Dal Secolo d'Italia di giovedì 11 dicembre 2008
Dimenticate le lunghe carriere di Peter Shilton, Ted Sheringham e del grande Stanley Matthews che nel calcio ha giocato sino alla veneranda età di cinquant’anni. E dimenticate i gol di Bobby Charlton, Ted Drake e Dixie Dean. Ciascuno di loro avrebbe dovuto giocare almeno altri venti anni e segnare il quadruplo delle reti realizzate per raggiungere i fasti di Roy Race, il grande campione senza età che tra il 1954 e il 1993 ha indossato la maglia del Melchester Rovers, come giocatore, come player-manager e infine come allenatore. Chi più di lui è un’icona del calcio (non solo) britannico degli ultimi cinquanta anni? Nemmeno Best, Keegan o Gascoigne. Roy Race ha superato indenne rapimenti, sparatorie, attentati, nonché il basso di Martin Kemp e il sassofono di Steve Norman degli Spandau Ballet con i quali è stato compagno di squadra e di trionfi.
L’unica differenza con gli altri campioni di football è che Roy of the Rovers è un calciatore che vive e segna, specialmente negli ultimi minuti e col suo sinistro potentissimo, soprannominato “Racey’s Rockett”, in uno splendido fumetto settimanale nato nel lontano 1954 dalla matita e dalle chine di Frank S. Pepper e apparso per più di venti anni sulla rivista Tiger prima di diventare una testata autonoma.
Anticipando di gran lunga l’attenzione che oggi viene riservata alle vicende personali e sentimentali dei calciatori e delle loro wags (wives and girlfriends), la vita e le imprese di Roy rappresentano un vero e proprio feuilleton, letto, seguito e apprezzato sin dagli anni ’50 da milioni di inglesi. Il mix di fatti reali e finzione diventa l’ingrediente vincente della storia di Roy of the Rovers. Il giorno in cui Roy Race firma per il Melchester Rovers e debutta con la maglia del suo local team è tutta l’Inghilterra che si sente rappresentata nel sogno di ogni schoolboy: giocare e vincere con la maglia della propria squadra del cuore. Così come sarà tutta l’Inghilterra a stare con il fiato sospeso quando nel 1981 subirà un attentato, quando i suoi compagni moriranno in seguito a una bomba terrorista, o quando, nel 1995, perderà la moglie.
Roy nasce così, nell’Inghilterra placida e provinciale degli anni ’50. Pepper, Stewart Colwyn (il nome usato da Joe Colquhoun per firmare il fumetto) e l’editore Derek Birnage riescono a dar vita al più amato dei calciatori britannici usando un linguaggio semplice e diretto, fatto di fair play, di onestà, di emozioni e di sentimento. Espressioni come “real Roy of the Rovers stuff” sono tipiche quando si raccontano reti mirabolanti o situazioni risolte all’ultimo secondo, un po’ come nella nostra “zona Cesarini”.
La trama del fumetto è semplice, ma col tempo cresce e si fa più articolata. Le prime storie raccontano le partite che si giocano sul campo del Melchester Rovers che disputa il campionato inglese e la FA Cup assieme ad altre squadre dai nomi fantasiosi.
I riferimenti alla realtà, però, sono costanti, sebbene siano tenuti in filigrana. Si pensa che gli autori, parlando di Roy, si riferiscano a Bobby Charlton; d’altra parte, si è convinti che il biondo centravanti in maglia giallorossa e pantaloncini blu, invece, sia Malcolm MacDonald, attaccante del Newcastle prima e dell’Arsenal, poi. Si trovano indizi che fanno assomigliare l’epopea del Melchester al quasi omonimo Manchester, ovviamente United; se ne trovano altri che fanno pensare all’Arsenal degli anni Cinquanta. Ma Roy è soltanto Roy e il Melchester è la squadra che soffre ma vince e colleziona titoli. Per merito, senza mai sollevare polemiche.
Nel 1976 il fumetto si lanciò in una nuova avventura: lascia le strips di Tiger e continua a raccontare i cambiamenti del calcio d’oltremanica su una testata propria. Roy, nel frattempo, inizia a raccontare di trame sempre più intricate e sposa la sua segretaria Penny. Se nel ’64 era stato rapito, proprio prima della finale della World Cup che si stava per disputare in Sud Africa e se l’era cavata con un grande spavento e 48 ore senza dormire, nel 1981 subisce un attentato, proprio nello stesso anno in cui capita a Ronald Reagan.
Anticipando i tempi, Roy è gia giocatore e allenatore, prima che nella realtà ci riesca lo scozzese Kenny Dalglish con il Liverpool, dimostrando come sia possibile giocare e vincere guidando il club senza sedere in panchina. Nel 1983 il primo colpo di scena. Roy lascia la sua squadra per approdare tra le fila dell’ambiziosa formazione londinese del Walford Rovers. Per fortuna l’avventura con i rivali di Londra dura poco. Siamo all’inizio degli anni ’80 e Roy ha cambiato la pettinatura come già gli era capitato nei decenni precedenti. E con la capigliatura cambia il kit con il quale il Melchester scende in campo. Appare persino lo sponsor. È tempo di cambiamenti. Il Qpr a Londra inizia a testare i campi in sintetico e gli autori di Roy of the Rovers nel 1982, ancora una volta in anticipo sui tempi, fanno diventare il Mel Park, dove il Melchester gioca le partite casalinghe, il primo stadio senza terrace in cui gli spettatori sono tutti devotamente seduti. L’Hillsborough e il report di Taylor sono ancora lontani, ma gli autori di Roy – che già nel 1956 avevano fatto acquistare al Melchester i primi calciatori in Francia (moda che è entrata in voga nel campionato inglese) – sono sempre i primi ad arrivare sui tempi.
Nel 1985 la storia si arricchisce di altri personaggi reali che fanno il loro ingresso nella lunga saga del biondo centravanti di Melchester. L’ex portiere dell’Arsenal Bob Wilson e l’ex stella del Liverpool Emlyn Hughes firmano per lo squadrone di Roy, assieme a Martin Kemp e Steve Norman degli Spandau Ballet. Il Melchester Rovers è sempre più imbattibile. Il finale drammatico in cui Roy deve interrompere la carriera arriva nelle ultime pagine dell’ultimo numero settimanale del marzo ’93. Un incidente con il suo elicottero getta tutti nello sconforto. I fans, i media e la sua famiglia non sanno se riuscirà a cavarsela. Ovviamente Roy ci riuscirà, ma lo sapremo solo con l’uscita del primo numero del Roy of the Rovers Monthly nel settembre dello stesso anno, quando i lettori scopriranno che l’incidente ha causato l’amputazione del suo famoso piede sinistro e che, lasciato il Melchester Rovers, il nostro eroe inizia una nuova avventura sulla panchina italiana dell’AC Monza. Sarà un caso, ma la storia di Roy si interrompe proprio nella stagione in cui la First Division inglese diventa Premier League e inizia una nuova avventura calcistica. Roy sembra non sopravvivere a questo grande cambiamento. La storia di Roy continua ancora per qualche anno su Match of the Day Magazine tra il 1997 e il 2001. Ora nel Melchester Rovers gioca il figlio maggiore di Roy ma il fumetto non è più lo stesso come il calcio non è più lo stesso. Roy of the Rovers col suo calcio pulito ed essenziale ha incantato generazioni di lettori.
Negli anni ’70 uscì un fumetto che citava il Melchester Rovers e raccontava di un bambino e del suo amore per il Subbuteo: Mike’s Mini-men. I suoi omini in miniatura avevano la maglia dell’invincibile squadra di Melchester. La stessa Subbuteo, più tardi, spinta dal successo del comics, decise di realizzare un kit dedicato alla squadra del Mel Park. Nel 1981 e nel 1984 uscirono due versioni di squadre Subbuteo. Il primo kit non aveva il numero di reference, il secondo portava il numero 568. La versione presentava in maglia giallorossa del Melchester Rovers un biondissimo Roy. L’unico omino prodotto ufficialmente dalla Subbuteo che abbia mai avuto i capelli di quel colore. Un terzo kit uscì nel 1994 quando già Roy aveva terminato l’esperienza italiana e fu tentato un timido rilancio del fumetto. Il numero di riferimento del catalogo Subbuteo era l’806. Ma il vero Roy rimane quello del settimanale che uscì tra il 1954 e il 1993. Simpatico, onesto, vero. Un esempio per tutti gli appassionati di calcio e di fumetto. Proprio alcuni mesi fa la casa editrice Titan ha acquistato i diritti per ristampare le mirabolanti avventure del centravanti più prolifico di tutti i tempi e, nello scorso mese di ottobre, è uscito The Bumper Book of Roy of the Rovers. Un volume impeccabile che ci riporta al football di una volta, quello in cui negli stadi d’oltremanica si cantavano le canzoni dei Beatles, si ascoltavano le partite alla radio e poi si tornava a casa per vedere i servizi trasmessi dalla Bbc nel più bel programma di calcio mai esistito: Match of the Day. Sì, amare Roy of the Rovers è un modo come un altro per onorare il vero calcio, oggi sempre meno appassionante e sempre più vittima del business.
Fabrizio Ghilardi (1967) si occupa della progettazione di reti di cooperazione culturale transnazionale sostenute dal Fondo Sociale Europeo. Come ideatore del Laboratorio di Utopie di Action Now - Play old style! European No profit Association for the Social Function of Sport, cura la collaborazione con l’Associazione degli ex Calciatori Granata e la programmazione del progetto europeo “Fair Play in Action”, in cui sono coinvolti testimonial di riferimento dello Sport europeo degli anni Sessanta e Settanta, quali modelli di esemplarità sportiva per i giovani, a promozione della funzione riabilitativa, educativa e sociale dello sport. Accanito giocatore di Subbuteo, grande appassionato di calcio, specialmente di quello in bianco e nero è un collezionista di football memorabilia.
5 commenti:
In veste di appassionato di calcio (quello vero, che non esiste più da una dozzina d'anni...) e di ex giocatore fanatico di Subbuteo, non posso che apprezzare il bell'articolo di Ghilardi. Qualcuno ricorda il fumetto sugli Spartans che usciva a puntate sul Guerin Sportivo, a cavallo fra gli anni 70 e 80? Credo fosse di un autore messicano, ma non ci giurerei.
Bellissimo articolo, concordo.
E il subbuteo poi... ho deciso che a Natale me lo regalo.
Proprio così.
L'ho proposto ai bambini, ma hanno scelto altri regali, limitandosi a dare la disponibilità - eventualmente - a giocarci.
Vorrà dire che lo regalo a me. Punto.
No, non lo ricordo.
Mi hai incuriosito!
Un abbraccio
quello che stavo cercando, grazie
Perche non:)
Perche non:)
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