martedì 15 luglio 2008

La riscossa del noir all'italiana (di Errico Passaro)

Articolo di Errico Passaro
Dal Secolo d'Italia di giovedì 10 luglio 2008
Tutti pazzi per il noir, letteralmente. Pazzi, diciamo, perché ormai sembra che non ci sia spazio per altro tipo di letteratura (“mainstream”o di genere) nel panorama letterario nazionale ed internazionale. Come ormai sanno anche i muri, il noir viene utilizzato apertamente anche dai non specialisti come supporto per raccontare vicende con le più varie ambizioni: storiche, psicologiche, sociologiche, ecologiche, ideologiche, e chi più ne ha più ne metta.
Il risultato, si capisce, è un’inondazione di inchiostro, con esiti pretenziosi, a tratti tristanzuoli, non di rado sorprendenti e stuzzicanti, sempre accompagnata dai peana della critica. Nessun quotidiano ormai si fa più mancare la collana estiva con le ristampe dei grandi successi. I titoli nuovi non accennano a diminuire, dentro e fuori le collane dedicate. E i libri portano con sé un indotto di riviste, film, telefilm, fumetti, videogiochi e altre iniziative massmediatiche. Escono persino saggi come Dizionoir del fumetto di Mauro Smocovich, Elio Marracci ed Igor De Amicis (Delosbooks, 319pp, euro 16), una vera e propria guida ragionata a personaggi del noir a disegni come Diabolik, Batman, Dick Tracy, Paperinik, Nick Raider ed altri, a vario titolo ascrivibili al filone.
Ma la notizia non è tanto il successo del genere, quanto la sua miracolosa durevolezza, che lo pone ormai fuori dalla categoria della moda commerciale e impone agli osservatori uno studio serio e approfondito, non il classico pezzo di “colore” sul fenomeno editoriale passeggero. Anche la tradizionale contrapposizione fra noir di sinistra e fantastico di destra è destinata a ridimensionarsi, smarrendosi i rispettivi ambiti nel più capiente ed elastico contenitore della “nuova epica”.
In questa cornice, un discorso a parte merita il poliziesco “all’italiana”, che non è, badate, il pur apprezzabile e mai abbastanza decorato “poliziottesco” cinematografico di Maurizio Merli, ma un tipo di racconto di investigazione che supera i due modelli anglosassoni di riferimento (Dieci piccoli indiani di Agatha Christie e Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris) e prova ad accoppiare tensione drammatica e bella scrittura. Questi romanzi arginano lo strabordare dei testi di lingua inglese, offrendo una valida alternativa di lettura e sventando il rischio di una colonizzazione culturale “dal basso”. A seguire, qualche esempio di questi nuovi compendi narrativi, di questi OLM (Organismi Letterariamente Modificati) in cui i codici del noir subiscono complesse operazioni di ingegneria genetica.
Partiamo con Legami di morte di Angelo Marenzana - nella foto a destra - (Dario Flaccovio, 130 pp, euro 13), in cui il giallo si declina con il romanzo storico. Senza timore di apparire un Lucarelli di complemento, Marenzana ambienta la sua vicenda nel ventennio fascista: l’ordine e la disciplina del regime sono sconvolti da due casi di sangue, l’omicidio di una cantante e la morte della sorella di un noto banchiere. Fra i due fatti, il commissario Bendicò intuisce un collegamento ma, all’approssimarsi di pericolose scoperte, dovrà vedersela con i tentativi di copertura dell’Ufficio Politico. E bravo Marenzana, la sua è una scommessa vinta contro il rischio di ricopiature e scimmiottamenti, è un talento in crescita che non ci stupiremmo arrivasse ai massimi livelli.
Ogni scrittore è un falsario, ma gli scrittori di “thriller esoterici” lo sono ancora di più, usando il meccanismo poliziesco non per descrivere fedelmente un dato periodo storico, ma per mostrarne le verità nascoste e i misteri irrisolti. E’ il caso di Stefano Valente, autore de Lo specchio di Orfeo (Liberamente, 273 pp., euro 13,90), che racconta di professori uccisi in circostanze misteriose, di allievi decisi a scopriregli arcani di un raro manoscritto medioevale, di pericolosi soggetti che puntano ad impossessarsi a qualsiasi costo del segreto celato dietro il “De Orpheo”. Romanzo erudito, denso di riferimenti letterari, mitologici ed alchimistici, mai esitante nel padroneggiare la fluviale materia a disposizione e sempre a distanza di sicurezzadal cadere in una trama sballataed inverosimile, Lo Specchio di Orfeo è la concreta dimostrazione di come giallo e fantastico possano fondersi senza scandalo.
Nella categoria della “nuova epica italiana” va senz’altro segnalato anche L’ultimo indizio di Piernicola Silvis (Fazi, 275 pp., euro 17). L’autore dà a intendere che, dietro il velo pudico del romanzesco, ogni singola azione, riflessione, sensazione descritta nel suo lavoro descrive fedelmente la lotta senza quartiere condotta insieme a Falcone eBorsellino contro la mafia e, in particolare, l’indagine che avrebbe portato alla cattura del numero 2 di “Cosa Nostra” Giuseppe Madonia. Il poliziotto scrittore, con ben diversa partecipazione emotiva rispetto ad un qualunque Giuttari, sembra voler salvare il salvabile di un’esperienza umana dolorosa, incomparabile a qualsiasi altra, difficile a mettere sulla carta senza annacquarne la drammaticità.
Ha una marcia in più Nicola Verde. Negli ultimi anni lo scrittore di Succivo si è fatto un nome nel filone dello “spaghetti noir”e, dopo Sa morte secada e Un’altra verità, riporta nelle librerie il maresciallo Dioguardi nella sua prima antologia di racconti, fra cui uno, Può morire un genius loci? , che orgogliosamente rivendichiamo come nostra prima scelta per l’antologia “Il sonno della ragione non genera mostri”. Le vie segrete del maestrale (Hobby and Work, 313pp., euro 17,50) è un “libro-monstre”, in cui l’autore da il meglio di sé nella misura che più gli è congeniale. Un raccolta di belle storie, quelle di Verde, liofilizzate in cinque-capolavori-cinque ambientati in una Sardegna all’incrocio fra riti arcaici e civiltà moderna. In mezzo a tanti colleghi che non vanno al di là dello schema soggetto-verbo-predicato verbale e di un certo campionario di frasi fatte, Verde si fa notare per uno stile che riesce ad essere elegante senza scivolare nel barocco: non un cervellotico bric-a-brac di aggettivi, nomi, parole-feticcio, quindi, ma una prosa disossata, soppesata, fluida, mai andante, una scrittura che manda in visibilio i puristi della lingua pur nell’intreccio dell’italiano con il dialetto sardo. Tutto inizia dalle parole, che si aggregano per reciproca attrazione e costruiscono da sé la vicenda narrativa, mentre in altri esse sono solo i mattoni con cui si realizzano architetture progettate a tavolino: attraverso una maniacale opera di rifacimento, Verde, ispirato ed ispiratore, è arrivato ad un tal segno di perfezione che la lettura delle sue opere non richiede alcuno sforzo, anche nei passaggi più lavorati e sofisticati, anche nelle rare sottolineature retoriche.
Insomma, il nostro noir – a differenza di quello di importazione – si caratterizza sempre di più come qualcosa di diverso dalla “letteratura da ombrellone” da dimenticare nella casa al mare dopo una pigra lettura stagionale. Si può leggere, e apprezzare, i Verde, i Silvis (nella foto), i Valente, i Marenzana anche al di fuori dal contesto-vacanza che solitamente è il volano del romanzo di genere. Ma, soprattutto, il noir italiano ha trovato la strada per sfuggire all’effetto “cronaca vera” con i suoi dettagli truculenti e morbosi per riscoprire il carattere migliore della letteratura d’evasione: quella sacrosanta “fuga del prigioniero” che Tolkien ci ha insegnato ad amare ed è piacevole ritrovare anche su lidi lontani dalla fantasy in senso stretto.
Errico Passaro, Ufficiale dell'Aeronautica Militare, dottore in giurisprudenza, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato su testate e collane professionali un saggio in volume, oltre 100 racconti e cinque romanzi: "Il delirio", Solfanelli; "Nel solstizio del tempo", Keltia; "Gli anni dell'aquila", Settimo Sigillo; "Le maschere del potere", Nord; "Inferni", Secolo d'Italia. Dal 12 maggio è in libreria il romanzo fantasy (scritto con Gabriele Marconi) "Il Regno Nascosto" (Dario Flaccovio Editore).

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