giovedì 7 febbraio 2008

Un italiano e un topo nella corsa all'Oscar (di Maurizio Bruni)

Corsivo di Maurizio Bruni
Dal Secolo d'Italia di venerdì 1 febbraio 2008

Altro che polemiche sulla mancata nomination di Tornatore o sull’errore di non aver pensato a Luchetti. Nella corsa verso gli Oscar si può ancora tifare italiano. Magari pensando a Enrico Casarosa, il disegnatore genovese che ha creato lo storyboard di Ratatouille, il film della Pixar-Disney candidato a 5 Oscar e già vincitore di un Golden Globe. E delle cinque categorie cui è candidato, Ratatouille, secondo Casarosa, merita di vincere per la sceneggiatura «che racconta il sogno impossibile di un eroe improbabile». Una storia tutta europea, una storia tutta italiana. Quella dell’ex topo di fogna Remy, che anela a diventare un grande chef, ma anche – ammette il disegnatore – quella parallelo di un ragazzino italiano con il pallino dei cartoon, arrivato nel tempio globale dell’animazione moderna.
Cresciuto a pasta al pesto e cartoni animati, il trentasettenne Casarosa ha studiato animazione prima allo Ied di Milano e poi a New York e, dopo alcune esperienze in diversi studios a stelle e strisce, è stato chiamato a San Francisco dalla Pixar proprio per dare un sapore europeo a Ratatouille che, all’epoca, «era solo un’idea, quella di un topo che, a Parigi, anela a diventare uno chef internazionale». All’inizio, racconta Casarosa, «il problema era quello di far cucinare insieme un topo e un umano: in principio Remy era chiuso in un cassetto, poi è arrivata l’idea di metterlo sotto il cappello di Linguini per guidarlo, tirandogli i capelli, come un robot». Per Ratatouille sono stati infatti realizzati circa 72mila disegni, a una media di circa 100 board al giorno.
Ci sono voluti ben quattro anni di duro lavoro. Adesso Remy si è imposto come icona, «ma è rimasto – dice Casarosa – dentro di me: è un eroe inusuale che non teme di cercare un sogno impossibile, un po’ come un genovese che cerca di fare l’animatore oltreoceano». Di rimpianti, ce n’è solo uno: «Avrei voluto mettere il nostro pesto tra i piatti di Remy, ma purtroppo ho solo il bianco e nero con cui lavorare...». Insomma, il topo di fogna Remy ha un papà italiano. Chi poteva dubitarne?

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