La settimana di ferragosto incombe. Gli indecisi scelgano: di qua o di là. Mare o montagna. E proprio su vacanze e libri Gabriele Marconi e Marco Cimmino si sono affrontati in una singolar tenzone – semiseria – sul numero di Area in edicola. Sì, perché le agognate ferie possono rappresentare (anche) il trampolino da cui tuffarsi nel piacere della lettura o, assumendo la montagna a metafora, per scalare nuove vette.
«Il sole, il sale e il mare invitano a letture evocative di simili orizzonti – scrive il direttore responsabile di Area – e quindi si possono riscoprire opere come l’Iliade e l’Odissea. Che poi si torni da una regata o da un rotolarsi indolente sul bagnasciuga, ci sono le pagine immortali di Conrad, Melville o Hemingway». Cimmino, di tutt’altro avviso, propone i libri di Krakauer: «La montagna è scuola di vita assoluta. Non è un posto da fanfaroni: le compagnie di giovanoidi con gli scooter e l’aria da bulletti vanno bene fuori da una gelateria. Fuori da un rifugio alpino non sono soltanto ridicole, sono impossibili».
L’invito – comune – è a riprendere in mano i classici. Salvo lodevoli eccezioni, il panorama editoriale non sembra offrire grandi stimoli. «A causa della povertà della nostra letteratura o della pusillanimità di editori che non vanno oltre il proprio naso – ha denunciato Paolo Di Stefano sul Corsera – non si producono più longseller di qualità ma solo bestseller di breve durata». La questione, peraltro, potrebbe farsi ancora più complicata se ci mettessimo a cavillare sui generi… libri storici, gialli, noir, fantasy…
Perché sceglierne uno – diciamo noi – quando si può averli tutti insieme sapientemente miscelati? In un longseller che pure non avrà Omero come padre ma uno dei più “agguerriti” (ri)fondatori dell’avventura in un interminabile secondo dopoguerra incupito dal dogma realista. Parliamo di Sergio Bonelli, ovviamente. E, per una volta, non nei panni dell’editore per eccellenza delle nuvole parlanti ma di autore, perché Guido Nolitta altri non è che lo pseudonimo scelto da Bonelli per evitare confusioni con il papà Gianluigi, creatore di Tex. E il longseller in questione è il fratello maggiore di Mister No, Zagor, una delle sue creature più originali e longeve, “nata” nel giugno 1961, data di uscita dell’ormai mitico albo numero 1, La foresta degli agguati, e sceneggiata da Bonelli in persona sino al settembre del 1980. Da oltre 47 anni ininterrottamente in edicola. E non solo. Proprio nei giorni scorsi questo straordinario personaggio ha ricevuto l’onore dell’Oscar… Mondadori (Zagor. Lo spirito con la scure pp. 442 € 13), un libro preziosissimo, oltre che per gli appassionati, vecchi e nuovi, che a decine di migliaia ne seguono fedelmente le storie mensili nella collana Zenith Gigante e animano diversi forum “specialistici” su internet, anche per chi volesse approfondirne la conoscenza.
Diciamolo subito: Zagor non è il solito “raddrizzatorti” di ambientazione western come se ne erano visti tanti, prima di lui, nella storia del fumetto popolare italiano. Anche se ha scelto per sé il suggestivo nome di Spirito con la scure, Za-gor-te-nay nel dialetto degli indiani Algonquini, non si tratta dell’eroe senza macchia che non sbaglia un colpo. Lui stesso – come Nolitta/Bonelli rivela in Zagor racconta, introvabile albo del 1969 contenuto insieme ad altri dei più belli della serie nella citata antologia edita dalla Mondadori – si è macchiato di una terribile strage per vendicare il barbaro assassinio dei suoi genitori a opera di una banda di indiani Abenaki che l’ha lasciato orfano a dieci anni. Salvo poi scoprire che il padre, ufficiale dell’esercito ritiratosi a vivere da pioniere nei boschi, anni prima si era reso a sua volta colpevole di un massacro di pellerossa. Morale: «La verità e la giustizia non si trovano mai dalla stessa parte». Da qui la decisione di Zagor di dedicare la propria vita a promuovere la pace tra indiani e bianchi. E che nessuno se n’esca con amenità del tipo “difensore dei deboli”. Non si fa scrupolo, all’occorrenza, di rimettere a posto gli uni e gli altri, siano essi ufficiali guerrafondai, militari corrotti o indiani troppo esagitati. Esaurita senza troppi convenevoli la fase diplomatica, il nostro passa ad argomenti decisamente più convincenti: cazzotti e pistolettate.
Nell’introduzione al volume è lo stesso Sergio Bonelli a raccontare il suo incontro con il coautore grafico di Zagor, Gallieno Ferri, la comune passione per grandi cartoonist quali Alex Raymond (l’autore di Flash Gordon), Ray Moore (L’Uomo Mascherato), Clarence Gray (Brick Bradford), Lyman Young (Cino e Franco) e Burne Hogart (Tarzan) e soprattutto del suo Zagor.
E non a caso la fisicità di quest’ultimo ricalca proprio quella robusta del Tarzan a fumetti di Hogart, anche se l’agilità con cui Zagor balza di liana in liana ricorda piuttosto il signore delle scimmie interpretato dall’olimpionico Johnny Weissmuller nei B-movies, film di cui Bonelli è sempre stato un ammiratore dichiarato.
Iniziato all’uso della scure da Wondering Fitzy, il trapper che l’ha cresciuto, Zagor indossa un costume – casacca rossa con maniche sfrangiate, un’aquila stilizzata sul petto, pantaloni blu e stivali con frange – realizzato appositamente per lui dai Sullivan, una famiglia di saltimbanchi e illusionisti scampata grazie al suo intervento a un’imboscata. È a loro che Zagor deve la sua prima apparizione, dal forte impatto scenico, nel gran consiglio di Primavera, l’incontro annuale di tutti i capi tribù indiani. Annunciato da un finto tuono provocato da tamburi di lamiera e da fuochi pirotecnici, compare su una collina come uno spirito sceso dal cielo, sconfigge in un duello a colpi di scure l’unico capo tribù che non ne riconosce l’autorità e se ne va lanciando il suo grido di battaglia, ormai celebre: «Aayaaak!». Da allora la sua fama si è consolidata in centinaia di albi, mitizzato dagli indiani e rispettato dai bianchi. Accompagnato dall’inseparabile Cico, messicano imbranato quanto chiacchierone e dall’aspetto tutt’altro che marziale. Basso e grasso, avrà anche lui il suo nome indiano: “piccolo uomo dal grande ventre”.
«Per distinguere Zagor dagli altri protagonisti western che affollavano le edicole in quegli anni – ha spiegato Bonelli – decisi che il mio eroe non sarebbe stato un rider, un cavaliere, bensì un walker, un camminatore. Uno che va a piedi, che attraversa pianure e foreste un passo dopo l’altro. La rinuncia al classico mezzo di locomozione, il cavallo, mi suggerì di studiare un microcosmo pittoresco e variegato, un piccolo mondo irreale ma fermamente stabilito, che mettesse alla portata di un buon maratoneta le più esotiche e fantasiose avventure: una sterminata foresta, ingiustificatamente ricca di liane, di alberi e di temperature equatoriali, incastonata misteriosamente tra le regioni dell’Ohio, della Pennsylvania e della Virginia. Non cercatela, dunque, sulle cartine geografiche, anche se io ve ne ricorderò il nome: Darkwood!».
Una regione immaginaria, ricca però di riferimenti storico-geografici reali, dai nomi delle tribù indiane a quelli degli avamposti militari, un microcosmo fermo ai primi decenni dell’Ottocento e in larga parte ancora selvaggio e inesplorato. Come Aquilonia, la nazione dell’Era Hyboriana di cui fu sovrano Conan il barbaro, Avalon, l’isola delle nebbie che accolse il corpo senza vita di Re Artù, La Terra di Mezzo del Signore degli anelli, Narnia, Eldorado e le sette città di Cibola, la Sherwood di Robin Hood e la Mompracem di Sandokan, anche Darkwood appartiene di diritto alle terre di nessuno, ovvero a quei luoghi verosimili ma inesistenti che si nascondono tra le pagine di un romanzo o di un fumetto e che il più delle volte sono rintracciabili solo negli atlanti della fantasia. Ma a rendere questa terra diversa dalle altre è la sua essenza di spazio aperto, di universo senza barriere – un multiverso – in cui confluiscono liberamente, in una sorta di gioiosa anarchia libertaria, mille altre terre di nessuno. Partendo da una ambientazione da Vecchia Frontiera, infatti, Bonelli, con l’aiuto della matita visionaria di Ferri, trasforma la foresta in un magico Altrove dove tutto può accadere e dal western si passa in un attimo all’horror, alla magia, alla fantascienza, ad epoche antiche, all’avventura pura fatta di viaggi in terre inesplorate e misteriose… «Di fronte a tutte queste sconvolgenti meraviglie, Zagor si sentirà ogni volta perfettamente a suo agio: come un uomo – anzi, come un fanciullo – che non ha perso, crescendo, l’abitudine di abbandonarsi al richiamo dell’ignoto, al fascino dell’impossibile, al piacere di un nuovo pericolosissimo viaggio oltre i confini della realtà».
E Zagor è un irriducibile vagabondo, come l’Huckleberry Finn di Mark Twain e l’Ismaele di Moby Dick, ma anche come Bruce Chatwin, Jack Kerouac e gli inquieti rappresentanti della Beat generation. Un camminatore “on the road” che non esita a lasciare il proprio rifugio, una capanna spettrale in un isolotto circondato da una palude piena di sabbie mobili, per salire a bordo di navi e altri mezzi di fortuna sino ad arrivare in paesi esotici e lontani come il Messico, la Groenlandia, la Scozia, l’Africa e persino in luoghi superstiti di civiltà dimenticate come quella vichinga, preistorica, di Atlantide e Mu.
E uno degli scenari dell’avventura più suggestivi – oltre che refrigerante, considerato il periodo – è quello offerto dalle nevi del Nord, protagoniste dei racconti di Jack London e di altri narratori cari a Bonelli. Ed è proprio questa la location del Maxi Zagor annuale Corsa Mortale (pp. 320, € 6,20), da pochi giorni in edicola. In questa storia, infatti, Zagor si trova coinvolto in una vera e propria gara di “sleddog”, cioè la corsa tra slitte, una disciplina sportiva tutt’oggi praticata anche in Italia, dove conta numerosi appassionati e persino dei campioni come Elvezio Pesci, che è stato detentore del titolo europeo e ha fornito la sua consulenza allo sceneggiatore Mirko Perniola per la realizzazione dell’albo.
In realtà – come è puntualizzato nella seconda di copertina – ai tempi di Zagor non si disputavano ancora corse agonistiche e le slitte venivano usate soltanto da trapper e cercatori d’oro. Lo “sleeddog” moderno, infatti, nasce con la “All Alaska Sweepstakes” del 1908, una corsa lunga oltre 400 miglia. E non si può parlare di “sleddog” senza citare la “Iditarod”, che fa rivivere ogni anno l’emozionante “Corsa del Siero” con la quale una staffetta portò nel 1925 un medicinale salvavita da Anchorage a Nome, percorrendo in poco più di cinque giorni il tragitto che i normali corrieri facevano in venticinque. Il siero venne trasportato per 674 miglia con una temperatura media di 40 gradi sotto zero: la storia è stata resa famosa dal film di animazione, Balto, il cui protagonista è un cane coraggioso. E non è certamente l’unica volta che l’animazione corre in soccorso di chi è in difficoltà. Persino l’Onu ha chiesto aiuto all’Uomo Ragno per rilucidare a nuovo la sua traballante immagine. L’editrice Marvel, casa madre di personaggi come l’Uomo Ragno, Capitan America, i Fantastici Quattro e l’Incredibile Hulk, ha avuto l’incarico di realizzare un libro a fumetti che sarà distribuito gratuitamente nelle scuole americane e nel quale i supereroi lavorano per le Nazioni Unite a favore della pace e contro le malattie. Così facendo l’Onu spera, probabilmente, di sensibilizzare i più giovani al valore della cooperazione internazionale. Ma che a nessuno venga in mente di fare di Zagor – pubblicato anche in Francia, Spagna, Romania, Brasile, Portogallo, Grecia, Turchia e altri paesi – il testimonial del mediatore culturale o del poliziotto di quartiere. «Per mille scalpi» - come dice quando perde le staffe - un colpo di scure potrebbe aprirvi la testa come una noce di cocco. Solo dopo potrete discuterne con lui.
«Il sole, il sale e il mare invitano a letture evocative di simili orizzonti – scrive il direttore responsabile di Area – e quindi si possono riscoprire opere come l’Iliade e l’Odissea. Che poi si torni da una regata o da un rotolarsi indolente sul bagnasciuga, ci sono le pagine immortali di Conrad, Melville o Hemingway». Cimmino, di tutt’altro avviso, propone i libri di Krakauer: «La montagna è scuola di vita assoluta. Non è un posto da fanfaroni: le compagnie di giovanoidi con gli scooter e l’aria da bulletti vanno bene fuori da una gelateria. Fuori da un rifugio alpino non sono soltanto ridicole, sono impossibili».
L’invito – comune – è a riprendere in mano i classici. Salvo lodevoli eccezioni, il panorama editoriale non sembra offrire grandi stimoli. «A causa della povertà della nostra letteratura o della pusillanimità di editori che non vanno oltre il proprio naso – ha denunciato Paolo Di Stefano sul Corsera – non si producono più longseller di qualità ma solo bestseller di breve durata». La questione, peraltro, potrebbe farsi ancora più complicata se ci mettessimo a cavillare sui generi… libri storici, gialli, noir, fantasy…
Perché sceglierne uno – diciamo noi – quando si può averli tutti insieme sapientemente miscelati? In un longseller che pure non avrà Omero come padre ma uno dei più “agguerriti” (ri)fondatori dell’avventura in un interminabile secondo dopoguerra incupito dal dogma realista. Parliamo di Sergio Bonelli, ovviamente. E, per una volta, non nei panni dell’editore per eccellenza delle nuvole parlanti ma di autore, perché Guido Nolitta altri non è che lo pseudonimo scelto da Bonelli per evitare confusioni con il papà Gianluigi, creatore di Tex. E il longseller in questione è il fratello maggiore di Mister No, Zagor, una delle sue creature più originali e longeve, “nata” nel giugno 1961, data di uscita dell’ormai mitico albo numero 1, La foresta degli agguati, e sceneggiata da Bonelli in persona sino al settembre del 1980. Da oltre 47 anni ininterrottamente in edicola. E non solo. Proprio nei giorni scorsi questo straordinario personaggio ha ricevuto l’onore dell’Oscar… Mondadori (Zagor. Lo spirito con la scure pp. 442 € 13), un libro preziosissimo, oltre che per gli appassionati, vecchi e nuovi, che a decine di migliaia ne seguono fedelmente le storie mensili nella collana Zenith Gigante e animano diversi forum “specialistici” su internet, anche per chi volesse approfondirne la conoscenza.
Diciamolo subito: Zagor non è il solito “raddrizzatorti” di ambientazione western come se ne erano visti tanti, prima di lui, nella storia del fumetto popolare italiano. Anche se ha scelto per sé il suggestivo nome di Spirito con la scure, Za-gor-te-nay nel dialetto degli indiani Algonquini, non si tratta dell’eroe senza macchia che non sbaglia un colpo. Lui stesso – come Nolitta/Bonelli rivela in Zagor racconta, introvabile albo del 1969 contenuto insieme ad altri dei più belli della serie nella citata antologia edita dalla Mondadori – si è macchiato di una terribile strage per vendicare il barbaro assassinio dei suoi genitori a opera di una banda di indiani Abenaki che l’ha lasciato orfano a dieci anni. Salvo poi scoprire che il padre, ufficiale dell’esercito ritiratosi a vivere da pioniere nei boschi, anni prima si era reso a sua volta colpevole di un massacro di pellerossa. Morale: «La verità e la giustizia non si trovano mai dalla stessa parte». Da qui la decisione di Zagor di dedicare la propria vita a promuovere la pace tra indiani e bianchi. E che nessuno se n’esca con amenità del tipo “difensore dei deboli”. Non si fa scrupolo, all’occorrenza, di rimettere a posto gli uni e gli altri, siano essi ufficiali guerrafondai, militari corrotti o indiani troppo esagitati. Esaurita senza troppi convenevoli la fase diplomatica, il nostro passa ad argomenti decisamente più convincenti: cazzotti e pistolettate.
Nell’introduzione al volume è lo stesso Sergio Bonelli a raccontare il suo incontro con il coautore grafico di Zagor, Gallieno Ferri, la comune passione per grandi cartoonist quali Alex Raymond (l’autore di Flash Gordon), Ray Moore (L’Uomo Mascherato), Clarence Gray (Brick Bradford), Lyman Young (Cino e Franco) e Burne Hogart (Tarzan) e soprattutto del suo Zagor.
E non a caso la fisicità di quest’ultimo ricalca proprio quella robusta del Tarzan a fumetti di Hogart, anche se l’agilità con cui Zagor balza di liana in liana ricorda piuttosto il signore delle scimmie interpretato dall’olimpionico Johnny Weissmuller nei B-movies, film di cui Bonelli è sempre stato un ammiratore dichiarato.
Iniziato all’uso della scure da Wondering Fitzy, il trapper che l’ha cresciuto, Zagor indossa un costume – casacca rossa con maniche sfrangiate, un’aquila stilizzata sul petto, pantaloni blu e stivali con frange – realizzato appositamente per lui dai Sullivan, una famiglia di saltimbanchi e illusionisti scampata grazie al suo intervento a un’imboscata. È a loro che Zagor deve la sua prima apparizione, dal forte impatto scenico, nel gran consiglio di Primavera, l’incontro annuale di tutti i capi tribù indiani. Annunciato da un finto tuono provocato da tamburi di lamiera e da fuochi pirotecnici, compare su una collina come uno spirito sceso dal cielo, sconfigge in un duello a colpi di scure l’unico capo tribù che non ne riconosce l’autorità e se ne va lanciando il suo grido di battaglia, ormai celebre: «Aayaaak!». Da allora la sua fama si è consolidata in centinaia di albi, mitizzato dagli indiani e rispettato dai bianchi. Accompagnato dall’inseparabile Cico, messicano imbranato quanto chiacchierone e dall’aspetto tutt’altro che marziale. Basso e grasso, avrà anche lui il suo nome indiano: “piccolo uomo dal grande ventre”.
«Per distinguere Zagor dagli altri protagonisti western che affollavano le edicole in quegli anni – ha spiegato Bonelli – decisi che il mio eroe non sarebbe stato un rider, un cavaliere, bensì un walker, un camminatore. Uno che va a piedi, che attraversa pianure e foreste un passo dopo l’altro. La rinuncia al classico mezzo di locomozione, il cavallo, mi suggerì di studiare un microcosmo pittoresco e variegato, un piccolo mondo irreale ma fermamente stabilito, che mettesse alla portata di un buon maratoneta le più esotiche e fantasiose avventure: una sterminata foresta, ingiustificatamente ricca di liane, di alberi e di temperature equatoriali, incastonata misteriosamente tra le regioni dell’Ohio, della Pennsylvania e della Virginia. Non cercatela, dunque, sulle cartine geografiche, anche se io ve ne ricorderò il nome: Darkwood!».
Una regione immaginaria, ricca però di riferimenti storico-geografici reali, dai nomi delle tribù indiane a quelli degli avamposti militari, un microcosmo fermo ai primi decenni dell’Ottocento e in larga parte ancora selvaggio e inesplorato. Come Aquilonia, la nazione dell’Era Hyboriana di cui fu sovrano Conan il barbaro, Avalon, l’isola delle nebbie che accolse il corpo senza vita di Re Artù, La Terra di Mezzo del Signore degli anelli, Narnia, Eldorado e le sette città di Cibola, la Sherwood di Robin Hood e la Mompracem di Sandokan, anche Darkwood appartiene di diritto alle terre di nessuno, ovvero a quei luoghi verosimili ma inesistenti che si nascondono tra le pagine di un romanzo o di un fumetto e che il più delle volte sono rintracciabili solo negli atlanti della fantasia. Ma a rendere questa terra diversa dalle altre è la sua essenza di spazio aperto, di universo senza barriere – un multiverso – in cui confluiscono liberamente, in una sorta di gioiosa anarchia libertaria, mille altre terre di nessuno. Partendo da una ambientazione da Vecchia Frontiera, infatti, Bonelli, con l’aiuto della matita visionaria di Ferri, trasforma la foresta in un magico Altrove dove tutto può accadere e dal western si passa in un attimo all’horror, alla magia, alla fantascienza, ad epoche antiche, all’avventura pura fatta di viaggi in terre inesplorate e misteriose… «Di fronte a tutte queste sconvolgenti meraviglie, Zagor si sentirà ogni volta perfettamente a suo agio: come un uomo – anzi, come un fanciullo – che non ha perso, crescendo, l’abitudine di abbandonarsi al richiamo dell’ignoto, al fascino dell’impossibile, al piacere di un nuovo pericolosissimo viaggio oltre i confini della realtà».
E Zagor è un irriducibile vagabondo, come l’Huckleberry Finn di Mark Twain e l’Ismaele di Moby Dick, ma anche come Bruce Chatwin, Jack Kerouac e gli inquieti rappresentanti della Beat generation. Un camminatore “on the road” che non esita a lasciare il proprio rifugio, una capanna spettrale in un isolotto circondato da una palude piena di sabbie mobili, per salire a bordo di navi e altri mezzi di fortuna sino ad arrivare in paesi esotici e lontani come il Messico, la Groenlandia, la Scozia, l’Africa e persino in luoghi superstiti di civiltà dimenticate come quella vichinga, preistorica, di Atlantide e Mu.
E uno degli scenari dell’avventura più suggestivi – oltre che refrigerante, considerato il periodo – è quello offerto dalle nevi del Nord, protagoniste dei racconti di Jack London e di altri narratori cari a Bonelli. Ed è proprio questa la location del Maxi Zagor annuale Corsa Mortale (pp. 320, € 6,20), da pochi giorni in edicola. In questa storia, infatti, Zagor si trova coinvolto in una vera e propria gara di “sleddog”, cioè la corsa tra slitte, una disciplina sportiva tutt’oggi praticata anche in Italia, dove conta numerosi appassionati e persino dei campioni come Elvezio Pesci, che è stato detentore del titolo europeo e ha fornito la sua consulenza allo sceneggiatore Mirko Perniola per la realizzazione dell’albo.
In realtà – come è puntualizzato nella seconda di copertina – ai tempi di Zagor non si disputavano ancora corse agonistiche e le slitte venivano usate soltanto da trapper e cercatori d’oro. Lo “sleeddog” moderno, infatti, nasce con la “All Alaska Sweepstakes” del 1908, una corsa lunga oltre 400 miglia. E non si può parlare di “sleddog” senza citare la “Iditarod”, che fa rivivere ogni anno l’emozionante “Corsa del Siero” con la quale una staffetta portò nel 1925 un medicinale salvavita da Anchorage a Nome, percorrendo in poco più di cinque giorni il tragitto che i normali corrieri facevano in venticinque. Il siero venne trasportato per 674 miglia con una temperatura media di 40 gradi sotto zero: la storia è stata resa famosa dal film di animazione, Balto, il cui protagonista è un cane coraggioso. E non è certamente l’unica volta che l’animazione corre in soccorso di chi è in difficoltà. Persino l’Onu ha chiesto aiuto all’Uomo Ragno per rilucidare a nuovo la sua traballante immagine. L’editrice Marvel, casa madre di personaggi come l’Uomo Ragno, Capitan America, i Fantastici Quattro e l’Incredibile Hulk, ha avuto l’incarico di realizzare un libro a fumetti che sarà distribuito gratuitamente nelle scuole americane e nel quale i supereroi lavorano per le Nazioni Unite a favore della pace e contro le malattie. Così facendo l’Onu spera, probabilmente, di sensibilizzare i più giovani al valore della cooperazione internazionale. Ma che a nessuno venga in mente di fare di Zagor – pubblicato anche in Francia, Spagna, Romania, Brasile, Portogallo, Grecia, Turchia e altri paesi – il testimonial del mediatore culturale o del poliziotto di quartiere. «Per mille scalpi» - come dice quando perde le staffe - un colpo di scure potrebbe aprirvi la testa come una noce di cocco. Solo dopo potrete discuterne con lui.
P.S.
Dal sito della Sergio Bonelli Editore:
4 ottobre Raduno zagoriano a Roma
Zagor a Roma con spiritoconlascure.it: il consueto raduno autunnale del forum Zagoriano SCLS, quest'anno si svolgerà a Roma, in concomitanza della kermesse di Romics (nell'ambito della quale è prevista la firma di alcuni autori zagoriani presso lo stand Bonelli, di cui vi daremo notizia in seguito). L'evento clou sarà la cena di sabato 4 ottobre, dove i forumisti si incontreranno con numerosi autori". Per informazioni e prenotazioni clicca sull'immagine che segue...
4 ottobre Raduno zagoriano a Roma
Zagor a Roma con spiritoconlascure.it: il consueto raduno autunnale del forum Zagoriano SCLS, quest'anno si svolgerà a Roma, in concomitanza della kermesse di Romics (nell'ambito della quale è prevista la firma di alcuni autori zagoriani presso lo stand Bonelli, di cui vi daremo notizia in seguito). L'evento clou sarà la cena di sabato 4 ottobre, dove i forumisti si incontreranno con numerosi autori". Per informazioni e prenotazioni clicca sull'immagine che segue...
2 commenti:
Bentornato!
Finalmente!!
Grazie Gio', benritrovato!
Posta un commento