Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia di sabato 12 giugno 2010
Hanif Kureishi è sicuramente uno dei narratori contemporanei che esprimono al meglio il nostro tempo con la scrittura. Nato a Londra nel 1954 da padre pakistano e musulmano e madre britannica, drammaturgo, sceneggiatore, regista, narratore e anche saggista, con il romanzo Buddha delle periferie del 1990 ha fotografato con grande consapevolezza un destino europeo sempre più pluriculturale, multietnico, postideologico... Da qualche giorno in Italia per presentare il suo ultimo libro - dal titolo dal sapore spengleriano: Il declino dell'Occidente (tradotto in italiano da Ivan Cotroneo, edizioni Bompiani, pp. 124, € 15,00) - Kureishi ha l'occasione per spiegare le sue idee, per molti versi assai vicine a quella del francese Michel Houellebecq...
Guardando alla dimensione profonda dell'Europa di oggi, Kureishi sostiene, ad esempio, che il fondamentalismo islamico e un liberalismo di facciata si alimentino a vicenda. Il fenomeno tutto contemporaneo della crescita dell'estremismo islamica - ha detto a Leonetta Bentivoglio che lo intervistava per la Repubblica - «insieme al suo forte desiderio di identità, contrapposto all'arroganza occidentale, sono questioni su cui riflettere molto». Sotto accusa finisce la concezione di un presunta liberalismo che coinciderebbe con la logica dello shopping e del consumismo. Un'idea (e una pratica) della libertà «senza contenuti» che automaticamente produce per reazione forme regressive e falsate di identitarismo.
C'è necessità, dice Kureishi, di fuoriuscire da questa falsa alternativa perché «affrontando questi temi con realismo ed energia si possono identificare strade nuove». D'altronde i probelmi dei giovani d'oggi sono diversi da quelli di trent'anni fa. «Allora vivevamo nella lieta convinzione di un solido futuro. I nostri figli sono invece assillati da domande quali: troverò un lavoro? Come ripagherò il mutuo che ho dovuto fare per studiare? Un'intera rete di sicurezze è andata distrutta...». Da questo punto di vista - al di là di quello che è stato scritto su Libero parlando di «linguaggio da compitino progressista», ma da quelle parti solo soliti prendere cantonate con scrittori e intellettuali... - vale la pena leggersi almeno il primo dei racconti della raccolta Il declino dell'Occidente, in cui emerge, e non è la prima volta per Kureishi, un'autocritica impietosa della generazione di snistra degli anni '70. Si racconta di Maggie, una donna di mezza età che si reca a Londra per incontrare un vecchio compegno di gioventù, Max. Maggie era stata bella a vent'anni, dolce, colta e intelligente. Poi aveva immolato tutto il suo fascino all'ideologia, come tanti allora. Ed è rimasta così. Max, invece, è cambiato, si dice pronto a votare anche per il sindaco tory Boris Johnson: «Mi piace - dice - pensare di poter rivedere le mie opinioni. Col passare degli anni, continuare a credere nelle stesse cose sarebbe sciocco come indossare gli stessi vestiti». Ha da ridire sugli anni '70, «quando l'intera nazione veniva ricattata da un gruppetto di integralisti di sinistra che non volevano crescere». Ma, tra le altre accuse parole a Maggie, c'è un j'accuse sull'egualitarismo davvero efficace: «Non volevate solo il femminismo, che è una cosa eccellente, ma avete attaccato ogni genere di autorità, in particolare quella dei padri, preferendo l'eguaglianza. Avete fatto in modo che l'autorità morisse, ma non c'è stata eguaglianza, solo caos ed è per questo che adesso siamo nei casini...». Illuminante la scena finale: «I ragazzi osservarono gli adulti che puntavano il dito e inveivano l'uno contro l'altro, e prima che avessero finito chiesero i soldi per un videogico e una pizza». Il volto della realtà.
Luciano Lanna
Nessun commento:
Posta un commento