti, di come è andato su internet e di come è stato entusiasmante prendere la carta di credito e versare 25 dollari per Barack Obama. Un piccolo gesto per il cambiamento, compiuto, anche – dice – contro «quei razzisti di cubani» che votano la Clinton solo perché Obama «è negro». Lo senti parlare di cose che tu hai sempre pensato, ti commuovi, quasi. Pensi a un’eccezione. Ma poi ti meravigli che gli altri commensali – tutti irrimediabilmente di “destradestra”, gente che negli ultimi dieci anni ha avuto il solo dubbio se votare Fini e Berlusconi oppure Berlusconi e Fini – ascoltino partecipi. «Speriamo proprio che ce la faccia», dice la casalinga iperberlusconiana. «Ma chi?», chiedi, sorpreso: «Obama, of course».
Tu dici tutte queste cose, cerchi di spiegarle, argomentarle. Anche se, in effetti, alle volte possono rimanere un po’ astratte. Ma, finalmente, una sera a cena, tutto ciò ti si manifesta tutto d’un tratto e quelle affermazione diventano sperimentabili, concrete, in carne e ossa. E così ringrazi il vecchio amico tornato da Miami, dove vive da due anni con la moglie cubana. Ha poco più di quarant’anni, è sempre stato un missino doc, poi dagli anni Novanta elettore convinto di An. Chiede del nuovo Pdl, si informa, si entusiasma. «Era ora», dice. «Peccato che riparto il 13 aprile all’alba – dice – questo voto non dovevo perdermelo». E poi racconta delle primarie negli Stati Uniti, di come è andato su internet e di come è stato entusiasmante prendere la carta di credito e versare 25 dollari per Barack Obama. Un piccolo gesto per il cambiamento, compiuto, anche – dice – contro «quei razzisti di cubani» che votano la Clinton solo perché Obama «è negro». Lo senti parlare di cose che tu hai sempre pensato, ti commuovi, quasi. Pensi a un’eccezione. Ma poi ti meravigli che gli altri commensali – tutti irrimediabilmente di “destradestra”, gente che negli ultimi dieci anni ha avuto il solo dubbio se votare Fini e Berlusconi oppure Berlusconi e Fini – ascoltino partecipi. «Speriamo proprio che ce la faccia», dice la casalinga iperberlusconiana. «Ma chi?», chiedi, sorpreso: «Obama, of course».
Conan non sono io, né so di quale collega sia lo pseudonimo. Sta di fatto che i suoi corsivi sono sempre interessanti e intelligentemente "provocatori". Li pubblico (e raccolgo) qui con l'intento di sottrarli alla breve vita dei quotidiani e confidando di alimentare - se vi va - un confronto sui contenuti.
2 commenti:
alfatti sei mitico
Grazie, ma firmati o penseranno che i commenti me li scrivo da solo :)))
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