domenica 18 maggio 2008

Benvenuti a lagna continua (di Simone Migliorato)

Articolo di Simone Migliorato
Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale del 18 maggio 2008
C’è chi ha definito la nostra come la società dei consumi, o l'era della globalizzazione, oppure quella della distruzione di massa, oppure quella turbocapitalistica. C’era Evola che diceva che siamo nell’età del ferro, c’è chi dice che “sé po’ fa!”, c’è chi non ci pensa nemmeno. C’è chi vorrebbe tornare ad un mondo senza tecnologia, chi invece vorrebbe diventare come Iron Man. Poi accendi la tv e scopri che siamo nella società della lagna globale. Delle lacrime a rubinetto. De pianto eletto a codice fondamentale della comunicazione. Da Alessia piangono gli internati del Grande Fratello (oggi si chiama Alessia, ieri si chiamava Barbara e l'altro ieri Daria), poi vai dalla Simona e piangono i naufragati dell’isola, poi vai da Caterina dove centinaia di esseri umani raccontano la loro drammatica storia, poi anche da Alda nessuno può fare a meno di piangere. E non smette di piangere la gente nello studio della regina Maria, anzi nei 24 studi delle sue trasmissioni. Ma è una epidemia?
Tutti piangono. Ad un certo punto mi chiedo se sono in Giappone, dove qualcuno ha inventato quella terapia dove la gente va negli alberghi per piangere, ma alla fine siamo in Italia, quindi qualcosa non quadri. Ma non è che qualcuno goda a far vivere 12 milionari su un Isola, senza cibo e coperte, per poi vederseli scannare per un piatto di riso, e piangere con la moglie se hanno la diarrea? Ma non è che qualcuno abbia studiato a tavolino affinché 12 sconosciuti si scannino dentro una casa per vincere una prova, così da potersi comprare le sigarette e il sugo, e poi piangere per la sorpresa della nonna? Ma non è che la regina lo fa apposta ad aizzare la lotta ancestrale tra “blu” e “bianchi” per fare uno stupido balletto, tra crisi isteriche post-adolescenziali?
Certo che qualcuno lo fa apposta, di questo ce ne eravamo accorti tutti. Ma nessuno può staccarci dallo schermo perché siamo partecipi tutti quanti di questo dolore, tutti ne siamo coinvolti, tutti quanti noi hanno la schiena mossa dai brividi.
Adesso vorrei precisare che a me non manca l’empatia nei confronti del mondo, anzi. Ma non sto qui ad elencare tutte le mie buone azioni e tutti i miei buoni pensieri, che poi non sono più buoni se detti ai quattro venti. Voglio solo ragionare.
Si chiama compassione, si chiama condivisione del dolore questo teatrino? Non è inumana una società che in continuazione passa la telefonata agghiacciante di una madre al 118, mentre racconta il suo strazio (inventato o no, non lo so) di un bambino sanguinante nel letto? Non è avida di dolore una società che costringe un gruppo di star appassite a vivere come dei morti di fame, quando i morti di fame nel mondo ci sono davvero, e per davvero piangono e per davvero fanno la guerra per una ciotola di fango sporca di terra? Non è pazzesca una società che si attacca allo schermo per sentire le tragiche storie di persone, quando non conosciamo le tragiche storie dei nostri vicini, che muoiono a 87 anni davanti a un televisore e ce ne accorgiamo dopo quattro mesi perché il pianerottolo puzza di morto?
Ecco, poi qui scado nel demagogico e nel retorico e questo non mi piace. Poi mi viene voglia di spingere il tasto "return" e di cancellare tutto. Ma il fatto è un altro: tutti abbiamo i nostri immensi dolori, e tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio. E’ un fatto umano, assolutamente normale, fin dall’alba dei tempi perché pure prima si viveva uno schifo. Forse pure peggio. E non è perché c’erano le lucciole, le piante e i fiori si viveva meglio. E non perché c’erano i cortili e i luoghi di aggregazione la gente non piangeva, o non stuprava, o non rubava o non uccideva. Anzi, magari era pure peggio. Ma almeno se avessimo più pazienza, più voglia di ascoltare, oppure più vicoli e piazze invece di centri commerciali, oppure più finestre aperte e meno televisioni accese, forse, ripeto forse un po’ più d’empatia ci sarebbe. Di certo non mi immagino un mondo di uomini e donne che si abbracciano per strada, consolandosi e vivendo ognuno il dolore dell’altro, con cani che non mordono i gatti, ma almeno non saremmo arrivati all’ottava edizione del Grande Fratello e alla decima di Chi l'ha visto...
SIMONE MIGLIORATO. Classe 1986, aspirante studente universitario, portiere di calcio e amante della letteratura e della scrittura. Vive a Roma, cercando di muoversi tra i tanti sforzi possibili. Cura il blog Dritto verso Itaca e questo è il suo profilo su myspace.

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