Dal Secolo d'Italia di mercoledì 30 luglio 2008
L’aveva annunciata al Secolo d’Italia il maggio scorso: l’idea di “regalare” un concerto alla sua città, Roma, in occasione del suo compleanno. L’avrebbe voluto gratuito, affinché la festa potesse essere erga omnes, ma dopo una serrata trattativa con Gianni Borgna, presidente di Musica per Roma, è riuscito a strappare almeno un prezzo d’ingresso “politico” di soli 5 euro. E festa sia, dunque. L’appuntamento è alle ore 21 del 31 luglio nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il “festeggiato”, naturalmente, è Edoardo Vianello, protagonista della scena musicale da mezzo secolo. Sì, le sue ballate al ritmo dell’hully gully, del cha cha cha e del twist rimangono sulla breccia – o meglio: sulla cresta dell’onda – dai Sessanta. Formidabili, quegli anni, checché ne dicano i nostalgici della spranga che, per quanto democratica e generosamente distribuita a chi non cantava nel coro, faceva male. Assai. E non a caso proprio nei primi Settanta la carriera di Vianello subì una battuta d’arresto. Le sue canzoni erano vergognosamente spensierate e quindi ritenute tout court controrivoluzionarie.
«Abituato com’ero al calore della gente ci rimasi malissimo quando arrivarono quei fischi e avvertii l’ostilità del pubblico ideologizzato – ci ha raccontato – ma io intendevo la musica come un fatto di divertimento collettivo e come espressione dello stato d'animo generazionale, non come strumento per fare politica. Non sarei mai stato credibile a improvvisarmi cantautore cosiddetto impegnato». Sulla creatività di quegli anni calò il sipario dell’ideologia. Così Vianello decide di farsi da parte e fonda una casa discografica, l’Apollo Records, trampolino di lancio per musicisti come Ricchi e Poveri, Amedeo Minghi e Renato Zero. Poi si rimette in gioco. Nasce, con la moglie Wilma Goich, il duo musicale I Vianella. «Volevamo fare una cosa diversa e non sembrare due reduci alla ricerca del successo perduto». La scommessa è di quelle rischiose: puntare sulla canzone romanesca. Vinta. Semo gente de borgata sbanca al Disco per l’estate. Poi il sodalizio professionale e il matrimonio si esaurisce e Vianello torna alla sua attività di solista girando tutte le città italiane. Da allora non si è più fermato, sempre pronto a infiammare le nostre estati con l’entusiasmo di un ragazzino. Altro che canzoni “sedative” come quelle dei giovani cantanti alla Paolo Meneguzzi.
Settant’anni – compiuti il 24 giugno – e non sentirli, Vianello, perchè la gioventù è uno stato d’animo prima ancora che un dato anagrafico. Intramontabili le sue canzoni, colonne sonore di intere generazioni di italiani. Tramandante di padre in figlio – per citare alcuni dei suoi cavalli “marini” di battaglia: Guarda come dondolo, I Watussi, Abbronzatissima, Pinne fucili e occhiali – sono ora nuovamente raccolte nell’antologia Replay (insieme a brani non suoi ma appartenenti al suo stile e per questo a lui attribuite dal pubblico). Una miniera di allegria, un ricostituente per giovani e meno giovani stressati, il disco. Bellissimo, compresa la copertina – con tiratura, limitata, anche in vinile – affidata a Pablo Echaurren, illustratore visionario e grande esperto di futurismo, che di Vianello è un fan dichiarato. «Uno dei pochi artisti che mi dà la carica – ci ha confidato tempo fa – l’unico vero beach boy italiano». Già, i Beach Boys, immaginifica espressione del Surf rock, inno libertario e festaiolo all’amicizia e alla gioventù che “raccontava” la vita balneare e alla cultura del surf. E non è tutto. «Vianello – sostiene Echaurren – è un futurista. Non soltanto per il Dna, essendo figlio di Alberto, artista presente nell’antologia marinettiana I nuovi poeti futuristi (Roma, edizioni futuriste di Poesia 1925), ma anche come interprete scanzonato del genere burlesque di Petrolini e De Angelis: ironia e giocosità». La festa di Vianello, pertanto, rappresenta a pieno titolo un “assaggio” delle notti futuriste annunciate da Umberto Croppi, assessore romano alla cultura. E, a chi può, non resta che gustarsela, facendo a Vianello gli auguri per una ancora lunghissima vita artistica.
«Abituato com’ero al calore della gente ci rimasi malissimo quando arrivarono quei fischi e avvertii l’ostilità del pubblico ideologizzato – ci ha raccontato – ma io intendevo la musica come un fatto di divertimento collettivo e come espressione dello stato d'animo generazionale, non come strumento per fare politica. Non sarei mai stato credibile a improvvisarmi cantautore cosiddetto impegnato». Sulla creatività di quegli anni calò il sipario dell’ideologia. Così Vianello decide di farsi da parte e fonda una casa discografica, l’Apollo Records, trampolino di lancio per musicisti come Ricchi e Poveri, Amedeo Minghi e Renato Zero. Poi si rimette in gioco. Nasce, con la moglie Wilma Goich, il duo musicale I Vianella. «Volevamo fare una cosa diversa e non sembrare due reduci alla ricerca del successo perduto». La scommessa è di quelle rischiose: puntare sulla canzone romanesca. Vinta. Semo gente de borgata sbanca al Disco per l’estate. Poi il sodalizio professionale e il matrimonio si esaurisce e Vianello torna alla sua attività di solista girando tutte le città italiane. Da allora non si è più fermato, sempre pronto a infiammare le nostre estati con l’entusiasmo di un ragazzino. Altro che canzoni “sedative” come quelle dei giovani cantanti alla Paolo Meneguzzi.
Settant’anni – compiuti il 24 giugno – e non sentirli, Vianello, perchè la gioventù è uno stato d’animo prima ancora che un dato anagrafico. Intramontabili le sue canzoni, colonne sonore di intere generazioni di italiani. Tramandante di padre in figlio – per citare alcuni dei suoi cavalli “marini” di battaglia: Guarda come dondolo, I Watussi, Abbronzatissima, Pinne fucili e occhiali – sono ora nuovamente raccolte nell’antologia Replay (insieme a brani non suoi ma appartenenti al suo stile e per questo a lui attribuite dal pubblico). Una miniera di allegria, un ricostituente per giovani e meno giovani stressati, il disco. Bellissimo, compresa la copertina – con tiratura, limitata, anche in vinile – affidata a Pablo Echaurren, illustratore visionario e grande esperto di futurismo, che di Vianello è un fan dichiarato. «Uno dei pochi artisti che mi dà la carica – ci ha confidato tempo fa – l’unico vero beach boy italiano». Già, i Beach Boys, immaginifica espressione del Surf rock, inno libertario e festaiolo all’amicizia e alla gioventù che “raccontava” la vita balneare e alla cultura del surf. E non è tutto. «Vianello – sostiene Echaurren – è un futurista. Non soltanto per il Dna, essendo figlio di Alberto, artista presente nell’antologia marinettiana I nuovi poeti futuristi (Roma, edizioni futuriste di Poesia 1925), ma anche come interprete scanzonato del genere burlesque di Petrolini e De Angelis: ironia e giocosità». La festa di Vianello, pertanto, rappresenta a pieno titolo un “assaggio” delle notti futuriste annunciate da Umberto Croppi, assessore romano alla cultura. E, a chi può, non resta che gustarsela, facendo a Vianello gli auguri per una ancora lunghissima vita artistica.
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