Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale 1 giugno 2008
Raramente una novità libraria assurge al rango di notizia al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori o degli appassionati. La recente uscita di Nova Express di William Burroughs (Adelphi, 174 pp., euro 18) rientra nel novero degli eventi editoriali che trascendono la dimensione della letteratura e interessano, anche a distanza di tempo, la sfera della società e del costume. Il romanzo, sinora inedito in Italia nonostante gli oltre quaranta anni passati dalla sua prima apparizione in lingua originale, fa parte della “Trilogia Nova”, composta anche da La macchina morbida e Il biglietto che esplose e preceduta dal celeberrimo Il pasto nudo. Nel 1965 è stato candidato nella categoria “miglior romanzo” al Premio Nebula, assegnato annualmente da una giuria composta non da critici, ma da lettori.
Le circostanze riportate non ci sembrano senza rilievo. Da quanto sopra accennato, ricaviamo almeno due informazioni decisive per la comprensione dell’evento. Innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un autore che, a dispetto della capacità di farsi interprete dello spirito del suo tempo, è riuscito a superare indenne il crinale del “secolo breve” ed a rimanere attuale, fresco, godibile e provocatorio come quaranta anni fa. In secondo luogo, abbiamo a che fare con uno scrittore che, lungi dall’essere “pompato” dalla critica ed imposto quasi di autorità al gusto del pubblico, riscuote un perdurante successo fra i lettori attraverso una sorta di passaparola generazionale.
La riprova viene dalla costante influenza che l’opera di Burroughs ha avuto sull’immaginario dei lettori e dei creativi. Fuori di Italia, i suoi “trip” chimici hanno anticipato di gran lunga lo sperimentalismo avanguardistico della “New Wave” inglese, mettendolo al servizio di motivi che precorrono, per un verso, il complottismo paranoide e la realtà dissociata di Philip K. Dick e, per l’altro, le aperture tecno-psichedeliche di William Gibson. In Italia la sua scrittura “schizomorfa” (espressione presa in prestito da Luigi Baldacci) ha ispirato e continua ad ispirare artisti di nicchia così come i fedelissimi della lettura: per tutti ricordiamo il cortometraggio “Descrambling Nova Express” del 2002, per la regia di Mariano Equizzi, il suono e la musica di Paolo Bigazzi, le coreografie di Franco Montana e l’interpretazione di Giuseppe Sansone e Chiara Leone.
Il critico di oggi è tentato di buttarla in “cyberpunk”; ma, a ben vedere, l’antifantascienza di Burroughs rovescia in maniera parodistica i luoghi comuni del genere, immergendoli in un bagno di umorismo nero – “acido”, è il caso di dire… Il suo stile eversivo e visionario, fatto di codici criptici e spezzature sintattiche, nasce dalle alterazioni mentali di uno scrittore strafatto; lo “sballo”, tuttavia, non rimane un’esperienza soggettiva, sterile, ma si comunica in qualche modo sottile al lettore, aprendo squarci su inquietanti realtà alternative e liberando la mente dalle pastoie della logica. Ad un certo punto, si legge proprio: “Le droghe allucinogene modificano lo schema di scansione della realtà in modo da mostrare una ‘realtà’ diversa – non c’è nessuna realtà vera o reale – la realtà è semplicemente uno schema di scansione più o meno costante – questo schema di scansione che accettiamo come realtà ci è stato imposto dal potere, un potere orientato principalmente verso il controllo totale”. Se non è questo un proclama del “relativismo” libertario oggi nuovamente in voga…
La trama è difficilmente riassumibile: gli alieni della Nebulosa del Granchio sono alleati al Potere Virale del Popolo Vegetale per occupare il pianeta Terra, contrastati dalla resistenza guidata dal Vecchio della Montagna. Agiscono attraverso agenti umani tridimensionali, gli “ospiti di copertura”, controllati a migliaia secondo determinati punti di coordinata; vivono in “città di metallo controllate dagli anziani che sono teste in bottiglia – i cervelli più rapidi preservati per l’eternità – l’unica forme di immortalità ammessa dal popolo insetto di Miraud – una complessa burocrazia collegata ai cervelli direttivi controlla ogni azione – tuttavia esiste un ambiguo movimento clandestino che opera mediante lo sviamento telepatico e la mimetizzazione”.
Lo stile segue il motto burroughsiano “La parola genera l’immagine è l’immagine è il virus”. La frase si compone, così, di sequenze poetiche alternate a parti più grossolanamente prosastiche. Un esempio? “In corso – sto mappando una foto – Strofa di luce di galassie ferite al cane che io feci – La strada soffiava pioggia – Il cane si gira – Testata guerreggiante intersecò i Poteri – Parola che cade – Foto che cade – Irrompere nella Stanza Grigia”. Un altro esempio? “Foto porno supersoniche lampeggiarono sullo schermo”. Ironia e trasgressività abbondano: “due Agenti Lesbiche con facce inespressive di carne di pene trapiantata erano sedute a bere fluido spinale con cannucce di alabastro”.
Salite sulla giostra, il difficile sarà scendere!
Le circostanze riportate non ci sembrano senza rilievo. Da quanto sopra accennato, ricaviamo almeno due informazioni decisive per la comprensione dell’evento. Innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un autore che, a dispetto della capacità di farsi interprete dello spirito del suo tempo, è riuscito a superare indenne il crinale del “secolo breve” ed a rimanere attuale, fresco, godibile e provocatorio come quaranta anni fa. In secondo luogo, abbiamo a che fare con uno scrittore che, lungi dall’essere “pompato” dalla critica ed imposto quasi di autorità al gusto del pubblico, riscuote un perdurante successo fra i lettori attraverso una sorta di passaparola generazionale.
La riprova viene dalla costante influenza che l’opera di Burroughs ha avuto sull’immaginario dei lettori e dei creativi. Fuori di Italia, i suoi “trip” chimici hanno anticipato di gran lunga lo sperimentalismo avanguardistico della “New Wave” inglese, mettendolo al servizio di motivi che precorrono, per un verso, il complottismo paranoide e la realtà dissociata di Philip K. Dick e, per l’altro, le aperture tecno-psichedeliche di William Gibson. In Italia la sua scrittura “schizomorfa” (espressione presa in prestito da Luigi Baldacci) ha ispirato e continua ad ispirare artisti di nicchia così come i fedelissimi della lettura: per tutti ricordiamo il cortometraggio “Descrambling Nova Express” del 2002, per la regia di Mariano Equizzi, il suono e la musica di Paolo Bigazzi, le coreografie di Franco Montana e l’interpretazione di Giuseppe Sansone e Chiara Leone.
Il critico di oggi è tentato di buttarla in “cyberpunk”; ma, a ben vedere, l’antifantascienza di Burroughs rovescia in maniera parodistica i luoghi comuni del genere, immergendoli in un bagno di umorismo nero – “acido”, è il caso di dire… Il suo stile eversivo e visionario, fatto di codici criptici e spezzature sintattiche, nasce dalle alterazioni mentali di uno scrittore strafatto; lo “sballo”, tuttavia, non rimane un’esperienza soggettiva, sterile, ma si comunica in qualche modo sottile al lettore, aprendo squarci su inquietanti realtà alternative e liberando la mente dalle pastoie della logica. Ad un certo punto, si legge proprio: “Le droghe allucinogene modificano lo schema di scansione della realtà in modo da mostrare una ‘realtà’ diversa – non c’è nessuna realtà vera o reale – la realtà è semplicemente uno schema di scansione più o meno costante – questo schema di scansione che accettiamo come realtà ci è stato imposto dal potere, un potere orientato principalmente verso il controllo totale”. Se non è questo un proclama del “relativismo” libertario oggi nuovamente in voga…
La trama è difficilmente riassumibile: gli alieni della Nebulosa del Granchio sono alleati al Potere Virale del Popolo Vegetale per occupare il pianeta Terra, contrastati dalla resistenza guidata dal Vecchio della Montagna. Agiscono attraverso agenti umani tridimensionali, gli “ospiti di copertura”, controllati a migliaia secondo determinati punti di coordinata; vivono in “città di metallo controllate dagli anziani che sono teste in bottiglia – i cervelli più rapidi preservati per l’eternità – l’unica forme di immortalità ammessa dal popolo insetto di Miraud – una complessa burocrazia collegata ai cervelli direttivi controlla ogni azione – tuttavia esiste un ambiguo movimento clandestino che opera mediante lo sviamento telepatico e la mimetizzazione”.
Lo stile segue il motto burroughsiano “La parola genera l’immagine è l’immagine è il virus”. La frase si compone, così, di sequenze poetiche alternate a parti più grossolanamente prosastiche. Un esempio? “In corso – sto mappando una foto – Strofa di luce di galassie ferite al cane che io feci – La strada soffiava pioggia – Il cane si gira – Testata guerreggiante intersecò i Poteri – Parola che cade – Foto che cade – Irrompere nella Stanza Grigia”. Un altro esempio? “Foto porno supersoniche lampeggiarono sullo schermo”. Ironia e trasgressività abbondano: “due Agenti Lesbiche con facce inespressive di carne di pene trapiantata erano sedute a bere fluido spinale con cannucce di alabastro”.
Salite sulla giostra, il difficile sarà scendere!
Errico Passaro, Ufficiale dell'Aeronautica Militare, dottore in giurisprudenza, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato su testate e collane professionali un saggio in volume, oltre 100 racconti e cinque romanzi: "Il delirio", Solfanelli; "Nel solstizio del tempo", Keltia; "Gli anni dell'aquila", Settimo Sigillo; "Le maschere del potere", Nord; "Inferni", Secolo d'Italia. Dal 12 maggio è in uscita il romanzo fantasy (scritto con Gabriele Marconi) "Il Regno Nascosto" (Dario Flaccovio Editore).
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