venerdì 11 aprile 2008

An, due anni di "strappi" per sfondare in mare aperto (di Luciano Lanna)

Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia di venerdì 11 aprile 2008
«Quelle del 13 e 14 aprile potrebbero esssere, a giudizio di molti osservatori, elezioni storiche. Non solo per il risultato che ucirà dalle urne, quanto per la particolare matura degli attori protagonisti di quest’ultimo scontro elettorale». Non è l’inizio di un editoriale apparso ieri su un quotidiano, ma sono le prime righe dell’introduzione di La destra in cammino. Da Alleanza nazionale al Popolo della libertà (Rubbettino, pp. 322, euro 15), ultimo lavoro dedicato alla destra italiana da Alessandro Campi. Studioso del fascismo e storico del pensiero politico del ’900, direttore scientifico della Fondazione Farefuturo, Campi è professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia. E con questo suo ultimo saggio conclude una riflessione che dura da oltre un decennio e si è già snodata in due precedenti lavori: Il nero e il grigio. Fascismo, destra e dintorni (2003) e La destra di Fini (2006). In effetti, alla luce dei cambiamenti che hanno investito negli ultimi due anni la scena politica europea – caratterizzata dall’ascesa di nuovi leader come Sarkozy e Cameron – e delle fibrillazioni che hanno attraversato la politica italiana, l’appuntamento elettorale di domenica rappresenta un oggettivo punto di non ritorno. Tutti i partiti che per un quindicennio circa hanno segnato la cosiddetta transizione italiana – dai Ds ad An, da Forza Italia alla Margherita – hanno improvvisamente smesso di esistere, dando vita a nuove aggregazioni e a nuovi percorsi.
E la recente nascita del Popolo della libertà, punto d’incontro in chiave post-ideologica delle tradizioni cattolico-liberale, socialista- riformista e nazional-popolare, ha determinato – come rileva Campi – «una duplice frattura: da un lato, con la destra estrema, che ha scelto di rifugiarsi in una sorta di ghetto identitario fatto, più che di programmi e di proposte minimamente plausibili, si simboli del passato, di appelli ai valori e di parole d’ordine altisonanti ed evocative; dall’altro, con il centro politico di matrice democristiana, un pulviscolo di formazioni e gruppi che dietro lo slogan delle difesa dell’identità cristiana dell’Italia sembra interessato a perseguire, se i numeri lo consentiranno, lucrose rendite di posizione e antiche pratiche clientelari».
All’interno di questo quadro generale il saggio di Campi si occupa nello specifico delle trasformazioni che, nel corso degli ultimi due anni, hanno coinvolto An. «A Fiuggi – scrive lo storico – nel gennaio 1995 era nata una destra che all’epoca fu impropriamente definita “democratica” quando, in realtà, già il Msi era da considerare un partito del tutto integrato nel sistema democratico-parlamentare, anche se numericamente marginale e largamente marginalizzato dal punto di vista politico-culturale. Con An, semmai, era nata una detsra pienamente inserita, per la prima volta nella sua storia, nel gioco della “grande politica”: non più condannata ad un ruolo di eterna opposizione, piuttosto chiamata, al centro come in periferia, a importanti responsabilità di governo». E in 15 anni questa destra ha compiuto un suo cammino, per molti versi anche tortuoso e accidentato, ma a suo modo necessaria e coerente, culminato alla fine nella decisione di confluire, insieme a Forza Italia e altre formazioni minori, nel nuovo grande contenitore del Pdl. E qui la scommessa: per molti, infatti, questa decisione, potrebbe significare la scomparsa della destra dalla scena politica e culturale. «Personalmente – spiega invece Campi – ritengo questa scelta, per quanto rischiosa e non priva di incognite, non solo una strada per molti versi obbligata ma anche un’opportunità per molti versi unica. Piuttosto che temere la propria scomparsa, la destra ha l’occasione per giocare, nei prossimi si e anni, una nuova e più impegnativa partita, politica e culturale, e questa volta all’interno di un’area sociale e di uno spazio politico assai più vasti di quelli nei quali ha sin qui operato».
L’occasione, in altre parole, sarebbe quella di dare finalmente corpo e concretezza alle ambizioni “egemoniche” che la destra politica italiana avrebbe nel suo Dna novecentesco ma che – per un complesso di ragioni, tra le quali Campi pone al primo posto la «composizione statica» del gruppo dirigente post-Fiuggi e la mancata elaborazione in tutti questi anni di un profilo culturale davvero innovativo – An non è riuscita ad esprimere in tutte le proprie possibili potenzialità.
E in questo percorso l’approdo al Popolo della libertà appare, dalla lettura di La destra in cammino, come l’ultima di quelle “svolte” che una stampa superficiale ha definito gli “strappi” della destra. Una serie di messaggi e approfondimenti che, secondo Campi, hanno preso corpo dalla necessità di smarcarsi definitivamente dagli stereotipi sulla destra «che la sinistra ha costruito negli anni nell’immaginario nazionale». Quei cliché che sono, in realtà, il vero segno dell’egemonia culturale: dipingere l’avversario a misura dei propri desideri e delle proprie convenienze. «Dove sta scritto – annota Campi – che la destra debba essere ostile per principio agli immigrati, alimentare la paura del meticciato, imbarcarsi in crociate politicamente inutili e pericolose contro la libertà religiosa e i suoi simboli? L’alternativa al cosmopolitismo predicato dalla sinistra non è per forza la chiusura entro le proprie frontiere a difesa di un’omogeneità sociale e culturale che peraltro non esistono più da un pezzo. Perché la destra dovrebbe lasciare alla sinistra il monopolio monopolio del dialogo tra culture? Perché quest’ultima dovrebbe possedere la virtù dell’accoglienza e lasciare alla prima il vizio dell’esclusione?».
A un certo punto, insomma, An e soprattutto Gianfranco Fini hanno voluto ribadire che su temi delicati quali l’immigrazione, l’ordine pubblico, i diritti civili, il rapporto tra politica e religione, la cittadinanza o l’identità nazionale la destra può avere – peraltro in tutta coerenza con la sua tradizione ideale – posizioni tutt’altro che banali, retrive o conservatrici. «Essere o stare a destra – scrive in proposito Campi – non significa fare la voce grossa, tifare per la pena di morte, tifare per l’islamofobia, inneggiare alla guerra e mettere al bando stranieri, omosessuali o drogati. Chi lo pensa “da sinistra” è in perfetta malafede. Chi lo pensa “da destra” è invece vittima inconsapevole di una vera e propria trappola mentale, dalla quale bisognerebbe liberarsi una volta per tutte». Ecco, è stata questa l’esigenza che ha avviato il biennio degli “strappi” e l’approdo in mare aperto in una politica a «vocazionbe maggioritaria».
A partire dalla sconfitta elettorale del 2006, scrive lo storico, la destra italiana è stata costretta a ragionare non solo di nuove strategie e di alleanze elettorali, ma anche della sua identità politico-ideologica. Avviando un percorso all’insegna della necessità di superare, una volta per tutte, «le idiosincrasie, i riflessi condizionati, le chiusure comportamentali e gli automatismi mentali ereditati dalla tradizione missina, che sinora avevano impedito ad An di aprirsi a un rapporto costruttivo ed egemonico con importanti settori della società italiana». Insomma, tra il 2006 e il 2008, sino al “revisionismo di Fini” sul ’68 e la sua apertura alle esigenze delle giovani generazioni, il tracciato è stato quello di riprendere, con capacità di comunicarlo sui media, il cammino “maggioritario” avviato a Fiuggi e rimasto – sotto il peso delle esigenze del politichese quotidiano – largamente incompiuto, perlomeno sul piano dell’opinione pubblica esterna.
Ed eccoci, quindi, alla decisione finale di entrare nel Popolo della libertà. Il progetto di Berlusconi di rispondere al Pd con un altro grande soggetto a vocazione maggioritaria, «è in fondo – sostiene Campi – un’occasione d’oro per chiunque voglia fare politica partendo non dai proclami ma dalle idee. Che nel caso di Alleanza nazionale significa riprendersi una totale libertà d’azione e riflessione, divenendo quella destra senza complessi che sinora non è stata integralmente, essendosi dovuta ora edulcorare, agli occhi dei suoi stessi elettori, per ragioni di coalizione e per stupide ansie di presentabilità sociale». Il tragitto dal postfascismo a una destra a vocazione maggioritaria, egemonica, riformista, modernizzatrice, europea, finalmente priva di nostalgie e complessi d’inferiorità, può dirsi compiuto? Campi conclude la sua analisi comparando il sommovimento in atto in Italia – e di cui il voto di domenica e il risultato che ne scaturirà saranno determinanti – con quanto è già avvenuto negli altri paesi europei: dai popolari spagnoli ai nuovi tory britannici, dall’Ump di Sarkozy in Francia ai riformisti svedesi. «Il nostro è un messaggio di cambiamento, di ottimismo e di speranza» si leggeva nel Manifesto politico - culturale di David Cameron. «È il tipo di messaggio – commenta Campi – che le espressioni più dimaniche della destra europea hanno fatto proprio nel corso degli ultimi anni, aprendo una stagione al tempo stesso inedita e ricca di potenzialità». Sarà così anche per l’Italia?
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.

9 commenti:

faber ha detto...

Quanto sono abili questi scienziati della politica che - da gosthwriter, ma soprattutto gosththinking, dei 'dominus' - riescono a dipingere a tinte rosa (o, se preferite, azzurre) lo scenario politico che si prefigura. Miracolosamente ricompare – ahinoi, però, dal versante dal quale meno te l'aspetti– la perfida e pericolosa teoria del “ghetto”, dove ovviamente il sentito richiamo all’identità è svilito: “più che di programmi e di proposte minimamente plausibili, ai simboli del passato, di appelli ai valori e di parole d’ordine altisonanti ed evocative”.
Complimenti per l’originalità della tesi, professor Campi: Ho il sospetto di aver sentito queste acute riflessioni già negli anni '70, quando mi avvicinai alla politica militante, con tutte le conseguenze che chi c’era può ricordare perfettamente. Complimenti anche ai dotti commentatori, già seduti al tavolo imbandito del PdL, e di memoria corta.
Grazie alla politologia scritta a tavolino, cercheremo di capire meglio come il progetto PdL sia la “grande politica”, quello che rappresenta “un’opportunità per molti versi unica”, “un’occasione d’oro per chiunque voglia fare politica partendo non dai proclami, ma dalle idee”.
Ebbene sì, è proprio una destra (si potrà chiamare ancora tale? il Cavaliere dice altro...) avanzata pronta a superare “le idiosincrasie, i riflessi condizionati, le chiusure comportamentali e gli automatismi mentali ereditati dalla tradizione missina”. Mentre è retrogrado, gretto, zoticone, “vittima inconsapevole di una vera e propria trappola mentale” chi invece la pensa e la immagina diversamente.
Comunque, non solo critiche. Da apprezzare lo sforzo per conciliare, armonizzare, rendere in perfetta coerenza con la tradizione ideale (viste le feroci critiche alla storia della destra italiana, a quale si richiamerà?) questo nuovo percorso politico e ideologico.
Finalmente arriva anche uno strepitoso aiuto per indovinare chi finora abbia imbeccato il Presidente. Basterà leggere le riflessioni che riguardano il multiculturalismo, l’immigrazione, il rapporto con la religione ecc. Oltretutto, la velocità nel produrre questo corposo lavoro editoriale (322 pagine) la dice lunga sulla progettualità politica degli ex...

Anonimo ha detto...

Io ricordo un Campi diverso, uno che considerava superata la dicotomia destra/sinistra e scriveva per Diorama e Trasgressioni. Bravo. Con lui c'era anche una certa Manuela Alessio.
Poi Damasco. Ma cambiare le proprie idee è legittimo, quindi evito commenti.

faber ha detto...

@Claudio
Ma guarda c'era anche un Campi diverso... Non mi sorprende!!!
Però, passare da Tarchi a Fini dopo quel che successe 30 anni or sono... Che abilità!!! Che sfrontatezza!!!
Dici che lui si è convertito a Damasco...??? Cime il suo sodale a Gerusalemme...

Anonimo ha detto...

Ti dirò, Faber... Campi è passato da Tarchi a Berlusconi, attraverso Fini. A Damasco un dio gli disse che qualsiasi le sue idee (di allora) dovevano comunque fare i conti con il liberalismo, passarci attraverso. Forse ha preso quel dio troppo alla lettera.

faber ha detto...

Era forse il dio denaro??? O carriera, se preferisci...

Anonimo ha detto...

Non volevo dirlo. Ma la vita di un ricercatore universitario, per quanto bravo, non offre molte possibilità... ;-)

faber ha detto...

Che tristezza!!! Io non so da che ambiente politico (ammesso che uno ti sia mai appartenuto...) tu arrivi, ma se penso a quanti nel versante destrorso hanno rinunciato a dorate carriere o comunque se le sono compromesse per non rinnegare mai, mi viene da il voltastomaco... Storie d'altri tempi!!!

Anonimo ha detto...

Per grandi linee ho frequentato ambienti di sinistra. Tra 1989 e il 1992 ho militato nei verd, ma ti confesso che mi sentivo un po' marziano...
Alle assemblee regionali ho conosciuto gente come Viale e Vernetti, non molto diversi da Campi, viste le loro capriole e il loro arrivismo, sebbene meno dotati intellettualmente.

Sono guarito in fretta. Ai tempi della Gulf War mi capitò tra le mani un numero di Elementi terza serie con un articolo di Alain De Benoist. Lo lessi e mi dissi: - Tho, uno che la pensa come me! -. Non sapevo chi fosse, né che lo considerassero un fascista o perlomeno un intellettuale di destra. Le sue idee e quelle di Tarchi mi piacevano, il resto era accessorio.
Così ho scelto per la metapolitica, rimanendo distante dalla destra per temperamento e molto critico verso la sinistra.
Ma in metapolitica la dicotomia non serve a nessuno.

faber ha detto...

Ho riletto e rielaborato per offrire il mio contributo...

TUTTI ALLINEATI, LA TAVOLA E' IMBANDITA...
http://faber2008.blogspot.com/2008/04/tutti-allineati-il-tavolo-imbandito.html