venerdì 27 giugno 2008

Il Woody Allen che piace alla destra (di Marco Iacona)

Articolo di Marco Iacona
Dal Secolo d'Italia di giovedì 26 giugno 2008
Woody Allen sta invecchiando e pensa alla morte. Alla morte che arriva per caso (Scoop, 2006) perché in fondo è tutta la vita che della morte è solo l’inizio, a essere sorretta da banali dettagli (Match point, 2005). Riflette e riflette sul destino e la coscienza (Sogni e delitti, 2007) e sulla fine che giunge a chiudere il sipario come in ogni tragedia che si rispetti (Mezzanotte a Barcellona, film presentato a Cannes e di prossima uscita). Ha iniziato più di cinquant’anni fa in tv, ma la mano di questo grande personaggio dei nostri tempi, uomo di cinema, ma anche musicista e delizioso scrittore, è sempre leggerissima – lo è più adesso che in passato, quando per il grande pubblico era un comico, sui generis perché spesso molto “cerebrale”, ma pur sempre un comico. L’Allen-regista sembra avere la grazia di una farfalla che si sposta da un personaggio e l’altro e sa ritagliarsi, ancora, quando vuole, i ruoli di protagonista con paradossale genialità. Ma il suo “end” rischia adesso di essere ossessivo, come tutti i “divi” che si rispettino (o gli “antidivi” che tanto però gli somigliano), continua a meditare sulla sacra combinazione dei suoi points of view: fatalità, morte e delitto senza castigo, non è più lui a lavorare per i suoi film adesso (non di rado autobiografici), ma sono i suoi film a lavorare per lui.
Meglio immergersi nella lettura dei suoi libri allora? Be', se si sa resistere alla voglia di dare una sbirciatina al primo piano della bellissima Scarlett Johansonn, deliziosa musa del maestro, un consiglio lo potremmo anche dare. L’ultimo libro di Allen ad esempio, Pura anarchia (Bompiani, pp. 171, euro 16), ci mostra una personalità d’autore del tutto diversa (anarchica…). Anzi: non una personalità ma ben diciotto, quanti sono cioè i micro-racconti semiseri, in parte già editi, che riempiono le pagine del libro
Cosa può amare la “destra” di Woody il newyorkese a parte quell’Oreste Lionello che è da sempre la sua voce italiana oramai? Relativista a più non posso, la normale vocazione di Allen Stewart Königsberg (questo il suo vero nome), sembra quella di svilire qualunque cosa si possa considerare non dico sacra, ma molto banalmente “seria”. Allen ama colpire sopra e sotto, tanto gli scienziati quanto i filosofi. E se la prende col diavolo e con l’acqua santa. Con Wagner in primo luogo (confessiamo di sudare freddo ogni volta che ci torna alla mente la sua “mitica” battuta sul papà del moderno mito del Graal: «Quando ascolto Wagner mi viene voglia di invadere la Polonia!»), e con la religione dei Rabbini, ma anche con chi vuol smettere di fumare per cercare di campare di più, e perfino con se stesso...
Ma in tutto questo c’è un nobile "però". È stato lo stesso ‘900 a spiegarci il valore del libertario ribelle contro i “You must” del tempo, il valore dell’anarca insomma, di colui che sa “cavalcare la “tigre” senza scendere. Proviamo a spogliare l'anarca di tutta la gravità del Novecento (e guerre e rivoluzioni…) e vestiamolo di tanta ironia. E magari anche del disordine dei fratelli Marx e della levità di un ateo (quando sa esserlo lieve…) che riconosce di essere di “passaggio”, così un attimo prima della fine, in stile Tim Burton, ci saluterà uno ad uno e si scuserà per il disturbo arrecato a uomini e cose.
A tutto ciò si aggiunga una capacità d’indagine sociale, più che sociologica, a tutto tondo con l’immancabile gusto per un colto periodare in stile anglosassone; la battuta più che lo sberleffo: pillole di Wodehouse, insomma. Mettiamo insieme tutto questo e avremo qualcosa che a Woody Allen somiglia come una goccia d’acqua a un’altra sua sorella. Nel primo capitolo di Pura anarchia, ad esempio, la critica d’origine guenoniana all’universo spiritualista ci sta tutta (dall’inflazione per gli affari della mente – new age o giù di lì – a Vanna Marchi). Abbiamo bisogno o no delle “invenzioni” di un Woody Allen, o di chi per lui, per tornare con la mente e i piedi a terra? Per non affondare nel ridicolo (o in qualcosa di peggio) e nella banale lite da cortile? Purtroppo la risposta è assai scontata e la troviamo sapientemente spezzettata fra le pagine del libro. Ma per logico contrappasso non-scontate appaiono invece le storielle di Allen. Aperte a svelare le realtà di un mondo moderno, nella sua variante postmoderna, visto da sotto a sopra, con l’orizzonte ai piedi e il suolo ad altezza occhi.
C’è un solo modo per resistere in un mondo di pura anarchia, sembra dirci l'autore: diventa anche tu un anarchico! Niente a che vedere ovviamente con l’omicidio politico, niente colpi di pistola o di pugnale, si tratta invece di implementare la semplice, banalissima, strategia del giocatore di scacchi incompetente. Se copi le mosse dell’avversario male che vada farai la figura del fine tattico bene che vada, invece, l’avrai fregato. Certo il capitolo “morale”, in questo libro (come del resto nei film di Allen, anche nel prossimo) è ridotto praticamente a zero. Anzi l’autore sembra volerci dire che la moralità o non esiste o se esiste è pronta a dissolversi in due tre paginette e/o battute, e al suo posto sorge una febbrile corsa all’ora, all’arricchimento e alla realizzazione di un benessere personale. Tutto qui.
Insomma se Marx, non Groucho ma Karl, pensava che azzerando le disparità economiche si sarebbe raggiunta quella parità assoluta sintetizzata nel motto "a ognuno secondo i propri bisogni", a noi sembra che il mondo postmoderno di Allen sia l’esatto opposto di quello profetizzato dal filosofo di Treviri. Si tratta di un mondo dove l’eguaglianza non si cerca oltre l’economico ma nell’economico, dove ognuno si insegue la “sovrastruttura” che vuole e poi torna a casa più o meno contento.
Insomma per buttarla in filosofia (dello sport) non siamo tanto alla "negazione della negazione" del moderno, o al suo superamento, ma ai suoi tempi supplementari; c’è qualcuno che è in attesa dei calci di rigore e spera di alzare la coppa, ma in tanti sono lì a fare “melina”, a cavalcare se non proprio la “tigre” uno strano essere mitologico che ha le forme di un asinello e che riesce a beccare, come i piccioni in piazza S. Marco, qualche seme qua e qualche seme là… Se anche Nietzsche poi col suo Superuomo finisce nel vortice del pensiero dissacrante di Allen (c’è un “menù” anche per un Superuomo, che tanto somiglia però ad un bullo da circoletto di periferia), beh, allora è giusto dire che dovremmo ripensare tutto...
A proposito di Nietzsche e di battutacce sulle donne, chi conosce la filmografia di Woody, almeno le pellicole più celebri, sa che le donne sono le vere protagoniste delle sue storie (il rapporto di Allen con le donne è un capitolo a parte della sua vita). Anche in Pura anarchia, spuntano qua e là alcune “bonazze”, che fanno compiere ai protagonisti dei racconti gesti inconsulti. L’ossessione del sesso al pari di quella del denaro (stavolta pensiamo a Evola) è tipica dei giorni nostri; pare, almeno così si ci hanno raccontato, che fino ad un secolo fa, la maggioranza degli uomini e delle donne avesse maggior rispetto per il proprio corpo. Nel racconto dal titolo “Quando una disgrazia ti rende onnisciente”, come per la lontanissima guerra di Troia, tutto accade a causa della bellezza di una donna, e qui il protagonista non può non essere vittima di un irreversibile gioco di avvenimenti a catena.
C’è sì l’idea della casualità degli accadimenti, ma lo sguardo di Allen da esteta flagellato dalle ansie, che osserva senza saper spiegare, aggiunge molto altro ancora. Ed è tanto. Come nella penultima storiella del libro in cui Paperino ubriaco, secondo la testimonianza di Topolino, ci prova con Nicole Kidman (all’epoca sposata con Tom Cruise) o in quella dal titolo “Stringhe sciolte” dove il protagonista sbeffeggia lo scientismo (ce lo aspettavamo tutti), e finisce con un occhio nero causato dalla sua bella segretaria («Dovetti provocare una specie di fissione perché, un attimo dopo, mi stavo rialzando da terra con un occhio nero delle dimensioni di una supernova. Ecco perché sono convinto che la fisica sia in grado di spigare tutto tranne il sesso debole»).
Immaginiamo Woody per come lo conosciamo, adesso. Nel suo mondo. Da tempo immemorabile è in analisi (trent’anni!, prossima tappa però: Lourdes), e si agita per un "37 – 1" di febbre. Ha problemi di identità («ho un solo rimpianto nella vita: di non essere qualcun altro»). Eppure non ha mai tentato di nascondere tic e debolezze. Non è anche il coraggio di andare contro le ipocrisie del suo tempo (tutti belli, sani e forti?) a fare di Woody Allen un anarchico che ci piace? Beh, diremmo proprio di sì. E ad un vero anarchico, ad un anarca, anche le battutacce su Nietzsche e Wagner si possono davvero perdonare. Prima con un sereno e misurato sorriso e poi, è un consiglio, con la lettura di un buon libro. Il suo.
Marco Iacona è dottore di ricerca in "Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee". Si occupa di storia del Novecento. Scrive tra l'altro per il bimestrale "Nuova storia contemporanea", il quotidiano "Secolo d'Italia" e il trimestrale "la Destra delle libertà". Per il quotidiano di An nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in 12 puntate. Ha curato saggi per Ar e Controcorrente edizioni. Nel 2008 ha pubblicato: "1968. Le origini della contestazione globale" (Solfanelli).

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