Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale del 4 maggio 2008
Più incosciente che coraggioso. Qualcuno l’avrà pensato – chi non lo conosce bene – quando Alemanno ha deciso di affrontare Rutelli pochi mesi dopo essere stato sconfitto da Walter Veltroni, l’astro nascente (e rapidamente tramontato) della politica italiana. Con il curriculum e i consensi che ha, i riconoscimenti bipartisan raccolti negli anni – «il miglior ministro del governo Berlusconi», l’aveva definito Massimo D’Alema – avrebbe potuto serenamente tornare alle Politiche agricole e forestali o accomodarsi al Welfare. Molti, persino a sinistra, sarebbero stati felici di riaverlo al governo. L’ha confessato il suo amico Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e membro del Comitato promotore nazionale per il Partito democratico: «Farà un eccellente lavoro anche da sindaco, per tanti sarà una sorpresa». Per la serietà nell’affrontare i problemi, la grande capacità di lavoro (diciotto ore al giorno, testimoniano i collaboratori) e la giusta temerarietà, la stessa dell’alpinista avvezzo a scalare montagne difficili come il K2.
«Alemanno si è dimostrato più credibile – ha spiegato Umberto Croppi, ex direttore della Casa Editrice Vallecchi e abilissimo regista della campagna elettorale – in temi come il sociale, che appartengono alla storia politica solida e coerente di una persona affidabile e competente». Aldo Cazzullo, che di capelli non ne ha molti ma non può essere liquidato come una testa rasata, lo ha scritto nero su bianco sul Corriere della Sera: «Le ragioni di questo passaggio storico sono tutte nella biografia del nuovo sindaco. Un uomo capace di cambiare anche radicalmente, senza abiure spettacolari, senza conversioni pubbliche, senza rinnegare il proprio passato». Alemanno, non ha mai cercato di edulcorare la propria biografia o di mostrarsi diverso da quello che è, un militante politico aperto al confronto con culture diverse. Negli anni Ottanta giovane segretario, prima romano e poi nazionale, del Fronte della Gioventù, Alemanno, già nel volume collettaneo Le radici e il progetto. Idee per un movimento di indipendenza nazionale (Settimo Sigillo ’89) sottolineava «la necessità di rifiutare ogni radicalizzazione ideologica e di cercare l’unità generazionale». E dal dialogo con gli ambienti studenteschi vicini a Comunione e Liberazione nascono le prime liste universitarie unitarie negli atenei romani. L’esperienza giovanile romana partecipa, per la prima volta dopo la contestazione del ’68, a un movimento studentesco trasversale, culminato nell’85 con grandi manifestazioni comuni. Altro che passato estremista. È dalla componente giovanile della corrente rautiana che emergono nuove tendenze come i Gruppi di ricerca ecologica – i primi a sollevare a destra il tema della difesa dell’ambiente – l’attenzione sulla questione femminile e, con i Campi Hobbit, l’adozione di Tolkien come nuovo stimolo culturale e simbolico del mondo giovanile. Si tratta di iniziative e idee profondamente modernizzanti rispetto a quello che era il tradizionale immaginario missino. «Furono proprio i giovani rautiani romani e in particolare Tony Augello (nella foto a sinistra), in un memorabile intervento alla Direzione nazionale del Msi – ha rivendicato tempo fa Gianni Alemanno – a lanciare per primi la candidatura di Fini a sindaco di Roma, guadagnando l’accusa, da parte dell’ala più conservatrice di volerlo “bruciare” in un’avventura impossibile». E non è un caso, infatti, che il neosindaco abbia voluto dedicare la vittoria proprio a Fini e ad Augello, indimenticato capogruppo di An al Comune di Roma scomparso nel 2000.
Altro che nostalgismo, Alemanno è sempre stato troppo preso dalla costruzione di soggetti attivi operanti nell’attualità: l’associazione ambientalista Fare Verde – che avrà nel rimpianto Paolo Colli il suo punto di riferimento – l’Ong per la cooperazione internazionale “Movimento Comunità” e il Modavi, movimento delle associazioni di volontariato. Responsabile del Dipartimento per l’associazionismo e il no profit: è il primo dei tanti incarichi di crescente responsabilità nel partito (sino a quello di coordinatore delle politiche economiche in delicati momenti di passaggio del governo nazionale) che Fini gli affida e grazie al quale rafforza solidi rapporti con l’associazionismo sociale di matrice cattolica e con le realtà istituzionali deputate a rappresentare i gruppi intermedi.
Un’attività preziosa che dal marzo ’96 ha uno strumento in più, il mensile Area, diretto da Marcello de Angelis e Gabriele Marconi e cofondato da quel vulcano di entusiasmo che era Giampiero Arci, scomparso anche lui prematuramente. È grazie a Area – la rivista più longeva in un mondo editoriale caratterizzato purtroppo dall’estemporaneità – che la destra ha dimostrato la propria capacità di dialogo politico, ben oltre i confini post-missini, con il variegato mondo della destra culturale, ma anche con esponenti cattolici e la parte culturalmente più attrezzata degli eredi del socialismo anticomunista.
Un laboratorio cui si aggiunge nel 2003 la Fondazione Nuova Italia. Nata con un auspicio preciso: «Alimentare un dibattito libero da ogni pregiudizio ideologico e da ogni contrapposizione settaria, un luogo di confronto trasversale, punto di incontro per un riformismo non conformista e una modernizzazione identitaria. I poli culturali e politici si devono legittimare reciprocamente oltre l’alternanza dei governi in carica, perchè i traguardi storici possono essere raggiunti con una mobilitazione comune». Per questo nessuno ha avuto a che ridire quando Alemanno ha annunciato di voler istituire una commissione di intelligenze rigorosamente bipartisan e interdisciplinari, con il compito di elaborare progetti per il futuro della capitale. Meno di tutti Gian Maria Fara, presidente dell’Eurises, che la guiderà:«Ho deciso di aderire alla proposta di Alemanno anche se la mia cultura di provenienza è un’altra perché lo conosco da anni, lo apprezzo e lo stimo». La credibilità di chi non s’improvvisa.
Ma torniamo a Cazzullo: «Tutto questo non poteva essere ridotto a una croce celtica, per quanto non rinnegata e anzi mostrata sia pure con sofferenza alla tv, in ricordo dell’amico ucciso Paolo Di Nella (foto a sinistra). Ammiccare al fascista sul Campidoglio si è rivelato un errore strategico».
Sì, un errore colossale, quello commesso dai suoi avversari. Intenti prima del voto a raccontare la favola di una Roma felice, magari con qualche problemino, sì, ma che sarebbe stato presto risolto. Dettagli. Quisquilie. Niente che potesse far perdere il sonno. E, nel caso, si sarebbe profittato per fare una bella notte bianca. Cosa vuoi che siano marciapiedi disastrati e buche nelle strade se hai un red carpet tirato a lucido. Bugie che nelle borgate facevano venire il mal di pancia. Dopo il risultato del primo turno, il cambio di passo: dalla predicazione buonista all’appello di Rutelli all’antifascismo militante, con Veltroni – sì, proprio il Veltroni che del rispetto degli avversari aveva fatto il suo stucchevole leitmotiv – che definiva Alemanno «il vecchio del vecchio Msi».
«Ci dipingono come sub-umani – aveva commentato con ironia l’interessato – raccontano il ballottaggio come se arrivassero i marziani a sterminare con i raggi laser. Non ci crede nessuno». Già, non ci ha creduto nessuno. I romani hanno voluto punire proprio la superbia, l’inerzia ipocrita di chi lascia le cose così come sono facendo affidamento su una inesauribile rendita di posizione, quella di stare dalla parte giusta, senza trascurare – a mali estremi – di ricorrere alla demolizione dell’avversario.
E invece, stavolta, buona parte dell’elettorato di sinistra ha votato per Alemanno. «Il voto disgiunto – ha riconosciuto un’affranta Linda Lanzillotta – per Zingaretti alla Provincia e per Alemanno al Comune». Stefano Menichini su Europa, nel riconoscere «la batosta», ha commentato con una buona dose di filosofia: «È la fine di un mondo, non la fine del mondo. Alemanno è stato votato anche dai progressisti senza che il suo passato rappresentasse un handicap». Dal Quadraro alla Garbatella, il rione che fa da location alla serie tv I Cesaroni. A cinque giorni dal voto, l'Unità – con un ’articolo firmato da Paolo Soldini, ex portavoce di Walter Veltroni – aveva cercato di arruolarli: «Da un quartiere romano come quello, questa larga famiglia, alle prese con i problemi di vita e lavoro di tutti, non farebbe mai suo uno slogan di destra». Il giorno dopo era arrivata la risposta piccata dei protagonisti. Amendola: «Capisco il momento politico, la ricerca dei voti, però mi sembra un’operazione sgradevole». Antonello Fassari ci aveva messo il carico: «Pensate a Cesare Cesaroni, il mio personaggio. Sono proprio sicuri sia di sinistra piuttosto che di destra?». E infatti.
Dopo il voto, Toni Jop del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, in cerca di riscontri, s’è messo a bighellonare per periferie. Cercava «il cuore nero della pimpante destra di Tor Bella Monaca». E ha trovato soprattutto ragazzi che hanno votano per il centrodestra: «Prima votavo a sinistra – gli confessa una ventunenne – ma stavolta mi sono decisa per Alemanno, dovrebbe pensare anche a noi che viviamo oltre il Raccordo, qua è troppo brutto, insicuro e gli altri non hanno fatto niente». Prendi e porta in redazione. Eppure sarebbe stata sufficiente una telefonata a Squitieri – che ora dovrà occuparsi della Festa del Cinema (ma non chiamatela festa, che non c’è niente da festeggiare! ha tuonato) – e l’avrebbe detto anche a Jop: «Sulle aspettative di cambiamento ho ricevuto più telefonate da gente di sinistra che di destra».
Cosa è successo? È successo che la rassegnazione ha ceduto il passo alla furia di chi pensava ormai di non contare nulla e ha trovato in Alemanno… un fasciocomunista? È la tesi, pirotecnica, dello scrittore Antonio Pennacchi – già iscritto al Msi e poi epulso nel ’68, un lungo e travagliato percorso a zig zag tra destra e sinistra, sindacato e Pci, salvo essere cacciato anche da lì – autore del semibiografico Il fasciocomunista, vita scriteriata di Accio Benassi, da cui Daniele Lucchetti ha liberamente tratto il film Mio fratello è figlio unico. Pennacchi ha lanciato una provocazione: «Alemanno è più a sinistra di Rutelli». Di sinistra magari no, ma di certo – mentre Rutelli distribuiva sorrisi e battute in romanesco – ha detto (anche) cose di sinistra, come questa: «È necessario dare una maggiore equità fiscale sociale e una maggiore attenzione ai redditi più bassi». E a chi gli chiedeva qual è il suo modello di sindaco, ha candidamente risposto. «Non ho dubbi, Petroselli – nome simbolo della storia del Pci - rappresenta la figura del sindaco che sta in mezzo alla gente, a controllare di persona cantieri e buche. È più vicino alle mie corde del centrosinistra di oggi, salottiero e spesso spocchioso». Ed è quello che il neosindaco farà. Del resto l’ha già annunciato: «Inizierò a lavorare immediatamente e senza pietà». E lo sta già facendo, tanto da far nascere vecchio anche questo articolo. Senza distrazioni, convinto com’è (sempre stato) che «la classe dirigente debba essere austera. Il lusso fa perdere la concentrazione». Pietrangelo Buttafuoco esprime la stessa convinzione, sia pure in forma più colorita: «Non basteranno le zoccole a neutralizzarli. Né il generone potrà più di tanto. Alemanno non farà stupidaggini». Rimane il tempo per un’altra foto, quella dei trentenni diventati cinquantenni, il successo è di tutti loro.
«Alemanno si è dimostrato più credibile – ha spiegato Umberto Croppi, ex direttore della Casa Editrice Vallecchi e abilissimo regista della campagna elettorale – in temi come il sociale, che appartengono alla storia politica solida e coerente di una persona affidabile e competente». Aldo Cazzullo, che di capelli non ne ha molti ma non può essere liquidato come una testa rasata, lo ha scritto nero su bianco sul Corriere della Sera: «Le ragioni di questo passaggio storico sono tutte nella biografia del nuovo sindaco. Un uomo capace di cambiare anche radicalmente, senza abiure spettacolari, senza conversioni pubbliche, senza rinnegare il proprio passato». Alemanno, non ha mai cercato di edulcorare la propria biografia o di mostrarsi diverso da quello che è, un militante politico aperto al confronto con culture diverse. Negli anni Ottanta giovane segretario, prima romano e poi nazionale, del Fronte della Gioventù, Alemanno, già nel volume collettaneo Le radici e il progetto. Idee per un movimento di indipendenza nazionale (Settimo Sigillo ’89) sottolineava «la necessità di rifiutare ogni radicalizzazione ideologica e di cercare l’unità generazionale». E dal dialogo con gli ambienti studenteschi vicini a Comunione e Liberazione nascono le prime liste universitarie unitarie negli atenei romani. L’esperienza giovanile romana partecipa, per la prima volta dopo la contestazione del ’68, a un movimento studentesco trasversale, culminato nell’85 con grandi manifestazioni comuni. Altro che passato estremista. È dalla componente giovanile della corrente rautiana che emergono nuove tendenze come i Gruppi di ricerca ecologica – i primi a sollevare a destra il tema della difesa dell’ambiente – l’attenzione sulla questione femminile e, con i Campi Hobbit, l’adozione di Tolkien come nuovo stimolo culturale e simbolico del mondo giovanile. Si tratta di iniziative e idee profondamente modernizzanti rispetto a quello che era il tradizionale immaginario missino. «Furono proprio i giovani rautiani romani e in particolare Tony Augello (nella foto a sinistra), in un memorabile intervento alla Direzione nazionale del Msi – ha rivendicato tempo fa Gianni Alemanno – a lanciare per primi la candidatura di Fini a sindaco di Roma, guadagnando l’accusa, da parte dell’ala più conservatrice di volerlo “bruciare” in un’avventura impossibile». E non è un caso, infatti, che il neosindaco abbia voluto dedicare la vittoria proprio a Fini e ad Augello, indimenticato capogruppo di An al Comune di Roma scomparso nel 2000.
Altro che nostalgismo, Alemanno è sempre stato troppo preso dalla costruzione di soggetti attivi operanti nell’attualità: l’associazione ambientalista Fare Verde – che avrà nel rimpianto Paolo Colli il suo punto di riferimento – l’Ong per la cooperazione internazionale “Movimento Comunità” e il Modavi, movimento delle associazioni di volontariato. Responsabile del Dipartimento per l’associazionismo e il no profit: è il primo dei tanti incarichi di crescente responsabilità nel partito (sino a quello di coordinatore delle politiche economiche in delicati momenti di passaggio del governo nazionale) che Fini gli affida e grazie al quale rafforza solidi rapporti con l’associazionismo sociale di matrice cattolica e con le realtà istituzionali deputate a rappresentare i gruppi intermedi.
Un’attività preziosa che dal marzo ’96 ha uno strumento in più, il mensile Area, diretto da Marcello de Angelis e Gabriele Marconi e cofondato da quel vulcano di entusiasmo che era Giampiero Arci, scomparso anche lui prematuramente. È grazie a Area – la rivista più longeva in un mondo editoriale caratterizzato purtroppo dall’estemporaneità – che la destra ha dimostrato la propria capacità di dialogo politico, ben oltre i confini post-missini, con il variegato mondo della destra culturale, ma anche con esponenti cattolici e la parte culturalmente più attrezzata degli eredi del socialismo anticomunista.
Un laboratorio cui si aggiunge nel 2003 la Fondazione Nuova Italia. Nata con un auspicio preciso: «Alimentare un dibattito libero da ogni pregiudizio ideologico e da ogni contrapposizione settaria, un luogo di confronto trasversale, punto di incontro per un riformismo non conformista e una modernizzazione identitaria. I poli culturali e politici si devono legittimare reciprocamente oltre l’alternanza dei governi in carica, perchè i traguardi storici possono essere raggiunti con una mobilitazione comune». Per questo nessuno ha avuto a che ridire quando Alemanno ha annunciato di voler istituire una commissione di intelligenze rigorosamente bipartisan e interdisciplinari, con il compito di elaborare progetti per il futuro della capitale. Meno di tutti Gian Maria Fara, presidente dell’Eurises, che la guiderà:«Ho deciso di aderire alla proposta di Alemanno anche se la mia cultura di provenienza è un’altra perché lo conosco da anni, lo apprezzo e lo stimo». La credibilità di chi non s’improvvisa.
Ma torniamo a Cazzullo: «Tutto questo non poteva essere ridotto a una croce celtica, per quanto non rinnegata e anzi mostrata sia pure con sofferenza alla tv, in ricordo dell’amico ucciso Paolo Di Nella (foto a sinistra). Ammiccare al fascista sul Campidoglio si è rivelato un errore strategico».
Sì, un errore colossale, quello commesso dai suoi avversari. Intenti prima del voto a raccontare la favola di una Roma felice, magari con qualche problemino, sì, ma che sarebbe stato presto risolto. Dettagli. Quisquilie. Niente che potesse far perdere il sonno. E, nel caso, si sarebbe profittato per fare una bella notte bianca. Cosa vuoi che siano marciapiedi disastrati e buche nelle strade se hai un red carpet tirato a lucido. Bugie che nelle borgate facevano venire il mal di pancia. Dopo il risultato del primo turno, il cambio di passo: dalla predicazione buonista all’appello di Rutelli all’antifascismo militante, con Veltroni – sì, proprio il Veltroni che del rispetto degli avversari aveva fatto il suo stucchevole leitmotiv – che definiva Alemanno «il vecchio del vecchio Msi».
«Ci dipingono come sub-umani – aveva commentato con ironia l’interessato – raccontano il ballottaggio come se arrivassero i marziani a sterminare con i raggi laser. Non ci crede nessuno». Già, non ci ha creduto nessuno. I romani hanno voluto punire proprio la superbia, l’inerzia ipocrita di chi lascia le cose così come sono facendo affidamento su una inesauribile rendita di posizione, quella di stare dalla parte giusta, senza trascurare – a mali estremi – di ricorrere alla demolizione dell’avversario.
E invece, stavolta, buona parte dell’elettorato di sinistra ha votato per Alemanno. «Il voto disgiunto – ha riconosciuto un’affranta Linda Lanzillotta – per Zingaretti alla Provincia e per Alemanno al Comune». Stefano Menichini su Europa, nel riconoscere «la batosta», ha commentato con una buona dose di filosofia: «È la fine di un mondo, non la fine del mondo. Alemanno è stato votato anche dai progressisti senza che il suo passato rappresentasse un handicap». Dal Quadraro alla Garbatella, il rione che fa da location alla serie tv I Cesaroni. A cinque giorni dal voto, l'Unità – con un ’articolo firmato da Paolo Soldini, ex portavoce di Walter Veltroni – aveva cercato di arruolarli: «Da un quartiere romano come quello, questa larga famiglia, alle prese con i problemi di vita e lavoro di tutti, non farebbe mai suo uno slogan di destra». Il giorno dopo era arrivata la risposta piccata dei protagonisti. Amendola: «Capisco il momento politico, la ricerca dei voti, però mi sembra un’operazione sgradevole». Antonello Fassari ci aveva messo il carico: «Pensate a Cesare Cesaroni, il mio personaggio. Sono proprio sicuri sia di sinistra piuttosto che di destra?». E infatti.
Dopo il voto, Toni Jop del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, in cerca di riscontri, s’è messo a bighellonare per periferie. Cercava «il cuore nero della pimpante destra di Tor Bella Monaca». E ha trovato soprattutto ragazzi che hanno votano per il centrodestra: «Prima votavo a sinistra – gli confessa una ventunenne – ma stavolta mi sono decisa per Alemanno, dovrebbe pensare anche a noi che viviamo oltre il Raccordo, qua è troppo brutto, insicuro e gli altri non hanno fatto niente». Prendi e porta in redazione. Eppure sarebbe stata sufficiente una telefonata a Squitieri – che ora dovrà occuparsi della Festa del Cinema (ma non chiamatela festa, che non c’è niente da festeggiare! ha tuonato) – e l’avrebbe detto anche a Jop: «Sulle aspettative di cambiamento ho ricevuto più telefonate da gente di sinistra che di destra».
Cosa è successo? È successo che la rassegnazione ha ceduto il passo alla furia di chi pensava ormai di non contare nulla e ha trovato in Alemanno… un fasciocomunista? È la tesi, pirotecnica, dello scrittore Antonio Pennacchi – già iscritto al Msi e poi epulso nel ’68, un lungo e travagliato percorso a zig zag tra destra e sinistra, sindacato e Pci, salvo essere cacciato anche da lì – autore del semibiografico Il fasciocomunista, vita scriteriata di Accio Benassi, da cui Daniele Lucchetti ha liberamente tratto il film Mio fratello è figlio unico. Pennacchi ha lanciato una provocazione: «Alemanno è più a sinistra di Rutelli». Di sinistra magari no, ma di certo – mentre Rutelli distribuiva sorrisi e battute in romanesco – ha detto (anche) cose di sinistra, come questa: «È necessario dare una maggiore equità fiscale sociale e una maggiore attenzione ai redditi più bassi». E a chi gli chiedeva qual è il suo modello di sindaco, ha candidamente risposto. «Non ho dubbi, Petroselli – nome simbolo della storia del Pci - rappresenta la figura del sindaco che sta in mezzo alla gente, a controllare di persona cantieri e buche. È più vicino alle mie corde del centrosinistra di oggi, salottiero e spesso spocchioso». Ed è quello che il neosindaco farà. Del resto l’ha già annunciato: «Inizierò a lavorare immediatamente e senza pietà». E lo sta già facendo, tanto da far nascere vecchio anche questo articolo. Senza distrazioni, convinto com’è (sempre stato) che «la classe dirigente debba essere austera. Il lusso fa perdere la concentrazione». Pietrangelo Buttafuoco esprime la stessa convinzione, sia pure in forma più colorita: «Non basteranno le zoccole a neutralizzarli. Né il generone potrà più di tanto. Alemanno non farà stupidaggini». Rimane il tempo per un’altra foto, quella dei trentenni diventati cinquantenni, il successo è di tutti loro.
3 commenti:
La vittoria di Alemanno a Roma è una buona occasione per creare un dibattito interno nel quale far sentire la propria voce, il dissenso, affermare i dubbi, ribellarsi all’idea che uno decida per tutti.
Per creare qualche segnale di vita, non è mai troppo tardi…
BLOG http://faber2008.blogspot.com/
Grande Roberto...ce ne vorrebbero di penne come la tua per far capire a tutti che non siamo marziani...purtroppo oggi si legge poco...purtroppo la velocità dell'informazione usa e getta non permette di approfondire...speriamo che il nuovo corso politico sia l'inizio di un nuovo corso culturale legato alla nostra tradizione...grazie Alemanno per averci fatto provare l'emozione più forte da Fiuggi ad oggi...a presto
Grazie per il bellissimo articolo, Roberto.
Un abbraccio,
Vanda
Questi sono gli auguri da Front National:
Cher Vanda,
Vous devez dire que je suis sans parole, je vous avais promis de vous voir, maintenant que les élections sont passées avec le si pietre résultat que vous connaissez et qui m'a profondément déçu par rapport à l'engagement et au travail que j'ai fournis, je vais pouvoir enfin me consacrer à mes amis.
Les Français ne sont malheureusement pas comme les Italiens.
Je félicite votre pays pour le courage qu'il a eu d'avoir, je pense,fait le bon choix pour l'avenir.
Cordialement
Mireille d'Ornano
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