venerdì 18 luglio 2008

"Quello che veramente ami" (recensione di Pierluigi Biondi)

Nella foto Riccardo Arena
Articolo di Pierluigi Biondi
Dal mensile Area di luglio-agosto 2008
Non era la prima volta, in quella biblioteca, che gli sguardi dei due giovani si incrociavano. Era accaduto già qualche mese addietro, appena pochi attimi prima che il sedicente operaio della inesistente Ve.C.Ma. di Bollate facesse terminare in un trambusto l’infuocata assemblea dei parolai dell’Autonomia milanese. Stava quasi per farsi scoprire Enrico detto il Tunisi: il «minchia!» sfuggito a tradire l’origine siciliana, i rayban da fascio che la compagna Monica voleva che togliesse e quella strana fabbrica di cui nessuno aveva sentito parlare. E poi la corsa verso la macchina in moto: beffa compiuta e pericolo scampato per un niente. Ridevano ora, i tre amici, nel rileggere il testo del volantino lasciato in ricordo ai duri della sinistra extraparlamentare insieme a qualche fialetta di puzzolina: “Oggi 16 novembre 1976. Un commando di giovani camerati arditi ha violato la sede di un covo comunista palestra di violenti e di violenze e ne ha reso necessario lo sgombero con l’uso di armi chimiche… Onore a Sergio, Enrico e a tutti i camerati uccisi”.
Lei, Monica, la ragazza intenta a leggere la Morte dell’inquisitore di Sciascia, faceva fatica a ricordare la sua faccia. Ma non lui che, nei pochi secondi del turbolento blitz, aveva fatto in tempo ad imprimere nella memoria quegli occhi azzurri e profondi. Avrebbero dovuto essere nemici giurati – e, in qualche modo, lo furono anche – invece diventarono amanti, sullo sfondo e dentro una città segnata dal ferro delle spranghe e dal piombo delle P38. È una storia di passioni dolci e violente Quello che veramente ami (Dario Flaccovio Editore, pp. 256, € 13,50) – titolo che prende spunto dai versi di Ezra Pound “Quello che veramente ami non ti sarà strappato/Quello che veramente ami è la tua eredità” – primo romanzo del palermitano Riccardo Arena, cronista giudiziario del Giornale di Sicilia e corrispondente per Il Foglio e Panorama.
«Un libro di speranza – lo ha definito nella postfazione Lirio Abbate – che canta, oltre all’amore tra i protagonisti, anche l’amore per la politica attiva, per la voglia di esserci e partecipare… un libro per giovani che non ci stanno a rassegnarsi e che vogliono combattere». Una vicenda che – senza scomodare a tutti i costi Pasolini – diventa metafora dei controversi anni Settanta: da un lato Enrico, il figlio del camerata Vittorio Corolla, reduce della Rsi inseguito dai fantasmi del passato, titolare di una ben poco redditizia libreria; dall’altro Monica, rampolla di un ricco industriale e di una donna annoiata, che gioca a fare la rivoluzione. I due si scontreranno e si incontreranno più volte, impegnati a salvarsi a vicenda da un destino che sembra già segnato, in una Nazione che piange le vittime di una guerra voluta da altri di cui sono diventati inconsapevoli protagonisti. Le loro vite imboccheranno strade diverse ma alla fine Enrico l’ex detenuto e Monica la giornalista si ritroveranno, nella Sicilia ferita nella coscienza dal tritolo della mafia, per un abbraccio intenso di fronte al mare «fresco e immenso» dove «finisce il deserto per sempre».
Pierluigi Biondi (L’Aquila, 1974), giornalista, scrive per il quotidiano Secolo d’Italia e la rivista Senzatitolo, trimestrale di teatro e cultura. Ha collaborato, in qualità di editor, al libro Tre punti e una linea. La storia attraverso la radio (ed. Teatroimmagine, 2007). Dal 2004 è sindaco di Villa Sant’Angelo (Aq).

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