Dal Secolo d'Italia di giovedì 18 febbraio 2010
«Il quartiere che mi piace più di tutti». Così, nella prima scena dell'"autobiografico" Caro diario (1993), Nanni Moretti commenta nel corso del film la sua passeggiata in Vespa tra le viuzze verdi della Garbatella. Vero e proprio antesignano dell'esplosione di attenzione per questo popolare rione capitolino, la cui consacrazione è giunta, negli ultimi anni, dal piccolo schermo. Dalla Roma dei Cesari a quella dei Cesaroni, potremmo dire.
Sì, perché è soprattutto grazie alla celebre serie televisiva, in grado di renderne perfettamente la bellezza dei luoghi e il modo di essere, che la Garbatella è diventata una delle zone più à la page della capitale: concorrente in romanitudine con Testaccio e Trastevere e sempre più meta del cine-turismo d'assalto. Ne sanno qualcosa i residenti, costretti a improvvisarsi "ciceroni" per indicare ai visitatori di ogni età e provenienti da tutta Italia (con tanto di viaggi organizzati) dov'è la bottiglieria dei Cesaroni - il bar di piazza Giovanni da Triora per gli interni, il Roma club Garbatella di via Roberto De Nobili per gli esterni - e quant'altro "compone" le location della fiction. Il Colosseo è roba vecchia, da stranieri. I lucchetti di Ponte Milvio? Una moda superata. Orde di giovanissimi armati di videofonini si danno appuntamento direttamente in piazza Damiano Sauli, davanti al liceo che in realtà è la scuola elementare statale Cesare Battisti - dove anche Moretti girò diverse scene di Bianca (1983) - in cerca di un ciak, confidando di imbattersi in qualche protagonista, magari proprio nei giovani e belli Alessandra Mastronardi e Matteo Branciamone. Parliamo di Eva e Marco, la cui complessa storia d'amore è sicuramente la materia più discussa nelle scuole italiane. La presenza delle troupe e dei fan sarà pure invasiva per chi abita nel quartiere ma, alla fine dei conti, c'è da considerare come - potenza della tv! - il valore commerciale delle abitazioni sia aumentato esponenzialmente. Da qualche giorno a questa parte, poi, si respira un'eccitazione particolare. Sono tante le iniziative (mostre, convegni, incontri) messe in cantiere per un traguardo di tutto rispetto: i novant'anni di vita! Non sentiti. Ma che ricorrono proprio oggi. Certo, qualche "ritocco" aiuterebbe, gli acciacchi iniziano a farsi sentire, ma la Garbatella gode tutto sommato di ottima salute e, soprattutto, non ha perso la voglia di festeggiare. Non solo in occasione di questo compleanno, dalla cifra così tonda, ma anche lo scorso anno e quello precedente e prima ancora. Non soltanto nelle ricorrenze, a dire il vero, perché questo antico quartiere ancora pulsa di autentica vita comunitaria. Se si deve al Re Vittorio Emanuele II la posa della prima pietra - il 18 febbraio del 1920 - fu però Benito Mussolini, arrivato a guidare il suo primo governo, a portare a compimento il progetto di realizzazione di un'isola felice sulla collinetta sovrastante la Basilica di San Paolo. C'erano il porto fluviale, lo stabilimento di macelleria, il mattatoio di Testaccio e i mercati generali sulla via Ostiense: migliaia di famiglie operaie alle quali offrire una vita a misura d'uomo. Nacque così uno dei capolavori dell'urbanistica dell'epoca: case indipendenti, ognuna con l'orto, stenditoi all'aperto per asciugare il bucato, strade silenziose e verde in abbondanza. Tanto che in certi condomini le palme fanno ancora adesso pensare a Miami. Niente a che vedere con la vicina baraccopoli di "Shangai" - l'attuale Tor Marancia, raccontata da Pier Paolo Pasolini nei suoi romanzi - e i quartieri dormitorio che nasceranno nei decenni successivi a pochi chilometri di distanza. La Garbatella si caratterizzò sin dall'inizio come un vero e proprio laboratorio sociale: l'albergo Rosso, in piazza Biffi, rappresentò di fatto un esperimento di "comune", con centinaia di persone chiamate a dividersi il refettorio, i servizi e l'asilo per i bambini. Una fama che evidentemente non sfuggì a Gandhi, al punto che, durante il suo viaggio in Italia del 1931, volle visitare personalmente la zona rimanendone, dicono le testimonianze, davvero incantato.
È possibile adesso rivedere il Mahatma a passeggio per il rione attraverso i fotogrammi dell'Archivio Luce montati nel dvd La città garbata, diretto da Mauro Conciatori, che racconta novanta anni di storia in settantacinque minuti (€ 14,90). L'autografo di Gandhi, la fotografia originale della fondazione e altri documenti rari quanto preziosi, corredano anche il libro di Gianni Rivolta, Garbatella tra storia e leggenda (Iacobelli editore, € 18), che sarà presentato domani, 19 febbraio, alle ore 17 presso il Teatro Palladium alla presenza del regista Carlo Lizzani, curatore della prefazione. E tra storia e leggenda si muove l'esistenza dell'ostessa "garbata e bella" che dà il nome al quartiere e sarebbe raffigurata nel bassorilievo in piazza Geremia Bonomelli. Che si tratti di una persona davvero esistita è la tesi sostenuta, tra gli altri, dal pasticciere Enzo Gori, "storico per diletto", che proprio pochi giorni fa ha presentato una nuova prova, a suo parere inoppugnabile: un dipinto a olio, firmato da E. Ferretti e risalente alla fine dell'Ottocento, nel quale si certificherebbe l'esistenza dell'Osteria di Maria, tanto amata dai suoi concittadini da voler identificare quei luoghi con il suo nome. Malgrado il sovrano avrebbe preferito chiamare la borgata "Giardino Concordia" mentre il fascismo "Remuria", alla fine, infatti, prevalse la diretta volontà popolare. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la Garbatella a oggi rimane uno dei quartieri popolari più vivibili di Roma, ricco com'è di giardini, pensato per i bambini e alle prese, come ovunque, con la drastica riduzione delle nascite. C'è persino chi è pronto a giurare che ancora oggi, in agosto, non si dorma per le cicale e che d'inverno gli alberi si carichino di limoni e mandarini grandi come cocomeri. È quanto sostiene, ad esempio, Massimo Mongai. Scrittore nato e cresciuto proprio lì, vincitore tra l'altro di un Premio Urania per la fantascienza, ha ambientato i suoi originalissimi gialli proprio nel quartiere, facendo delle inchieste di Ras Tafari Diredawa - il barbone etiope alcolizzato che si ritrova, suo malgrado, ad aiutare gli inquirenti nelle indagini di casi di omicidio - una guida fantastica.
Non sono certo una novità, del resto, le incursioni della Garbatella nell'immaginario letterario e cinematografico del nostro paese. Uno dei figli del quartiere è l'attore Maurizio Arena, nom de plume di Maurizio Di Lorenzo, icona del romano popolare, genuino e generoso, sanguigno ma fondamentalmente indolente. Nato nel 1933, a soli ventiquattro anni interpretò Romolo, con il collega coetaneo Renato Salvatori nei panni di Salvatore, in Poveri ma belli, commedia del 1957 che insieme alle successive pellicole Belle ma povere e Poveri milionari costituirà la trilogia con cui il regista Dino Risi offrirà il ritratto di un'intera generazione e lancerà quella commedia romana di cui I Cesaroni stessi sono, in qualche misura, eredi. Ad Arena, scomparso prematuramente nel 1979, nel 2008 è stato intitolato il parco di piazza Benedetto Brin e in via della Garbatella 24, dove è nato, è stata deposta una targa in sua memoria. Più che vegeta, invece, è la sorella Rossana Di Lorenzo, attrice anche lei. Dopo il debutto con Alberto Sordi (che un periodo visse proprio qui e ha un murale a lui dedicato) nell'episodio La camera del film Le coppie - in cui interpretava una moglie popolana - è diventata una delle migliori caratteriste del nostro cinema. Rimasta sempre fortemente legata al quartiere dove continua a vivere, Rossana presta volentieri il suo volto alla Sora Garbatella delle iniziative del Municipio XI. Altri figli illustri di questo quartiere saliti al palcoscenico sono Enrico Montesano e Luigi Proietti, sino al più giovane ma già affermatissimo Valerio Mastrandrea, attori che non hanno mai rinnegato la loro appartenenza di quartiere, facendone al contrario un valore aggiunto nella loro cifra professionale.
Non solo cinema, c'è chi sostiene che l'indimenticato Agostino di Bartolomei, capitano e bandiera della Roma, tirò i suoi primi calci proprio nel campo dell'oratorio filippino della Garbatella. Centrocampista forte sia fisicamente che tecnicamente, Ago, come lo chiamavano i tifosi, lasciò la capitale suo malgrado nel 1984 per approdare al Milan e poi alla Salernitana. Si tolse purtroppo la vita il 30 maggio del 1994, dieci anni dopo la finale maledetta con il Liverpool, sparandosi un colpo di pistola al cuore nella sua casa di San Marco di Castellabbate nel Cilento. Il giorno del suo funerale, uno striscione della "sua" Curva Sud recitava: «Niente parole, solo un posto in fondo al cuore. Ciao Ago». E ancora oggi sono in tanti, alla Garbatella, a ricordare quel campioncino timido quanto determinato che arrivava dal Tuscolano col pallone tra le mani. C'è poi la politica. La Garbatella è tradizionalmente un quartiere a maggioranza di sinistra ma - salvo episodi isolati - tollerante e aperto, troppo pacioso per prendersela davvero e attardarsi in questioni ideologiche. Durante lo spoglio delle ultime politiche, una troupe di La 7 andò a intervistare i frequentatori del club che "ospita" la Bottiglieria dei Cesaroni.
Di fronte a domande di una banalità sconcertante - del tipo: «È in vantaggio Berlusconi, non siete preoccupati?» - le risposte apparivano assai pacate, quasi divertite. Visibile la delusione della giornalista, alla ricerca di chissà quali dichiarazioni di guerra. Meno serene, forse, sarebbero state se a vincere, magari lo scudetto, fosse stata la Lazio, perché più che di sinistra la Garbatella è irriducibilmente romanista. Semmai, molto più che la vittoria di Berlusconi, sono dispiaciute le parole polemiche all'epoca rivolte dal Cavaliere a Totti, le cui gigantografie, insieme a quelle di Agostino Di Bartolomei, campeggiano nel locale. In quel caso sì, le facce si sono stranite. La politica, poi, qui ce l'hanno in casa, e non la prendono troppo sul serio. Perché a pochi passi c'è il Palazzo di Fantozzi - come chiamano l'edificio che ospita la Regione Lazio e che è stato il set di alcuni dei Fantozzi di Paolo Villaggio - ma soprattutto a rappresentare il quartiere, addirittura al governo, c'è un ministro che della propria estrazione territoriale ha fatto un punto d'orgoglio: la titolare della Gioventù, Giorgia Meloni. E anche se i più continuano a votare a sinistra, della "loro" ministra sarebbero orgogliosi. Non solo Cesaroni, insomma.
Sì, perché è soprattutto grazie alla celebre serie televisiva, in grado di renderne perfettamente la bellezza dei luoghi e il modo di essere, che la Garbatella è diventata una delle zone più à la page della capitale: concorrente in romanitudine con Testaccio e Trastevere e sempre più meta del cine-turismo d'assalto. Ne sanno qualcosa i residenti, costretti a improvvisarsi "ciceroni" per indicare ai visitatori di ogni età e provenienti da tutta Italia (con tanto di viaggi organizzati) dov'è la bottiglieria dei Cesaroni - il bar di piazza Giovanni da Triora per gli interni, il Roma club Garbatella di via Roberto De Nobili per gli esterni - e quant'altro "compone" le location della fiction. Il Colosseo è roba vecchia, da stranieri. I lucchetti di Ponte Milvio? Una moda superata. Orde di giovanissimi armati di videofonini si danno appuntamento direttamente in piazza Damiano Sauli, davanti al liceo che in realtà è la scuola elementare statale Cesare Battisti - dove anche Moretti girò diverse scene di Bianca (1983) - in cerca di un ciak, confidando di imbattersi in qualche protagonista, magari proprio nei giovani e belli Alessandra Mastronardi e Matteo Branciamone. Parliamo di Eva e Marco, la cui complessa storia d'amore è sicuramente la materia più discussa nelle scuole italiane. La presenza delle troupe e dei fan sarà pure invasiva per chi abita nel quartiere ma, alla fine dei conti, c'è da considerare come - potenza della tv! - il valore commerciale delle abitazioni sia aumentato esponenzialmente. Da qualche giorno a questa parte, poi, si respira un'eccitazione particolare. Sono tante le iniziative (mostre, convegni, incontri) messe in cantiere per un traguardo di tutto rispetto: i novant'anni di vita! Non sentiti. Ma che ricorrono proprio oggi. Certo, qualche "ritocco" aiuterebbe, gli acciacchi iniziano a farsi sentire, ma la Garbatella gode tutto sommato di ottima salute e, soprattutto, non ha perso la voglia di festeggiare. Non solo in occasione di questo compleanno, dalla cifra così tonda, ma anche lo scorso anno e quello precedente e prima ancora. Non soltanto nelle ricorrenze, a dire il vero, perché questo antico quartiere ancora pulsa di autentica vita comunitaria. Se si deve al Re Vittorio Emanuele II la posa della prima pietra - il 18 febbraio del 1920 - fu però Benito Mussolini, arrivato a guidare il suo primo governo, a portare a compimento il progetto di realizzazione di un'isola felice sulla collinetta sovrastante la Basilica di San Paolo. C'erano il porto fluviale, lo stabilimento di macelleria, il mattatoio di Testaccio e i mercati generali sulla via Ostiense: migliaia di famiglie operaie alle quali offrire una vita a misura d'uomo. Nacque così uno dei capolavori dell'urbanistica dell'epoca: case indipendenti, ognuna con l'orto, stenditoi all'aperto per asciugare il bucato, strade silenziose e verde in abbondanza. Tanto che in certi condomini le palme fanno ancora adesso pensare a Miami. Niente a che vedere con la vicina baraccopoli di "Shangai" - l'attuale Tor Marancia, raccontata da Pier Paolo Pasolini nei suoi romanzi - e i quartieri dormitorio che nasceranno nei decenni successivi a pochi chilometri di distanza. La Garbatella si caratterizzò sin dall'inizio come un vero e proprio laboratorio sociale: l'albergo Rosso, in piazza Biffi, rappresentò di fatto un esperimento di "comune", con centinaia di persone chiamate a dividersi il refettorio, i servizi e l'asilo per i bambini. Una fama che evidentemente non sfuggì a Gandhi, al punto che, durante il suo viaggio in Italia del 1931, volle visitare personalmente la zona rimanendone, dicono le testimonianze, davvero incantato.
È possibile adesso rivedere il Mahatma a passeggio per il rione attraverso i fotogrammi dell'Archivio Luce montati nel dvd La città garbata, diretto da Mauro Conciatori, che racconta novanta anni di storia in settantacinque minuti (€ 14,90). L'autografo di Gandhi, la fotografia originale della fondazione e altri documenti rari quanto preziosi, corredano anche il libro di Gianni Rivolta, Garbatella tra storia e leggenda (Iacobelli editore, € 18), che sarà presentato domani, 19 febbraio, alle ore 17 presso il Teatro Palladium alla presenza del regista Carlo Lizzani, curatore della prefazione. E tra storia e leggenda si muove l'esistenza dell'ostessa "garbata e bella" che dà il nome al quartiere e sarebbe raffigurata nel bassorilievo in piazza Geremia Bonomelli. Che si tratti di una persona davvero esistita è la tesi sostenuta, tra gli altri, dal pasticciere Enzo Gori, "storico per diletto", che proprio pochi giorni fa ha presentato una nuova prova, a suo parere inoppugnabile: un dipinto a olio, firmato da E. Ferretti e risalente alla fine dell'Ottocento, nel quale si certificherebbe l'esistenza dell'Osteria di Maria, tanto amata dai suoi concittadini da voler identificare quei luoghi con il suo nome. Malgrado il sovrano avrebbe preferito chiamare la borgata "Giardino Concordia" mentre il fascismo "Remuria", alla fine, infatti, prevalse la diretta volontà popolare. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la Garbatella a oggi rimane uno dei quartieri popolari più vivibili di Roma, ricco com'è di giardini, pensato per i bambini e alle prese, come ovunque, con la drastica riduzione delle nascite. C'è persino chi è pronto a giurare che ancora oggi, in agosto, non si dorma per le cicale e che d'inverno gli alberi si carichino di limoni e mandarini grandi come cocomeri. È quanto sostiene, ad esempio, Massimo Mongai. Scrittore nato e cresciuto proprio lì, vincitore tra l'altro di un Premio Urania per la fantascienza, ha ambientato i suoi originalissimi gialli proprio nel quartiere, facendo delle inchieste di Ras Tafari Diredawa - il barbone etiope alcolizzato che si ritrova, suo malgrado, ad aiutare gli inquirenti nelle indagini di casi di omicidio - una guida fantastica.
Non sono certo una novità, del resto, le incursioni della Garbatella nell'immaginario letterario e cinematografico del nostro paese. Uno dei figli del quartiere è l'attore Maurizio Arena, nom de plume di Maurizio Di Lorenzo, icona del romano popolare, genuino e generoso, sanguigno ma fondamentalmente indolente. Nato nel 1933, a soli ventiquattro anni interpretò Romolo, con il collega coetaneo Renato Salvatori nei panni di Salvatore, in Poveri ma belli, commedia del 1957 che insieme alle successive pellicole Belle ma povere e Poveri milionari costituirà la trilogia con cui il regista Dino Risi offrirà il ritratto di un'intera generazione e lancerà quella commedia romana di cui I Cesaroni stessi sono, in qualche misura, eredi. Ad Arena, scomparso prematuramente nel 1979, nel 2008 è stato intitolato il parco di piazza Benedetto Brin e in via della Garbatella 24, dove è nato, è stata deposta una targa in sua memoria. Più che vegeta, invece, è la sorella Rossana Di Lorenzo, attrice anche lei. Dopo il debutto con Alberto Sordi (che un periodo visse proprio qui e ha un murale a lui dedicato) nell'episodio La camera del film Le coppie - in cui interpretava una moglie popolana - è diventata una delle migliori caratteriste del nostro cinema. Rimasta sempre fortemente legata al quartiere dove continua a vivere, Rossana presta volentieri il suo volto alla Sora Garbatella delle iniziative del Municipio XI. Altri figli illustri di questo quartiere saliti al palcoscenico sono Enrico Montesano e Luigi Proietti, sino al più giovane ma già affermatissimo Valerio Mastrandrea, attori che non hanno mai rinnegato la loro appartenenza di quartiere, facendone al contrario un valore aggiunto nella loro cifra professionale.
Non solo cinema, c'è chi sostiene che l'indimenticato Agostino di Bartolomei, capitano e bandiera della Roma, tirò i suoi primi calci proprio nel campo dell'oratorio filippino della Garbatella. Centrocampista forte sia fisicamente che tecnicamente, Ago, come lo chiamavano i tifosi, lasciò la capitale suo malgrado nel 1984 per approdare al Milan e poi alla Salernitana. Si tolse purtroppo la vita il 30 maggio del 1994, dieci anni dopo la finale maledetta con il Liverpool, sparandosi un colpo di pistola al cuore nella sua casa di San Marco di Castellabbate nel Cilento. Il giorno del suo funerale, uno striscione della "sua" Curva Sud recitava: «Niente parole, solo un posto in fondo al cuore. Ciao Ago». E ancora oggi sono in tanti, alla Garbatella, a ricordare quel campioncino timido quanto determinato che arrivava dal Tuscolano col pallone tra le mani. C'è poi la politica. La Garbatella è tradizionalmente un quartiere a maggioranza di sinistra ma - salvo episodi isolati - tollerante e aperto, troppo pacioso per prendersela davvero e attardarsi in questioni ideologiche. Durante lo spoglio delle ultime politiche, una troupe di La 7 andò a intervistare i frequentatori del club che "ospita" la Bottiglieria dei Cesaroni.
Di fronte a domande di una banalità sconcertante - del tipo: «È in vantaggio Berlusconi, non siete preoccupati?» - le risposte apparivano assai pacate, quasi divertite. Visibile la delusione della giornalista, alla ricerca di chissà quali dichiarazioni di guerra. Meno serene, forse, sarebbero state se a vincere, magari lo scudetto, fosse stata la Lazio, perché più che di sinistra la Garbatella è irriducibilmente romanista. Semmai, molto più che la vittoria di Berlusconi, sono dispiaciute le parole polemiche all'epoca rivolte dal Cavaliere a Totti, le cui gigantografie, insieme a quelle di Agostino Di Bartolomei, campeggiano nel locale. In quel caso sì, le facce si sono stranite. La politica, poi, qui ce l'hanno in casa, e non la prendono troppo sul serio. Perché a pochi passi c'è il Palazzo di Fantozzi - come chiamano l'edificio che ospita la Regione Lazio e che è stato il set di alcuni dei Fantozzi di Paolo Villaggio - ma soprattutto a rappresentare il quartiere, addirittura al governo, c'è un ministro che della propria estrazione territoriale ha fatto un punto d'orgoglio: la titolare della Gioventù, Giorgia Meloni. E anche se i più continuano a votare a sinistra, della "loro" ministra sarebbero orgogliosi. Non solo Cesaroni, insomma.
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