Dal Secolo d'Italia di martedì 3 giugno 2008
Nel suo profetico “studio sulla rivoluzione antropologica in Italia”, Pasolini lo aveva capito: gli stereotipi mediatici non reggevano più, dietro di essi stava operando una omologazione generazionale che avrebbe cambiato la società italiana, la sua immagine e la sua percezione. «L’omologazione – annotava Pasolini – riguarda tutti: popolo e borghesia, operai e sottoproletari. Il contesto sociale è mutato nel senso che si è estremamente unificato». E prendendo come metafora l’allora diffusa moda dei “capelloni” aggiungeva che il linguaggio dei capelli lunghi non esprimeva più “cose” di sinistra, ma qualcosa di nuovo, una sorta di sintesi destra-sinistra… Insomma: percezioni nuove.
Eppure, nonostante siano passati 34 anni una certa sinistra non riesce a fuoriuscire dai vecchi stereotipi. Ne abbiamo avuto una prova con la vicenda del blitz al Pigneto che – come ha scritto Pierluigi Battista – li ha fatti arrivare alla teorizzazione del “fascismo percepito”. «Non importa – scrive Battista – che il capo della spedizione esibisca il tatuaggio del Che. Egli resta pur sempre un fascista. Inconsapevole, ma fascista».
E quando lo stilista Quirino Conti esamina – come fa su L’espresso – l’estetica della classe politica di centrodestra non riesce a non ricorrere agli stereotipi. All’inizio si stupisce, sopreso dal fatto che il look degli uomini targati Pdl non fa affatto «arricciare il naso ai soliti sopraffini». Non gli va proprio giù, poi, il fatto che Alemanno «è molto più dentro l’espressività di Obama, a conti fatti, di quanto non vi sia riuscito chiunque ci abbia provato». E, commentando una fotografia dell’attuale sindaco di Roma in versione casual, sottolinea qual è a suo avviso il vero «capolavoro di Alemanno»: essersi presentato «nella più classica iconografia rivoluzionaria che la sinistra abbia mai elaborato». Di che stupirsi, comunque? Non lo aveva già detto Pasolini? No, per Conti forse non sarebbe “percepito”. Più facile parlare di «scambio di abiti». E di gattopardismo. È che dai vecchi stereotipi non riescono proprio a fuoriuscire.
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
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