Dal Secolo d'Italia di lunedì 23 marzo 2009
Articolo di Luciano Lanna (nella foto)
Il primo, convinto applauso all´intervento di Gianfranco Fini (disponibile su ffwebmagazine.it) è arrivato da Marco Pannella: «La domanda che ho posto - ha spiegato il leader radicale - trova una risposta straordinaria nell´intervento di Gianfranco Fini. Io chiedevo se fosse possibile voltare pagina, come è necessario e urgente, nei confronti del sessantennio partitocratico. Dall´intervento di Fini viene fuori una prospettiva che ha forza, quella di un cammino rapidamente riformatore applicato alla necessità di seppellire anche il sessantennio di regime partitocratico con un contenuto, con delle idee che a me paiono oggi connotare solo Gianfranco Fini, per qualità, rigore e profondità».
Un riconoscimento, quello del leader radicale, che - strumentalizzato - ha subito spinto i mestatori in malafede ad avviare polemiche fuorvianti e finalizzate a disinnescare la portata delle parole formulate ieri da Fini. Le quali - senza scorciatoie retoriche o metafore equivocanti - sono spesso ritornate a evocare nel lungo discorso, quasi un leitmotiv, nient´altro che i valori di riferimento del Partito popolare europeo: «La dignità della persona, la laicità delle istituzioni».
E proprio sulla declinazione di questi principi Fini ha disegnato tutta la strategia del Pdl nei confronti delle sfide alle quali andremo ncontro nei prossimi anni nella prospettiva di un´Italia multietnica e multireligiosa, ancora più plurale e polifonica del presente. L´integrazione dei nuovi italiani, quale che sia l´etnia di provenienza e la religione professata, è stata tra gli obiettivi delineati quello considerato necessario ad assicurare, tra solo dieci anni, la tenuta di un paese coeso non solo socialmente ma anche dal punto di vista della sfida rappresentata dalle migrazioni. D´altronde, i rilievi avanzati nei giorni scorsi da Fini nei confronti della norma che invitava i medici a denunciare i clandestini traducevano espressamente l´adesione a questi principi. «Questa cosa non mi convince. Il medico ha il diritto di curare le persone non di guardare se è un clandestino o meno», ha detto in quell´occasione il presidente della Camera. Per aggiungere subito dopo: «Ragioniamo prima di dar vita a provvedimenti che possono ledere il diritto della persona. Nei confronti del clandestino bisogna ricordare che è sempre una persona umana. Il rispetto della dignità viene prima di qualsiasi connotazione. Se le norme ledono i diritti della persona sono immorali e ingiuste».
Si tratta di prese di posizione che - al di là di ciò che vorrebbero accreditare i critici in malafede - traducono in politica quel pensiero personalista (tutt´altro dall´individualismo contrattualista, economicista e giocato sull´unilateralismo dei diritti, svincolati dal corrispettivo dei doveri, tipico del laicismo liberal che caratterizza la tradizione della sinistra europea) che definisce, non da oggi, l´orizzonte politico-culturale del popolarismo europeo. Fini ha del resto fatto riferimento alla dignità e libertà della persona, alla sussidiarietà e all´economia sociale di mercato, il trittico della famiglia politica europea che si contrappone alla sinistra.
E anche per questo, Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, ha parlato di «un contributo del tutto positivo alla costruzione del partito del Popolo della libertà», sottolineando anche l´approfondimento, rispetto alla vecchia cultura politica della destra, di una riflessione sui valori della persona e della libertà». Non casualmente, sono arrivati apprezzamenti anche dal versante cattolico: «Condividiamo con convinzione - ha commentato Mario Baccini, parlamentare del Pdl e presidente dei Cristiano-popolari - le parole di Fini, soprattutto nel richiamo alla tradizione cattolica e ai valori che da sempre contraddistinguono l´anima del nostro Paese e che possono proiettare il Pdl verso una dimensione europea e sovranazionale sotto il vessillo del Ppe».
D´accordo con Baccini, e non sembri paradossale, Benedetto Della Vedova, anche lui esponente del Pdl ma sul versante laico-riformista e d´estrazione radicale. Il quale attesta che le parole del discorso di Fini, in particolare «su laicità e immigrazione, sono improntate a una visione liberale e pragmatica che è la cifra dei grandi partiti del Ppe». Appare sospetto, invece, l´attacco arrivato da Luca Volonté, parlamentare dell´Udc di Pier Ferdinando Casini. «Fini - dettava Volonté alle agenzie - è fermo al laicismo radical-massonico di una religione rinchiusa nella sfera privata. Il contrario della democrazia americana, l´opposto della storia italiana. An nella Pdl - è la provocazione del centrista - vuole interpretare la peggior massoneria risorgimentale?». Una provocazione in malafede che tende a cancellare non solo la vera tradizione del popolarismo europeo, ma che, in nome d un´improbabile nostalgia per i tempi del Papa-Re e del potere temporale - da tempo ripudiato dalla stessa Chiesa cattolica - sembrerebbe ipotizzare non solo un ritorno ai tempi del collateralismo ma addirittura una riscrittura della storia italiana degli ultimi secoli all´insegna di un confessionalismo tendenzialmente integralista che contrasta con la tradizione del "libera Chiesa in libero Stato" teorizzata da Cavour e realizzata storicamente con i Concordati del ´29 e dell´84.
Ecco allora il senso preciso delle parole pronunciate da Fini: «Se si va a scavare un po´ in quelli che sono sono i valori del Partito popolare europeo, che dovremo declinare ovviamente secondo la nostra tradizione nazionale, forse - ha spiegato il presidente della Camera - si ha la risposta a quella che è la crisi in atto. Quali sono questi valori? In primo luogo e al centro la consapevolezza del primato della dignità della persona. È questo il valore principale che va garantito e tutelato da un´azione politica. Non è l´autorità dello Stato, è la dignità della persona». Cosa c´entri questo con presunte derive laiciste o anacronistiche sindromi da Porta Pia proprio non lo si capisce. Semmai c´è la declinazione politica di quella laicità positiva lanciata da Sarkozy, il presidente francese che ha determinato lo "strappo" col vecchio laicismo giacobino e il riconoscimento del ruolo civile delle religioni, e ripresa da Fini nei termini di «una laicità non aggressiva nei confronti della religione, aliena da degenerazioni laiciste e anticlericali, aperta al riconoscimento del ruolo attivo e positivo della Chiesa nella società.
Un modello di laicità che, a ben vedere, ha tra le sue radici - ha spiegato Fini celebrando l´anniversario dei concordati - anche la stessa dottrina sociale della Chiesa, con la sua tesi dell´indipendenza e autonomia della stessa Chiesa dalla comunità politica e viceversa». Perché, d´altronde, l´Osservatore Romano avrebbe elogiato, dopo l´ultimo ricevimento dell´Ambasciata d´Italia presso la Santa Sede in occasione del recente doppio anniversario dei Concordati tra Stato e Chiesa, il discorso espresso da Fini in quell´occasione? E perché i vertici della cattolicità - non intellettuali o politici che vagheggiano un ricorso strumentale della religione nel dibattito pubblico - hanno mostrato di apprezzare il ruolo di Fini nell´elaborazione di una laicità positiva che riconosce in pieno l´utilità «dell´azione di coesione e di sostegno svolta dalla Chiesa nella società italiana»? È sulla prospettiva personalista del popolarismo europeo, del resto, che Fini ieri ha fondato il suo riferimento al principio di libertà. «È allora di tutta evidenza - ha detto - che lo Stato non può limitare la libertà, lo Stato deve semmai esaltare la libertà, lo Stato deve garantire a tutti l´esercizio delle libertà». Questa concezione culturale diventa la cornice delle risposte da fornire alle sfide contemporanee. Si pensi, per limitarsi solo al primo esempio suggerito da Fini, alle questioni che coinvolgono la sicurezza e la legalità. Per affrontarle alla luce del principio di libertà occorre infatti archiviare tutte le scorciatoie "legge e ordine" della vecchia destra stereotipata, spesso modellata dai cliché degli avversari.
«La vecchia iconografia - ha detto Fini - della destra legge e ordine va declinata in modo diverso se si è davvero convinti che quello che vogliamo non è l´ordine delle caserme, non è l´ordine imposto contro la libertà, ma è al contrario l´ordine intimo che c´è in una società coesa in cui è difesa e incrementata la dignità della persona, quale che sia il colore della pelle, quale che sia il Dio in cui crede, quale che sia il ruolo sociale».
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
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