Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia di martedì 29 giugno 2010
L'Italia del pallone ha voltato pagina: l'era Prandelli è già iniziata. Ai reduci della debacle sudafricana i tifosi non hanno riservato nemmeno una contestazione, condannandoli alla punizione-sepoltura dell'oblio. Il nuovo corso segna la fine di un tunnel senza luce, nel quale l'ultima fase della gestione Lippi avea fatto precipitare il movimento azzurro. Sognando di passeggiare con Claudio Prandelli sul prato dello stadio Olimpico illuminato in attesa di un grande evento che riprenda a far battere ed emozionare i cuori degli sportivi, ecco il catalogo di dieci idee per rimettere in corsa la Nazionale...
... fascinazioni che non possono prescindere dall'assioma di Gianni Brera: “E' poi sicuramente il calcio una pantomima euclidea fondata sul nerbo atletico e sull'abilità giocolieristica. Vi eccellono i coraggiosi come i furbi, i generosi ricchi di estro come i calciatori metodicamente legati ai propri schemi di manovra. (...) La palla segue geometrie di labile e pur nitido disegno. Il modulo tecnico-tattico del gioco si realizza attraverso schemi il più possibile puntuali e precisi. Fissare quegli schemi – o forme o figure – talora tracciati con mosse e spostmente fulminei, significa elevarsi a notevole capacità di astrazione e, insieme, di durevole memoria visiva: di qui la costante difficoltàdell'interpretazione critico tecnica del gioco in ogni sua fase” (“Il mestiere del calciatore”, Book Time).
La tradizione come narrazione dell'anima sportiva: ogni avventura calcistica non può prescindere dalle forze immateriali che generano gli eventi. Motivazioni, concentrazione, forza mentale, rabbia agonistica sono fattori imprevedibili, che posso esplodere come una forza irrefrenabile se la Nazionale si connette con la narrazione civile di un popolo, diventandone insieme orgoglio e fiore all'occhiello della propria capacità di innovare nel solco di una scuola. Questa connessione sentimentale è mancata proprio alla banda di bischeri che è affondata contro la Slovacchia in Sud Africa.
Il progetto tattico: gli schemi non sono solo numeri, ma risentono delle caratteristiche antropologiche di un popolo. L'Italia si è sempre caratterizzata per la cura nel gioco difensivo, nella predisposizione a rompere le trame avversarie, preservando il proprio portiere dagli assalti degli attaccanti con una retroguardia nerboruta e rapida nelle marcature. Bonucci, centrale forte di testa e con piedi da raffinato direttore d'orchestra è la pietra angolare su cui costruire la nuova architettura, individuando al più presto un vice Buffon in grado di non morire di paura tra i pali, come il pusillanime Marchetti.
Cassano o la riabilitazione del genio: il fantasista barese non sarà il salvatore della patria, ma con Prandelli tornerà a non essere più ostracizzato. Riconnettere la nuova nazionale con il miglior talento calcistico degli ultimi anni è un indispensabile passo in avanti. Da compiere senza tentennamento.
Balotelli o l'irrequietezza della gioventù ribelle. Il puntero dell'Inter è un guascone che spesso combina grossi guai. L'ultimo è stato questo inopportuno travestimento da pistolero, Le sue prestazioni sportive, però, garantiscono potenza ed imprevedibilità ad un reparto offensivo finora apparso gracilino e poco incisivo.
Il rapporto con i club. Prandelli dovrà alimentare una sinergia con le grandi squadre. La convocazione in azzurro non è un deprecabile effetto collaterale che penalizza il business del club, ma un premio ed una valorizzazione non soggetta agli stridenti parametri monetari.
La rinascita dei vivai: l'elogio della Germania come capolavoro multietnico è una formula surreale e conformista, buona solo per chi il calcio lo ha praticato sulle consolle dei giochi elettronici. Di contro basterebbe prendere allora il percorso del Ghana in marcia verso la semifinale per esaltare allora l'integrità identitaria delle Stelle Nera. Dietro il successo africano, di contro, c'è un moderno sistema di scuole calcio, tra cui eccelle la Liberty Professionals di Accra che ha selezionato e forgiato giovanissimi talenti, i nuovi vittoriosi guerrieri di un continente intero. Le soluzioni per incentivare i vivai in Italia sono tante e stranote. Aumentare gli investimenti e modernizzare le tecniche di allenamento è essenziale quanto un necessario cambio di rotta dei media che al campionato nazionale Primavera dedicano solo uno spazietto nella colonnina delle brevi.
Stadi al passo con i tempi. Il movimento riprenderà a crescere se si porterà a termine la rivoluzione degli impianti. Gli stadi italiani più moderni sono quelli reduci da Italia '90, è hanno ormai più di vent'anni oltre ad essere in molti casi frutto di un compromesso inspiegabile con il Coni, che ne ha imposto il mantenimento delle piste di atletica. Trasformarli in luoghi accoglienti per famiglie e bambini è una opzione che garantisce non solo un ritorno economico, ma anche una rinnovata compartecipazione al futuro del movimento.
Oriundi sì, ma... L'innesto di Sivori nella nazionale azzurra negli anni sessanta docet. Non sempre certe furbizie sono risolutive. L'appello agli oriundi nel premondiale (e nel post da parte di Abete) è stato fuorviante e figlio di una ideologizzazione che poco si integra con il verbo calcistico. La punta Amauri o il centrocampista Tiago Motta non avrebbero cambiato l'esito della spedizione a Joahnnesburg. Il Camoranesi di Berlino non è stato quello del Sud Africa. I campioni sono doni del fato, ma i buoni giocatori si costruiscono nei vivai.
Una federazione con una marcia in più. La Figc condivide con Lippi l'onta dell'eliminazione. Dimissioni o meno del presidente Abete il peso internazionale del calcio azzurro in Sud Africa è stato impercettibile. Una grave mancanza se si pensa che eravamo i campioni del mondo. Da qui la necessità di una maggiore visibilità ed influenza nella Fifa.
Trasparenza nella comunicazione. I media possono debordare e volersi sostituire al ct, ma in casi di normale dialettica filtrano il rapporto tra gli azzurri ed il paese. Prandelli deve ripartire da un diaologo franco con gli osservatori ed i critici per restituire l'immagine di una nazionale di tutti e non solo ostaggio di un clan.
Michele De Feudis
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