sabato 4 luglio 2009

Il «Secolo», la destra che dice tante cose di sinistra (articolo di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera)

L’ex giornale di An si distingue per le posizioni laiche e dialoganti «tendenza Fini»
Il «Secolo», la destra che dice tante cose di sinistra
Una scelta di minoranza che ricorda «La Voce»
Articolo di Pierluigi Battista
Dal Corriere della Sera del 4 luglio 2009
C’è il giornale della destra che oramai piace più alla sini­stra che alla destra. La sinistra lo apprezza perché è più a sini­stra della sinistra. La destra lo teme perché porta nella destra uno spirito di sinistra. Insom­ma, c’è il Secolo d’Italia. Un tempo organo del Msi, poi di An, ora del «Popolo della Libertà » ma tendenza Fini, dalle sue pagine ogni giorno è una controffensiva liber­taria per la destra conservatrice, una ventata laica nella destra «teocon», un messaggio eretico nell’ortodossia ber­lusconiana. Ora di­cono che amano sì Sarkozy, ma iscri­vendolo d’ufficio al­la gauche. E nello stesso numero stila­no un ritratto com­mosso di Alex Lan­ger, il verde etero­dosso che si è tolto la vita dopo una militanza sofferta, fuori da­gli schemi, estranea alla dicoto­mia classica tra destra e sini­stra, ma comunque pur sem­pre di sinistra. E chissà che il Secolo non riesca addirittura a rubacchiare qualche copia ai giornali che della sinistra uffi­ciale sono i portabandiera.
Un tempo erano i «ragazzi di via Milano» immortalati da una oramai celebre foto che li ritrae in piedi e accucciati nelle maglie della loro squadra, e de­scritti da Mauro Mazza (uno de­gli ex ragazzi) in un libro che riprende quella formula ricava­ta dalla leggenda adolescen­zial- romantica della Via Pal. C’erano Fini e Gasparri, Stora­ce e Alemanno. Lavoravano al Secolo di Via Milano a Roma, nei tempi in cui lo scontro fisico era all’ordine del giorno, le prime pagine del giornale era­no riempite dalle foto dei comi­zi oceanici di Almirante, la de­stra era dentro un recinto infet­to, messo ai margini dell’arco costituzionale. Oggi, la diaspo­ra. Ma oggi, con la direzione di Flavia Perina (insieme, tra gli altri, a Luciano Lanna, Filippo Rossi, Annalisa Terranova) il Secolo d’Italia è una spina nel fianco del centrodestra. Qual­che mese fa, in piena battaglia sulla legge contro l’immigrazio­ne clandestina, titolò con cla­more: «No all’apartheid». Si moltiplicano gli articoli contro le ronde. Quelli molto critici con l’impostazione prevalente nel centrodestra sul caso di Eluana Englaro. Quelli contro l’occidentalismo anti-islamista di Oriana Fallaci. Quelli vergati in difesa dell’avversario Veltro­ni quando la stampa di destra lo trattò da «extracomunita­rio » solo perché l’allora segreta­rio del Pd stava piantando un ombrellone sulla spiaggia di Sa­baudia, non nel parco di Villa Certosa.
Negli ultimi tempi, all’apice delle polemiche sulle veline e sulle feste del premier, sulle co­lonne del Secolo è stata una se­quenza di contrappunti, di pun­ture polemiche, di contrasti con il modello antropologico e culturale che nel velinismo si esprime e si rappresenta. Fino ad arrivare a una polemica fero­ce con Vittorio Feltri e con Libe­ro. Fino a rivalutare, contro il modello del leader anziano che si trastulla con donne giovani e vistose, il contromodello del «vecchio pensionato» cantato da Francesco Guccini (un altro simbolo preso in prestito dalla sinistra). Polemiche, peraltro, condotte in sintonia con le po­sizioni del webmagazine «Fare­futuro » (da cui partirono le pri­me bordate contro le ventilate candidature delle veline nelle li­ste elettorali per le europee). Ambedue più vicine a Fini che agli ex colonnelli di An. Tutt’e due che martellano sul tema del dialogo culturale con la sini­stra, sulla critica alla destra ma­chista d'un tempo.
Ma se poi qualcuno volesse leggere sul giornale della de­stra qualcosa propriamente di destra? Se, dopo aver appreso come e perché la destra debba essere libertaria, multicultura­­lista, laica, anticlericale, pro­gressista, dialogante, modera­ta, si giungesse a scoprire che questa destra ideale, utopica, onirica, futuribile ha sempre meno in comune con la destra reale, mediamente rappresen­tata dai partiti e dai leader (ec­cetto Fini, naturalmente) che attualmente e presumibilmen­te per molto tempo ne hanno in mano le redini politiche e culturali? Come la Voce di Mon­tanelli, che piaceva alla sini­stra (senza comprare il giorna­le) ma sancì un drammatico di­vorzio dalla massa dei lettori infatuati dal montanellismo. E non è un cattivo augurio, ma il percorso accidentato di vuole stare in minoranza. Ogni gior­no, come il Secolo dell'Italia berlusconiana.
Pierluigi Battista 04 luglio 2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

700 copie... il triste primato
m.