Articolo di Federico Zamboni
Dal Secolo d'Italia di sabato 12 giugno 2010
Il ripensamento. L'unica cosa positiva che può lasciare dietro di sé una crisi di grandi proporzioni è questa. Non la semplice ricostruzione degli avvenimenti, e nemmeno l'analisi tecnica dei suoi specifici meccanismi. Ma il ripensamento. La comprensione delle ragioni profonde che l'hanno determinata e che, assai prima che la situazione precipitasse e si rendesse manifesta, hanno permesso all'infezione di attecchire e di diffondersi. Di abbattere ogni tipo di resistenza. Di dilagare fino a mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa dell'intero organismo sociale...
È un compito tipico della narrativa, amalgamare i concetti e le emozioni fino a ricomporre le notizie e le impressioni in una riflessione indelebile. Le cronache pagano pegno alla realtà, e anche nei resoconti di maggior suggestione devono attenersi ai dati di fatto. Il racconto può compiere tutte le sintesi necessarie a rendere una vicenda non solo interessante ma esemplare. Leggiamo una singola storia, e a poco a poco ne afferriamo i segreti, ma allo stesso tempo stiamo imparando a comprenderne un'infinità di altre, che d'ora in poi potremo osservare con una consapevolezza acuta e definitiva. Siamo testimoni di una finzione. Siamo studenti di una verità. Siamo, nei casi migliori, discepoli di una rivelazione. I destinatari di un dono che, se non saremo così sciocchi da lasciarci distrarre, e così distratti da dimenticarcene del tutto, ci accompagnerà per sempre.
Il romanzo Union Atlantic (edizioni Einaudi Stile Libero, pp. 348, € 19,00) si muove in questa precisa direzione. Intreccia i fili di esistenze immaginarie, che hanno il loro centro negli Stati Uniti di inizio millennio, e mostra quanto siano fragili. L'America è un Paese potente. Ma moltissimi americani non lo sono affatto. L'America vive nel mito del denaro. Moltissimi americani vi si smarriscono, consumati dalla frustrazione di averne troppo poco o dall'arroganza di averne troppo. Chi rispetta le regole rischia di non andare abbastanza forte. Chi viola la legge, o i dannati regolamenti della scuola o dell'esercito o dell'azienda per cui lavori, rischia di mettersi nei guai. Non è bello restare indietro. Non è bello neanche correre senza mai fermarsi.
«Ho sentito come poche volte in passato una necessità di ordine morale, oltre che narrativa», dice Adam Haslett. «È un'idea che ho avuto dieci anni fa. Mi affascinava, e mi affascina tuttora la Federal Reserve, un'istituzione che detiene un potere enorme, ma che poche persone conoscono. Ho cominciato a documentarmi, per capire cosa significasse vivere in quel mondo. Mi interessano i personaggi che lavorano nell'ombra, di norma sono moralmente molto più complessi. Con loro ho voluto affrontare l'aspetto militare e amorale del capitalismo, e anche una forma di rabbia prettamente maschile». L'idea di partenza ha richiesto diversi anni, prima di concretizzarsi nella versione definitiva e di caricarsi di una fortissima assonanza con la terribile crisi scoppiata due anni fa. Eppure, la collocazione temporale della storia non è cambiata. L'antefatto risale al 1988, ed è ambientato su una nave da guerra che incrocia nel Golfo Persico. Gli avvenimenti successivi si svolgono tra il gennaio 2001, quando l'attentato alle Torri Gemelle era di là da venire (e assolutamente inimmaginabile), e il marzo del 2003, subito prima dell'attacco statunitense contro l'Iraq di Saddam Hussein. Il protagonista si chiama Doug Fanning: nel 1988 era un giovane marinaio prossimo al congedo, partito volontario per sfuggire alla sua condizione di ragazzo povero e figlio di una ragazza-madre. Tredici anni più tardi è il "responsabile dei progetti di espansione" della Union Atlantic, una banca che come tante altre si sta dedicando sempre di più alla speculazione finanziaria, grazie alla decisione di Clinton di abrogare il Glass-Steagall Act che per 66 anni, dal 1933 al 1999, aveva vietato ai normali istituti di credito di operare anche nel settore degli investimenti mobiliari. Doug ci sa fare. Ha capito come funzionano le Borse e sa benissimo che la mistura ideale per fare quattrini è fatta di intuito e di esperienza, nonché di informazioni riservate acquisite con ogni mezzo. Il cinismo è implicito, se no non si comincia nemmeno. La tempestività è sottintesa, visto che la prima regola è che nessuna tendenza, né al rialzo né al ribasso, dura all'infinito. Si compra per rivendere. Per ottenere un profitto. I rischi calcolati si accettano. Quelli stupidi no. Mai intestardirsi su un'unica idea. Su un'unica puntata. Su un unico azzardo.
Doug si è fatto le ossa a Wall Street. Poi, nel 1995, il boss della Union Atlantic, Jeffrey Holland, l'ha chiamato a lavorare nel suo staff. La sede centrale è a Boston, Massachusetts. Il medesimo Stato in cui si trova anche Finden, la cittadina in cui Doug è cresciuto e in cui è rimasta a vivere sua madre. Boston è sulla costa. Finden è nell'entroterra. Doug non è più tornato a casa, da quando se n'è andato via per arruolarsi in Marina. Doug si è preoccupato solo di accumulare denaro. Un affare dopo l'altro. Una gratifica dopo l'altra. Finden può aspettare. Può aspettare fino a quando i piatti della bilancia torneranno in equilibrio. Di là il vecchio cumulo arrugginito delle umiliazioni patite da bambino e da ragazzo. Di qua la montagna scintillante dei successi professionali e dei dollari che li hanno sanciti. Il suo non deve essere un banale rientro dopo una lunga assenza, ma un ritorno trionfale. Non importa che tutti lo sappiano subito, che il giovane Doug è di nuovo nei paraggi e che ha fatto fortuna. L'importante è che lui abbia comprato un terreno demaniale da due ettari e che l'abbia pagato due milioni e mezzo. E che adesso ci costruisca una casa di lusso. Una pacchianata, direbbe qualcuno. Tanti altri, invece, non avvertirebbero nessun bisogno di definirla. La guarderebbero come l'avrebbe guardata lui a suo tempo: invidiando chi era così ricco da potersela permettere. Doug Fanning è estremamente spregiudicato, eppure non è lui a commettere lo sbaglio che lo porterà alla rovina. E che, per il suo enorme ammontare, condurrà la stessa Union Atlantic sull'orlo del fallimento. Ma la chiave del libro è proprio questa: è la stupefacente, assurda, concreta facilità con cui, nel mondo della finanza speculativa, si possono formare dei grovigli così vasti e intricati da diventare pressoché impossibili da sciogliere. Tutto così semplice, finché non diventa terribilmente complicato. Tutto così eccitante, finché non diventa lugubre e senza scampo come una sentenza di morte o una condanna all'ergastolo. I soldi che si moltiplicano in modo esponenziale, solo perché li sposti da un ambito a un altro. Il tempo che passa e che ripete cento volte, mille volte, lo stesso miracolo. I foglietti del calendario che si staccano e prima ancora di aver toccato terra si tramutano in biglietti di grosso taglio, o in assegni con cinque o sei zeri. La sabbia della clessidra che diventa oro. Fino a quando, per un motivo o per l'altro, l'incantesimo si spezza e l'oro torna a essere sabbia. E la sabbia si trasforma in fango.
La Union Atlantic verrà salvata per volere del governo e col pieno supporto della Federal Reserve. E il nostro Doug Fanning diventerà il capro espiatorio e dovrà lasciare gli Stati Uniti sotto falso nome, tornando nei Paesi del Golfo come contractor. Un altro business miliardario, anche se per lui ci sono solo le briciole della paga e anche i rischi mortali delle missioni. Un altro caso, più evidente, di arruolamento mercenario al soldo del sistema.
Federico Zamboni
Federico Zamboni
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