Dal Secolo d'Italia di sabato 10 maggio 2008
Arriva in libreria il terzo e ultimo tomo di No pasaràn, (Lizard edizioni, pp. 72, ill. , rilegato, euro 19), il fumetto sulla guerra civile spagnola del ’38, realizzato da Vittorio Giardino. E la conclusione dell’avventura vede come sempre protagonista Max Friedman, questa volta nella Barcellona del ’38, nella fase conclusiva del conflitto civile spagnolo, tra ambientazioni suggestive ed evocative, e rappresentazioni realistiche della monumentalità sacrale di Antoni Gaudì.
Il capoluogo catalano è sconvolto dagli attacchi aerei: Max Friedman è una delle tante spie al servizio del generalissimo Franco, una «spia suo malgrado», che si scontra con alcuni vecchi compagni d’arme cui lo separano dissapori mai sanati, lotte interne nelle varie fazioni politiche in cui chiunque può essere sacrificato in nome della lotta politica, piccole e grandi meschinità esasperate dalla situazione bellica. Sembra proprio il riecheggiare di quella guerra, sanguinosa e fratricida, leggibile da sempre sotto la duplice ottica, offerta da autorevoli scrittori come Ernest Hemingway, George Orwell o Robert Brasillach, che al conflitto civile spagnolo hanno dedicato pagine bellissime in diversi loro scritti. Brasillach, ad esempio, si recò in Spagna durante la Guerra civile, insieme al cognato Maurice Bardèche, con cui scrisse una bellissima Storia della Guerra Civile Spagnola.
Un riassunto introduttivo inserisce pienamente il lettore nel contesto in cui si svolge l’avventura di Friedman: questo consente di potere immedesimarsi nell’avventura raccontata dal fumettista bolognese anche senza conoscere le due storie precedenti. In questo tomo conclusivo è possibile apprezzare anche alcune novità stilistiche introdotte da Giardino: rispetto ai primi due volumi, Rapsodia ungherese e La porta d'oriente (entrambi pubblicati dalla Lizard), l’autore utilizza le vignette come quinte teatrali dove i personaggi si muovono mentre lo sfondo rimane immobile, e proprio qui sono riconoscibili i segni tangibili e i simboli della città in cui è ambientata la storia, come Casa Milà o Casa Battlò.
Oppure riesce a collegare con straordinaria semplicità più vignette con un’unica onomatopea degli allarmi antiaerei per dare un maggior senso di oppressione. Del resto Giardino non è nuovo alle innovazioni nel campo della rappresentazione fumettistica: avviato alla professione di ingegnere elettronico con buon successo, ad un certo punto della sua vita decise di fare della sua passione, il fumetto appunto, il suo mestiere. Seppe fronteggiare le difficoltà degli inizi, quando sembrava che i suoi mezzi espressivi non fossero eccezionali, assumendo con il passare del tempo una raffinatezza nell’esecuzione della “linea chiara” sempre maggiore.
Così, via via, Giardino si è andato affermando dapprima in Italia, poi in Francia, fino a raggiungere la notorietà anche negli Stati Uniti. Recentemente la sua brillante carriera è stata ricordata anche da Sergio Rossi su La Stampa: «Si potrebbe scoprire che già nel 1982, quando apparve la prima storia di Max Friedman sulle pagine della rivista Orient Express c'era già chi pensava a fare «romanzi a fumetti», dove con la parola «romanzo» si intendeva, ieri come oggi, una narrazione più ampia e articolata che fornisse parole e immagini per dare un nome alle cose intorno a sé».
Un’idea di narrazione, quella di Vittorio Giardino, che rende perfettamente l’idea dell’innovazione apportata dall’autore: quella di volere creare un proprio immaginario utilizzando le sole enormi potenzialità narrative che un mezzo come il fumetto può esprimere. Un romanzo storico sotto forma di immagini.
Il capoluogo catalano è sconvolto dagli attacchi aerei: Max Friedman è una delle tante spie al servizio del generalissimo Franco, una «spia suo malgrado», che si scontra con alcuni vecchi compagni d’arme cui lo separano dissapori mai sanati, lotte interne nelle varie fazioni politiche in cui chiunque può essere sacrificato in nome della lotta politica, piccole e grandi meschinità esasperate dalla situazione bellica. Sembra proprio il riecheggiare di quella guerra, sanguinosa e fratricida, leggibile da sempre sotto la duplice ottica, offerta da autorevoli scrittori come Ernest Hemingway, George Orwell o Robert Brasillach, che al conflitto civile spagnolo hanno dedicato pagine bellissime in diversi loro scritti. Brasillach, ad esempio, si recò in Spagna durante la Guerra civile, insieme al cognato Maurice Bardèche, con cui scrisse una bellissima Storia della Guerra Civile Spagnola.
Un riassunto introduttivo inserisce pienamente il lettore nel contesto in cui si svolge l’avventura di Friedman: questo consente di potere immedesimarsi nell’avventura raccontata dal fumettista bolognese anche senza conoscere le due storie precedenti. In questo tomo conclusivo è possibile apprezzare anche alcune novità stilistiche introdotte da Giardino: rispetto ai primi due volumi, Rapsodia ungherese e La porta d'oriente (entrambi pubblicati dalla Lizard), l’autore utilizza le vignette come quinte teatrali dove i personaggi si muovono mentre lo sfondo rimane immobile, e proprio qui sono riconoscibili i segni tangibili e i simboli della città in cui è ambientata la storia, come Casa Milà o Casa Battlò.
Oppure riesce a collegare con straordinaria semplicità più vignette con un’unica onomatopea degli allarmi antiaerei per dare un maggior senso di oppressione. Del resto Giardino non è nuovo alle innovazioni nel campo della rappresentazione fumettistica: avviato alla professione di ingegnere elettronico con buon successo, ad un certo punto della sua vita decise di fare della sua passione, il fumetto appunto, il suo mestiere. Seppe fronteggiare le difficoltà degli inizi, quando sembrava che i suoi mezzi espressivi non fossero eccezionali, assumendo con il passare del tempo una raffinatezza nell’esecuzione della “linea chiara” sempre maggiore.
Così, via via, Giardino si è andato affermando dapprima in Italia, poi in Francia, fino a raggiungere la notorietà anche negli Stati Uniti. Recentemente la sua brillante carriera è stata ricordata anche da Sergio Rossi su La Stampa: «Si potrebbe scoprire che già nel 1982, quando apparve la prima storia di Max Friedman sulle pagine della rivista Orient Express c'era già chi pensava a fare «romanzi a fumetti», dove con la parola «romanzo» si intendeva, ieri come oggi, una narrazione più ampia e articolata che fornisse parole e immagini per dare un nome alle cose intorno a sé».
Un’idea di narrazione, quella di Vittorio Giardino, che rende perfettamente l’idea dell’innovazione apportata dall’autore: quella di volere creare un proprio immaginario utilizzando le sole enormi potenzialità narrative che un mezzo come il fumetto può esprimere. Un romanzo storico sotto forma di immagini.
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collaboratore del Secolo d’Italia, si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra.
3 commenti:
Ho conosciuto Sam Pezzo e Max Friedman, personaggi di Vittorio Giardino, all'inizio degli anni 80, attraverso le pagine di Orient Express. "Rapsodia ungherese", prima e bellissima avventura di Friedman, fu per me una sorpresa: forse il disegno, pur notevole, non era ancora ancora quello del Giardino maturo (e maniacale, ogni storia anni di lavoro), però già la storia da sola era degna di un romanzo del miglior Le Carré o addirittura di Greene. Era spiazzante la cura per ogni personaggio, anche per i comprimari, e soprattutto colpiva una sceneggiatura che sfumava ogni contrasto tra buoni e cattivi. non per fare tutti cattivi, com'è di moda adesso, ma per muovere tutti nella complessità di una guerra mondiale che stava per esplodere.
Poi Giardino si è un po' perso tra tavole glamour, tavole tanto splendide quanto inutili e qualche raro capolavoro.
In ogni caso è triste che un artista del genere abbia dovuto lasciare l'Italia per fare fortuna in Francia, dove è giustamente venerato come un grande scrittore o regista. In Italia gli sarebbe rimasto Bonelli, con la catena di montaggio dell'albo mensile.
Scienziati e artisti. Li perdiamo proprio tutti. E in questo caso i governi non c'entrano: semmai è il popolo italiano che non sa apprezzare la bellezza.
Claudio, mai espressione fu così appropriata al caso nostro:
"è il popolo italiano che non sa apprezzare la bellezza"
"Il capoluogo catalano è sconvolto dagli attacchi aerei: Max Friedman è una delle tante spie al servizio del generalissimo Franco, una «spia suo malgrado»,"
Sei sicuro? Oggi ho finito la lettura della integrale "No pasarán" (Milano: Rizzoli-Lizard, 2011) e l'eroi non fa la spia per Franco, è in Catalogna in ricerca del suo amico Guido Treves..., sempre da parte dalla República.
Insomma "No pasarán" è un vero capolavoro, e non solo dal punto di vista grafico, il racconto è molto coerente con la storia (quinta colonna, bataglia del Ebro, stalinismo e troskismo) e suppratutto é prodigiosamente fidele alla riproduzzione delle armate e dei personaggi.
Cumplimenti a l'autore (e scusatemi per il mio italiano).
Posta un commento