martedì 29 dicembre 2009

Ma ai tempi di Spinozzi il calcio era più "umano" e il campionato poteva vincerlo persino il Verona (di Giovanni Tarantino)

Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia di martedì 29 dicembre 2009
«Mi si poteva incontrare per Roma con la maglia di Arcadio Spinozzi, un libero all’antica il cui viso sembrava essere divorato dalla barba. Arcadio Spinozzi era la Lazio. La rappresentava molto di più di campioni del calibro di Giordano e Manfredonia. Quella maglia d’un blu assai più elettrico di quanto apparisse in Tv era tutta per Arcadio». Uno spaccato degli anni Ottanta del calcio – e non solo – proposto da un insospettabile Alessandro Piperno, affermato scrittore italiano giunto alla notorietà nel 2005 grazie alla pubblicazione di Con le peggiori intenzioni. Quelle di Piperno sono parole d’elogio oltre che per la sua squadra del cuore, per tale Arcadio Spinozzi: un nome che ai giovanissimi dirà nulla o poco, ma che per altri rimanderà alla mente suggestioni di un calcio di un’epoca ormai celebrata come cult. Un difensore con la barba da combattente palestinese, calciatore-sindacalista a detta di molti, la cui immagine più nota è quella di quando viene irriso da un giochetto palla al piede da Maradona; un outsider, uno di quelli che c’erano ma che non erano mai oggetto delle copertine del Guerin Sportivo o dei servizi della Domenica Sportiva. Intanto «Arcadio Spinozzi era la Lazio»: una Lazio sgangherata, sempre in bilico tra serie A e B, dilaniata dallo scandalo del calcio scommesse del 1980 e coinvolta nuovamente in quello del 1986. Una piccola Lazio, facile oggetto di scherno da parte degli avversari romanisti che nel decennio degli ’80 vivevano invece una delle stagioni migliori, a margine dello scudetto conquistato nell’83 da Falcao e compagni, e altri due persi in maniera piuttosto sfortunata, così come la coppa Campioni sfuggita ai rigori nell’84.
Una vita da Lazio è per l’appunto il titolo del libro autobiografico di Spinozzi –Spina per i tifosi – pubblicato di recente dai tipi di Castelvecchi, che ha il merito di raccontare quegli anni in un momento in cui la curiosità per gli ’80 diventa sempre maggiore. Un libro che nasce proprio nel periodo in cui Spinozzi era calciatore: sono diverse le annotazioni che l’ex numero 5 della Lazio prendeva durante i ritiri o dopo gli allenamenti, quando i compagni gli chiedevano: «A Spina, ma che c’hai tanto da scrive?». E lui rispondeva: «Le disavventure che abbiamo vissuto durante il giorno».
Non mancano i riferimenti all’allora dirigente biancoceleste Luciano Moggi, come i cenni a una vicenda che ha tristemente coinvolto l’ex calciatore, quella relativa la scomparsa di Emanuela Orlandi. Storie di anni ’80 e calcio, di Quando gli yuppies tifavano Platini, per citare il titolo di un altro libro a tema di Marco Innocenti e Carlotta Scozzari. Un’epoca che sta tornando prepotentemente alla ribalta, da un punto di vista narrativo e letterario.
«Ci si rifugia nel passato perché insoddisfatti del presente» ha affermato Riccardo Cucchi, prima voce di Tutto il calcio minuto per minuto, provando a spiegare le ragioni delle tante iniziative amarcord di sucesso, dalla pubblicazione di libri e dvd alla passione per l’oggettistica del tempo, come le maglie o le squadre di Subbuteo. E dire che quelle stagioni non erano esenti da scandali, come quelli citati, e probabilmente, almeno agli inizi del decennio di Craxi e dei Duran Duran, nemmeno esteticamente esaltanti. Il numero degli stranieri per squadra aumentava gradatamente: si passava dalla riapertura delle frontiere ai due tesserati extracomunitari a club. Successivamente passeranno a tre. Sono ormai nomi da leggenda quelli di “bidoni” come Luis Silvio Danuello della Pistoiese, finiti in Italia quasi per sbaglio e criticatissimi da tifosi e addetti ai lavori del tempo, eppure sempre pronti a risvegliare una certa nostalgia nello zoccolo duro degli appassionati. Un po’ come dire «si stava meglio quando si stava peggio», almeno allora era tutto più vero. Così nel trionfo dell’amarcord c’è stato chi ha voluto rendere un giusto tributo alla propria squadra, ai tempi in cui non era blasonata e vincente.
Quando il Milan era un Piccolo Diavolo è l’omaggio del giornalista siciliano Sergio Taccone, edito da Limina, al Milan pre-berlusconiano. 1980-1983: gli anni in cui i rossoneri vivevano la loro stagione più drammatica, retrocessi in B a causa dello scandalo calcio scommesse dell’80 e poi nuovamente in serie cadetta dopo la debacle dell’82. Eppure, in mezzo a tale disfatta, la conquista della Mitropa Cup, dimenticata dalla futura, nonché attuale, vincente dirigenza del Milan, ma non nel cuore di quei tifosi che vivevano stagioni deludenti sempre sulle barricate della vecchia Curva Sud, dalla quale campeggiava il leggendario striscione della Fossa dei Leoni. È il caso della Banda Casciavit–Herbert Kilping Firm, gruppo di sostenitori rossoneri che di recente ha celebrato i centodieci anni dalla fondazione della squadra milanese, e che si propone di rivalutarne la storia non solo limitandosi ai soli successi del dopo ’86, anno che coincide con l’arrivo alla presidenza di Silvio Berlusconi.
L’epoca di un calcio magari meno tecnico e meno perfetto. Meno televisivo, ma più imprevedibile: quando capitava che lo scudetto poteva vincerlo anche il Verona.
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Giornalista attento alle culture e alle dinamiche giovanili, lavora per E-Polis e collabora con il Secolo d’Italia. Si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra.

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