Dal Secolo d'Italia di venerdì 17 ottobre 2008
Come al solito l’establishment fatica a interpretare i fenomeni sociali, soprattutto quelli più spontanei, che nascono quasi improvvisamente e per impulso a prima vista irrazionale. Sta accadendo, ancora una volta, con quest’ultima stagione di movimentismo studentesco. La stampa parla di “nuovi ribelli”, di una generazione che si sente scippata del futuro e che vuole tornare a dire la propria, a partecipare, a incidere. Ma qualcuno, come al solito, rischia di non capirci niente e di chiudere ogni possibilità di comunicazione con queste nuove generazioni. C’è chi, da sinistra, pensa di cavalcare il fenomeno, cercando di canalizzarlo in una banale opposizione al governo e all’annunciata ultima riforma della scuola.
Ma c’è anche chi, dal versante opposto, demonizza i ragazzi, non ne comprende la valenza postideologica, si rinchiude a riccio alle loro aspettative così come i benpensanti e i superficiali fecero alla vigilia del ’68, spingendo a sinistra tutta una generazione «Niente è più gratuito della ribellione», ha scritto ieri Adriano Sofri ridicolizzando entrambi questi approcci. A cominciare dallo stupore del cronista per l’assenza di motivazioni razionali espressa dai ragazzi mobilitati. «Lo scrupoloso cronista – annota Sofri – non sa di cosa parla. Non prendetelo per attivismo o per irrazionalismo, ma quando arrivano certe primavere dei popoli, o delle scolaresche, spesso in ottobre, prima ci si mette in cammino, poi si scopre perché». È sempre stato così, del resto. L’ex leader del Sessantotto a Pisa ricorda infatti che anche quarant’anni fa, quando il pretesto fu la mobilitazione contro la ventilata riforma Gui dell’università, «nessuno dei veri attori di quel movimento e inalberatori di cartelli sapeva cosa fosse la riforma ovvero la legge 2314, né gliene importava niente». E aggiunge, pure, che adesso si dice fosse una riforma accettabile. Ma il provvedimento, appunto, era solo un pretesto. «Avevano voglia di ribellarsi», aggiunge Sofri. Punto e basta.
E la stessa cosa sta avvenendo in questi giorni. Ecco perché sbaglia chi demonizza quest’ultima contestazione, chi parla di un ridicolo e anacronistico “contro-Sessantotto” – quasi una riedizione di Caradonna alla Sapienza e della denuncia di quarant’anni fa di presunti ”stracci rossi all’università” – e chi non riesce a distinguere tra una legittima e dialettica rivendicazione di protagonismo generazionale da parte degli studenti e i tentativi della sinistra di metterci il cappello sopra. A leggere le cronache sui giornali questi ragazzi non ci tengono proprio a identificarsi con chiunque voglia strumentalizzarli. «La sinistra storica e la sinistra antagonista – diceva ad esempio l’altro giorno Marina Bruni, una ragazza di Napoli – non esistono più. Noi siamo un movimento che pensa con la propria testa». Nei riferimenti di questi nuovi contestatori, aggiunge Sofri, «c’è l’amo re per la libertà, la simpatia per gli altri, la conoscenza, la musica, le belle arti e le belle mattine. Cose – sottolinea – da ragazzi».
C’è qualcosa, nella spontaneità studentesca di questi ragazzi, che ricorda lo stato d’animo del primo Sessantotto. «E l’immaginario di allora – ha scritto Augusto Illuminati nel saggio Percorsi del ’68 – si nutrì dei film di Sergio Leone per non parlare di Bonnie e Clide di Arthur Penn uscito giusto a fine ‘67... Inutile stendere un elenco che potrebbe sembrare un referto di confusione intellettuale, laddove quel periodo siglò un rinnovamento drastico della cultura italiana rispetto all’ormai esangue storicismo liberale della sinistra ». Ecco, lo scenario di questi giorni sembra ripetere quegli stessi fermenti. E fanno bene i ragazzi di Azione Giovani ad affiggere manifesti scrivendo: «Più potere agli studenti ». Non si tratta di “fare l’anti Sessantotto” ma di evitare di ripetere gli errori che la destra fece proprio nel ’68. Ha infatti ragione Adriano Sofri a temere il fatto che la politica possa «innaffiare a secchiate, facendola secca in una settimana» quest’ultima ventata di protagonismo giovanile. Che oltretutto, come lui stesso sottolinea, riesce a mettere in ridicolo la stessa logica delle primarie giovanili del Pd, con tanto di «nomine pressoché regie» e relative dispute in stretto politichese. Meglio, molto meglio, una nuova stagione di creatività, magari fuori dei vecchi recinti. «Immaginate – annotava ancora Illuminati – cosa sarebbe stata l’Italia se fosse rimasta sotto l’ombrello dei valori fanfanian-andreottiani dei Sessanta o se avesse prevalso nei Settanta l’austerità berlingueriana. “Imagine all the People”... Da paura!». Insomma, non demonizziamo gli studenti. E non regaliamoli a Veltroni o a Ferrero.
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
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