giovedì 4 dicembre 2008

Serge Gainsbourg, e così il sesso diventò arte (di Marco Iacona)

Articolo di Marco Iacona
Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale del 30 novembre 2008
Altro che duetto Shakira-Beyoncé, altro che Nove settimane e mezzo o Harry ti presento Sally, il re delle sexy songs e dei turbamenti tradotti in arte è sempre stato europeo ed è Serge Gainsbourg, passato agli onori della cronaca come uno dei “brutti” più intriganti del nostro tempo, col suo fascino maudit per metà Humphrey Bogart e per metà Tinto Brass, ma un “brutto” che di talento ne aveva da vendere, eccome. In questi giorni i francesi stanno omaggiando il loro prolifico cantautore, Gainsbourg appunto (1928-1991), a ottant’anni dalla nascita, con una mostra al Musée de la Musique di Parigi dal titolo Les annees Gainsbourg aperta fino al marzo del 2009.
Serge Gainsbourg: per qualcuno purtroppo è ancora un Carneade. Oggi per iniziare a conoscere il grande chansonnier francese, per sapere cioè chi o cosa sia stato in vita, giova anche la memoria di youtube. Nello spazio virtuale gira un video niente male, per nulla inquietante, perfino romantico, con Serge e la moglie, la cantante e attrice Jane Bikin, a Venezia come una coppia di innamorati in piazza San Marco e in laguna a poche onde dalle tombe di Pound e Stravinskij. Due “fidanzatini” in vacanza e una colonna sonora ultrasexy la strafamosa Je t’aime... moi non plus opera dello stesso Gainsbourg, tutto in pochissimi minuti. Era questo rapidissimo consumarsi a vicenda quello che Gainsbourg intendeva per “amore”.
Poi se si vuole da Venezia si vola a Parigi, entrambe capitali della bellezza. In quest’ultima che assistette alla sua gloria artistica ad attenderci c’è uno charmeur assai complicato, alla ricerca di qualcosa di nuovo da sperimentare e da consumare come nel frattempo amava fare con la sua fragile vita. Adesso a Parigi buona parte di questa vita è in mostra, divisa in periodi relativi ad una biografia artistica assai florida. Dentro ogni periodo tante cose, dischi e manoscritti, oltre ai suoi “mitici” mocassini bianchi e alla famosa scultura L’homme a la tete de chou, “l‘uomo dalla testa di cavolo”, che aveva ispirato a Gainsbourg uno dei dischi più famosi. Una mostra che riesce deliziosamente a mescolare il modernissimo al moderno, immagini multimediali e oggetti non ancora d’antiquariato appartenuti all’artista e messi a disposizione da Charlotte Gainsbourg (figlia di Serge e di Jane), bravissima attrice che lavorò anche a fianco del papà.
Una mostra per celebrare l’uomo-artista a tutto tondo quella di Parigi. In riva alla Senna non poteva mancare la sua musica, quell’arte del comporre che Gainsbourg imparò fin dalla più tenera età (il padre era un pianista) e che affinò grazie all’amore per Charles Trenet e Boris Vian. Figlio di ebrei russi non proprio amati dal comunismo della “Grande Madre”, esteta per talento e qualità ereditate, dopo aver iniziato come pittore Serge aveva scelto la carriera dello chansonnier. Sarà sempre un personaggio e mai una semplice persona, amante tanto degli eccessi quanto delle belle donne. Ragazzaccio par excellence, anarchico dentro e fuori (cioè anche nel look), drogato, alcolizzato e mai privo delle adorate Gitanes (con le Gauloises le sigarette più “in” di tutta la Francia) che pare fumasse a getto continuo al ritmo di cento da mattina a sera, un giorno fece delle avances in diretta televisiva alla bella, brava e scandalizzata Whitney Houston. Davvero poca cosa per lui che aveva amato anche Brigitte Bardot e s’era ispirato alle “muse” Juliette Greco, Catherine Deneuve, Isabelle Adjani, e all’ultima moglie la modella Bambou.
Donne e trasgressioni nei 63 anni vissuti da Serge, e con esse tanti episodi da raccontare; c’è da credere come egli fosse convinto della correttezza del motto “bacco, tabacco e venere riducono l’uomo in cenere”, ma due infarti, malanni vari e operazioni al fegato, non erano mai riusciti a frenare la sua voglia di stupire, in primo luogo di stupire se stesso. Conciato così, la morte certo non lo avrebbe aspettato a lungo e si sarebbe presentata puntuale a Parigi i primi giorni di marzo del 1991.
Gainsbourg è stato molto conosciuto in Francia, da noi è noto invece per essere l’autore della canzone Je t’aime... moi non plus, regina dei brani d’amour physique nel cui testo, minimalista, non c’è neanche l’ombra della rima cuore-amore ma qualcosa di assai diverso, di “fisico” appunto. In seguito nel 1976 da questa canzone nascerà perfino un eccentrico film con Joe Dallesandro star bisex molto vicina a Andy Warhol.
Compositore, attore e regista non privo di un suo carisma, già quarant’anni fa Gainsbourg cercò di spiegare al mondo due cose fondamentali: quel che accade fra un uomo e una donna quando vanno a letto (nel medesimo letto ovviamente) e quel che accade fra i due quando il sentimento (e lo “spirito” e i figli e la famiglia…) diventano puro optional. Non che il mondo non sapesse “tutto” già nell’anno di grazia 1969 (figuriamoci), ma una cosa è sapere, un’altra è sentirselo cantare o meglio recitare quell’amour physique, non vi pare?
Del resto geniale, sfacciato e all’avanguardia Gainsbourg lo era sempre stato col suo modo di rifiutare l’imperante americanismo e di ispirarsi alla tradizione di casa sua – della quale amava la poesia decadente – colta, disinvolta, spesso ironica e non priva di un gusto aristocratico, ma con diversi e continui apporti “esterofili”.
Un giorno degli anni Sessanta, già anticonformista e in anticipo su tutti di almeno un decennio, spinto da una Brigitte Bardot in crisi depressiva, Serge aveva messo in musica un rapporto sessuale con tanto di godurie e frasette canticchiate, chiare come un cielo assolato e senza nubi. Il tutto condito con una musichetta accattivante, esotica e piratesca, un programmino ancora oggi niente male (una manna per i commercianti nel giorno di San Valentino): moderna e un po’ metallica, ben studiata, di gran classe ed in perfetto stile anni-d’oro del repertorio leggero. Il risultato fu un “adagio” che non era proprio quello di Albinoni ma che non pochi palati riuscirono a mandar giù volentieri.
La parte femminile della canzone, un duetto-porcello di quattro minuti e passa di sospiri senza lacrime, che diede a Gainsbourg fama internazionale e che certificò l’arrivo di un successo che avrebbe messo in ombra le sue eccellenti qualità di sperimentatore, fu prima incisa dalla stessa B.B. (il cui manager per convenienze artistiche ne vietò però la pubblicazione fino al 1986…), e poi dall’inglesina Jane Birkin, peraltro gelosissima della rivale, che divenne la compagna di Serge dal Sessantotto in poi e per tutti gli anni Settanta.
Je t’aime... moi non plus che diede origine a tutto un filone “erotico” (spesso involontariamente comico), è stata imitata anzi ripresa come e più di un classico della canzone napoletana in più parti del mondo. Anche in Italia, dove Serge non è fra i “cugini” francesi più conosciuti, ebbe un certo numero di cover (con traduzioni “molto cattoliche” visto il molto poco entusiasmo mostrato dai censori vaticani), con interpreti a dir poco sorprendenti da Ombretta Colli (sic!) alla coppia in disco e dal vero Anna Proclemer-Giorgio Albertazzi. Ne nacquero dei prodotti discografici non particolarmente riusciti e facilmente dimenticabili, per la serie: mai scimmiottare i francesi e accontentarsi dei soliti americani.
A proposito di americani… e poi dicono che il destino non esista. Gainsbourg se ne andò un giorno in cui pochi, anzi pochissimi avrebbero potuto parlare di lui. In pieno finale di Guerra del golfo (quella del 1990-91), quella dei piloti italiani Bellini e Cocciolone per intenderci. L’artista che aveva odiato il consumismo fino a bruciare una banconota da 500 franchi in spregio alle normali regole del consumo, ma che vita, arte e amori aveva consumato come qualunque altro oggetto, adesso veniva sconfitto dalla forza degli eventi, dalla prima guerra “consumata” dei giorni nostri. Quel 2 marzo 1991 la brama dei mercanti si era ripresa la sua rivincita sul poeta maledetto.
Serge Gainsbourg: non resta che celebrarlo allora, godendoci il mite ritorno dell’eroe maledetto con la speranza di rivederlo anche in Italia cattivo, disinvolto ed imbarazzante. Così tanti “ragazzi” degli anni Settanta vogliono ricordarlo ancora oggi.
Marco Iacona è dottore di ricerca in "Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee". Si occupa di storia del Novecento. Scrive tra l'altro per il bimestrale "Nuova storia contemporanea", il quotidiano "Secolo d'Italia" e il trimestrale "la Destra delle libertà". Per il quotidiano di An nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in 12 puntate. Ha curato saggi per Ar e Controcorrente edizioni. Nel 2008 ha pubblicato: "1968. Le origini della contestazione" globale" (Solfanelli).

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