giovedì 24 luglio 2008

Quest'estate mare o montagna? (tenzone semiseria su libri e vacanze di Marco Cimmino e Gabriele Marconi)

Tenzone semiseria sui libri e le vacanze
Quest’estate, mare o montagna?
di Marco Cimmino e Gabriele Marconi
Da Area di luglio-agosto 2008

E no, caro Gabriele, adesso, con la scusa del solito pezzullo prevacanziero sulle letture consigliate, non cercare di far passare l’ipotesi che il mare sia meglio della montagna. Ma vuoi mettere? Leggere Le nere di Buzzati, sparapanzati sotto un larice, ai piedi della Civetta, è un’operazione altamente filosofica: archeologia dell’anima e della mente. Leggere quel che vuoi tu, su di uno scoglio pieno di spunzoni, con il sole negli occhi, gli spruzzi sulle pagine e la famigliola a tre metri che discute sui tempi di cottura della pommarola, è accadimento al limite del masochismo.
La montagna è, innanzi tutto, riflessione: ti costringe a pensarci su, sia che te ne stia in ozio, sia che propaghi albuminoidi e idrocarburi aromatici per cenge o per sentieri.
Nel primo caso, i tuoi pensieri vagano, in una sorta di pausa catatonica, sulle cose della vita: sul passato e sul futuro, giacché il presente, come in ogni catatonia che si rispetti, ha cessato di esistere. Negli intervalli tra un coma e l’altro, suggerirei al valoroso scalatore la lettura di qualche divertente romanzetto, che sdrammatizzi, chessò: qualcosa di Wodehouse, di Munro, di Salinger.
Nel secondo, dopo aver concentrato i neuroni sul solito, inevitabile, “chi me l’ha fatto fare?”, i pensieri spaziano, sereni, illimitati, cristallini: come lago d’alpe, avrebbe canticchiato Bortoluzzi, ridendo sotto i baffi. E nel lago d’alpe ti ci puoi anche buttare: altro che O mare nero mare nero mare ne’..! Dopo il semicupio, tonificati e redenti, sarebbe estremamente giovevole dedicarsi a letture sanamente fisiche, del tipo dei romanzi di Andrea Vitali, o di qualche bel saggetto sulle abitudini erotiche di questo o di quello. Basta con le mummie, basta signori inanellati, spadoni incantati e maghi britanni: un po’ di sana patonza, al limite del disimpegno, questo richiede la montagna! Anche perché l’impegno, quello vero, non manca: chiamalo trekking, escursionismo, chiamalo canyoing, free climbing, arrampicata. Chiamalo come ti pare, ma, in montagna, se non sei una tarma, qualcosa di impegnativo da fare lo trovi di sicuro.
Ecco, pensa un po’ al caro, vecchio Adamello: uno si legge Evola, fra tigri da cavalcare e vette da raggiungere, e parte a manetta. Dalla teoria alla prassi. Dopo qualche centinaio di metri di parete, sul Mataròt o sul Cavento, i concetti del barone nero cominciano a farsi più netti, più definiti. E si capisce che le cose non basta leggerle: bisogna anche provarle. Lo so che lo sai: non fare finta di niente! Il mare che ti trasmette, in questo senso? Cosa fai: giochi a Joseph Conrad? Non c’è più il mare dei clipper, delle baleniere di Capitani coraggiosi: il mare è quello che solchi col pattino o, peggio, col motoryacht. Il mare dei cafonauti, come diceva Giorgio Falck. Se ci sono due ondine: bandiera rossa, e si resta a riva.
Lo so che tu non fai così, andiamo, non cambiare argomento: la mareggiata era uno degli eventi topici dell’estate roccellese, e il tuo tuffo ad angelo nel cavallone ha fatto scuola e creato leggenda. Ma il mare di tutti, il mare di quelli che si portano nella borsona di paglia l’ultimo bestseller di qualche scrittore iraniano, armeno o di sa il diavolo dove, è proprio quello. Il gelatino, l’arancino, la sdraina e il lettino: solo l’ombrellone ha un nome tonitruante, ma si riduce a povera cosa, con scritto su “Bagni Adelmo” o “Gelati Sanson”.
E poi la montagna è sfida, è prova fisica e caratteriale: ci vuole forza e ci vuole coraggio. Si presta anche alla lettura di qualcosa di più adrenalinico: saghe e battaglie possono diventare il fertilizzante mentale delle tue ascensioni. Andrebbe benissimo anche un’antologia dei sogni di Randolph Carter, magari curata da De Turris. Oppure, cercare il perduto Kadath, l’altopiano di Leng…C’è poco da fare, la montagna ti avvicina a Dio: il mare, tutt’al più, ai cefali! Pensa che quest’estate, in Trentino, sarò in vena talmente mistica che voglio leggere il tuo nuovo romanzo. Ammesso che me lo regali… E lo userò come cibo per la mente, quando me ne andrò con la mogliera e il bocia, a spasso per le lobbie: tra cielo e neve.
E poi, anche la morte, in mare e in montagna, è diversa: il mare ti ruba, ti nasconde e, poi, quando lo fa, ti restituisce gonfio, pavonazzo, sconciato. La montagna, quando ti vince, ti rende subito al cordoglio di altri alpinisti, addolorati e composti, stanchi per la salita disperata, per il soccorso infruttuoso. Ti stanno intorno, come in un funerale vichingo, ti portano a spalla, come un re del passato. Oppure ti affidano all’elicottero, e te ne scendi, volando come un’aquila, tra le vette che ti salutano con rispetto.
Dammi retta: macchè mare! Vita e morte sono migliori in montagna. Leggiti Aria sottile di Krakauer: porca l’oca, quella sì che era gente con le palle! La montagna è scuola di vita assoluta: ti impone preparazione lunga ed attenta, scelta accurata dei materiali e dei percorsi, decisione senza rischio arbitrario. La montagna non è un posto da fanfaroni: le compagnie di giovanoidi con gli scooter e l’aria da bulletti vanno bene fuori da una gelateria. Fuori da un rifugio alpino non sono soltanto ridicole: sono impossibili.
In montagna, perfino i fumetti assumono necessitanti caratteristiche: leggerai Valiant, Corto Maltese, non i manga. Tutto rallenta, in montagna, tutto assume una dimensione più umana, legata ai ritmi eterni della natura. E, poi, la montagna rappresenta la radice che affonda fino al centro della terra, la tradizione immutabile: la sicurezza, la solidità. Il mare è mutevole, sempre diverso e sempre uguale, pieno di pescioni che ti sfiorano le gambe con scivolosi inquietanti contatti. Sul suo fondo si nascondono chele di granchio, spine di riccio: il mare è traditore. La montagna è lì, che sembra dirti: io sono fatta così, dura, implacabile e, se vuoi misurarti con me, sappi a cosa vai incontro. Ma non troverai null’altro che questo: non misteri, non segreti, non agguati. La slavina cade perché la fai cadere e cade dove cadono di solito le slavine: cento metri più in là, nulla ti potrà capitare. La tragica fatalità, in montagna, si chiama imprudenza, imperizia, inesperienza.
Per riflettere debitamente su questo aspetto, consiglio a tutti il ponderoso tomo della Meditazione milanese, del Gadda: lì si troveranno descritte le necessità e i doveri della vita materiale e spirituale. Al mare, non la MM, ma anche qualunque altra pagina del circonvoluto risulterebbe indigeribile: miracoli alpini!
La montagna tonifica, il mare snerva: la montagna ricarica, al mare ti scarichi. In montagna ci sono salite e discese: al mare c’è il mare, e basta. Per colpa di Archimede, le discese e le salite nell’acqua non ci possono essere. E, ancora, in montagna mica c’è solo la montagna: ci sono i laghi, i fiumi, il golf e il tennis, la bicicletta, le bocce, perfino il curling, se te ne diletti. In montagna ci sono perfino i ritiri delle squadre di calcio, siano maledette in eterno!
Al mare si pesca, mi risponderai. Certo, se uno si legge Il vecchio e il mare di Hemingway, l’impressione è che esistano solo i marlin e che solo al mare si peschi: ma che dire delle trote, iridee, fario e salmonate, dei salmerini, dei persici, dei lucci, financo delle ineleganti alborelle? Ocché, si pesca solo al mare? Ma non diciamo fesserie! E in montagna, se ti piace sparacchiare a questo e quello, ci sono pernici e starne, ungulati e roditori: basta avere il permesso. Io personalmente, lo sai, sparerei ai cacciatori, dovendo scegliere: tuttavia, se uno ha l’uzzolo bacato di schioppettate gli animali, è in montagna che deve andare, mica alle Seychelles.
Pensandoci bene, poi, la montagna va bene sempre, e il mare, invece, no. Nessuno scriverebbe mai una canzone malinconica, intitolandola La montagna d’inverno: viceversa, c’è una nota canzone del nostro amato Enrico Ruggeri che farebbe venire il latte alle ginocchia a un ipercinetico fatto di coca, e che parla del mare nella brutta stagione. Che, in montagna, è una stagione bellissima.
Oh, insomma, finiamola qui: per la verità, a me piace anche il mare. Ma lo trovo, come dire, più limitato: meno a trecentosessanta gradi. Meno in tinta coi miei occhi, meno adatto al mio sistema nervoso. Lo trovo anche più affollato, meno eticamente selettivo: in Costa Smeralda la selezione è data dal numero di zeri sul conto in banca, i quali, senza dubbio, contano appunto come zeri e non più, se sei aggrappato a un diedro sulle Tofane. Un paio di scarponi è un paio di scarponi: il trentasette e mezzo e il quarantanove, più o meno, costano uguale. Un otto metri in plastica e un sessanta piedi del Pardo, invece, hanno costi parecchio diversi. E poi Capalbio: vuoi mettere Capalbio? E dove diavolo lo trovi, in montagna, un posto come Capalbio? Gente che al più broccolo dei rifugi non arriverebbe nemmeno con la bombola dell’ossigeno!
Ohiohi, più ne parlo, e più mi rendo conto che ho posto male il problema: la questione non è tra mare e montagna, quanto tra la gente che va in vacanza al mare e quella che va in montagna. E finirei con l’attaccare la solita predica di destra, o tempora o mores, che mi è già costata il posto una volta: meglio soprassedere e chiuderla qui.
Un ultima riflessione: chissà se il povero disperato che ci sta leggendo si trova al mare o ai monti? E chissà se si riconosce o meno nelle nostre bischerate? L’importante è che si sia portato dietro qualche altra lettura, perché, se dovesse tirare avanti con i nostri botta e risposta, mare o montagna, sai che due palle?
Buone vacanze.
Marco

E no, caro Marco, non c’è pezzullo vacanziero che tenga. Lungi da me il pretender di farti dire che il mare è meglio dei monti. Giammai potrei pensare che rimpiangi le estati calabre a bere scirubbetta e a girellare fino all’alba senz’altro pensiero che quello di cantare, ballare e fare il bagno a mezzanotte in dolce compagnia…
(Ecco, t’ho piazzato il colpo basso in apertura, così posso continuare in scioltezza…).
Il mare, dici, modello ferragosto afoso e sudaticcio… Ma perché, bisogna leggere per forza su scogli puntuti e affollati? Dico, hai presente le migliaia di chilometri di comodissime spiagge che deliziano il mare nostro? Per non parlare di altri mari, quelli esotici, che con questi chiari di luna ti vendono a prezzi stracciati… Ombrellone, sdraio, bibita… piedi a mollo… O la spiaggia davanti a te col sole a picco, e i roventi ciottoli calabri vicino a riva da raggiungere col passo lento e sicuro di un legionario di Sidi bel Abbes… sdraiarsi là, con le cellule che sembrano sfrigolare piano… e il mare a un passo, come una carezza divina…
Ma vuoi davvero paragonare l’ozio marino? Dico, qualcuno ricorda altri ozi mitici che quelli di Sibari? E non mi sembra di ricordare che fosse un villaggio alpino…
Il sole, il sale e il mare invitano a letture evocative di simili orizzonti… Iliade, Odissea, le vicende immortali dei Normanni o del Falco di Svevia, Federico II; o ancora, per venire a più recenti stampe, Le porte di fuoco di Steven Pressfield.
Il Meridione invita a pensieri di grandezze passate e nostalgia di grandi cose. Ce n’è per tutti i gusti: da L’eredità della priora, grande romanzo di Carlo Alianello sul brigantaggio filoborbonico, a Il bianco sole dei vinti, nel quale Dominique Venner racconta l’epopea sudista durante la Guerra di secessione americana.
Se poi non hai voglia di struggerti di ricordi o di sole, resta sempre lo sbracarsi all’ombra di una palma o di un semplice ombrellone. E a rincarar la dose di dolcissimo far niente, proporrei il Don Giovanni in Sicilia di Vitaliano Brancati, per godersi senza fatica le avventure del sicilianissimo Giovanni Percolla e dei suoi amici, ai quali «i discorsi sulle donne davano un maggior piacere che le donne stesse». E parlando di piacere non puoi ignorare l’emblema massimo dell’abbandono, la mediterranea “controra”, da esaltare con la pennica o - se si vuole - con una lettura (qui son d’accordo con te, caro Marco) di sano erotismo pagano: I cinque sensi o le cinque forme del piacere, di Fiammetta Oselladori per le Librette di Controra.
Che poi si torni da un tuffo in acque profonde, da una regata o da un rotolarsi indolente su bagnasciuga, non ci sono solo le pagine immortali di Conrad, Melville o Hemingway, o del sole infuocato che rallenta il passo degli amabili fannulloni di Pian della tortilla di Steinbeck: c’è il mare avventurosissimo di Bernard Cornwell e dei suoi Girasoli.
Per quel che mi riguarda - malgrado l’istinto mi imponga di quando in quando un exploit per marcare il territorio - la vacanza merita l’ozio totale, altro che tarma, Marco mio! Alga, voglio essere, mossa solo dalle onde, fluttuante nel nulla. Dalla pace raggiunta, poi, potrò solleticare il mio spirito sfogliando altrui imprese (visto che le mie, oltre che leggenda, hanno prodotto una spalla lussata…): comincerei con Le avventure del capitano Hornblower, di Cecil Scott Forester, oppure, non avendo voglia e tempo di sciropparsi le 1945 paginone di abbordaggi e ribellioni, epidemie e tradimenti, c’è sempre Una ballata del mare salato, di Hugo Pratt, sia in versione romanzo e sia in quella imaginifica e più famosa del Corto Maltese a fumetti. E già, che poi tu Corto Maltese me lo citi come lettura da fare sulle cime nordiche… E certo, perché Corto è un alpinista, no? Dai, lo so che qui stiamo tutti e due a forzare i ragionamenti per averla vinta, ma quando è troppo è troppo! Corto Maltese è marinaio, gentiluomo di fortuna, avventuroso e combattente disincantato, che quando non va per mare è solo per disgrazia.
Seriamente: ma davvero il mare è solo folla sudore coattume? Per chi ha ghiribizzi sportivi, ce n’è per tutti i gusti. Lo sai bene che il mare offre questo e quello: non c’è solo bagnasciuga per famiglie sovrappeso, ma fondali fantastici per incursori bombolati o apneici. Leggiti, allora Teste di rame, di Francesca Giacchè, che racconta le operazioni subacquee dei palombari italiani lungo il Novecento, o meglio ancora quello su Teseo Tesei e gli assaltatori della Regia marina, di Gianni Bianchi, così poi ne riparliamo.
Per quanto mi riguarda, quando (il più raramente possibile) il sole modello deserto mi ispira imprese epiche, ho sempre la mia canoa per rodeare sui cavalloni…
Se poi vogliamo fare a chi ce l’ha più grosso, metto giù sul piatto i surfisti de noantri, che non sono pochi, e quelli che s’impennano col kitesurf, appesi agli aquiloni, che non finiranno in alto come quelli del parapendio, ma sono bei pazzi, fidati! Piacerebbe anche a te, che in quanto a lavoro fisico vai a mille per mantenere il fisicaccio che hai duramente raggiunto negli ultimi tempi.
Dici della pesca, poi, che ormai in mare è cosa da poco… ma non ci sono solo i marlin da tirar su, ché per chi sta lì con la canna, anche un sarago ben piazzato è preda da non disdegnare dopo un pomeriggio passato a ponzare intorno ai massimi sistemi con la minima fatica.
Sì, lo so bene che scendendo in spiaggia, quello che vedi prima è folla unta di creme e gonfia di insalata di riso, ma tutto sta nell’andarsi a capare un po’ di solitudine, di profondità o di movimento (in senso di movida).
Ah, già! Il movimento… Ma vuoi mettere la dolce vita marina con quella montana? Già me lo immagino: e dopo l’ascesa al Monte Aguzzo, tutti dalla sciura Clara a suonare la fisarmonica! Pietà, oh pietà… Ti sei già dimenticato il Lido Flora e il Tam Tam? Non vado oltre perché per i tre nostri lettori è come parlare in codice, ma insomma, quando mai si associa divertimento e rimorchio alla montagna? Una rotonda è sul mare, come il sapore del sale e gli ombrelloni-oni-oni. Punto. E se proprio si deve filosofare, vogliamo fare a gara tra pensatori mediterranei e alpini? Non è per niente che il cretinismo per mancanza di iodio si chiama alpino. Andiamo, non voglio infierire…
Sì, la montagna è radice e tradizione immutabile, è vero, però il mare è confine da superare, lasciando i porti familiari per cercare nuovi approdi e, solo così, crescere e rinnovarsi. Non per niente gli italiani sono un popolo di poeti, santi e navigatori…
Preferisco il mare, non c’è che dire. E se proprio ci devo pensare, sai bene che mi piace pure d’inverno, coi suoi cavalloni giganti come gobbe di possenti draghi sotto un cielo corrusco e tempestoso… Dai, ce n’è di che innalzarsi! E d’altra parte, almeno il mare d’inverno qualcuno l’ha cantato, mica come la montagna d’estate che non se la fila nessuno…
Vabbe’, anch’io ho da ammettere una cosa: d’inverno la montagna piace pure a me, dico la verità, ma non certo quella delle file alla seggiovia e su e giù a manetta tra snowboardisti rasta che ti passano sugli sci senza neanche chiedere il permesso! A me piace la solitudine degli spazi deserti in escursione coi miei fidati sci da fondo, faticando e sudando e ansimando come un mantice, preferibilmente in salita… perché alla fine della fiera possa dire «ma chi me l’ha fatto fare? Meglio, di molto meglio il mare».
Un ultima cosa… dove vanno in vacanza i nostri lettori, dici? Coi tempi che corrono, restano in città o al massimo vanno al lago.
In ogni caso, buone vacanze a tutti. E che le pagine siano con voi.
Gabriele

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mar Ligure, zaino minimo e massima dotazione due libri due: Pavel Aleksandrovic Florenskji, Iconostasi, Roberto Perrone, La lunga. Divagare è obbligatorio...con sano spirito borghese.
I. G.