Presentato il nuovo Charta minuta, con Urso, Belloni, Turkson e Fofana
Da dove riparte la strada dell'Africa
Il primo caldo quasi estivo ha creato l'atmosfera giusta, il resto l'hanno fatto gli interventi dei relatori e il dibattito con il pubblico, e un piccolo squarcio sull'Africa si è aperto in occasione dell'ultimo numero di Charta minuta, dedicato interamente al Continente nero...
A parlarne, moderati da Paolo Quercia, responsabile Affari internazionali della Fondazione Farefuturo, c'erano Adolfo Urso, direttore politico della rivista e viceministro allo Sviluppo economico, Elisabetta Belloni, direttore generale della cooperazione allo sviluppo della Farnesina, Aminata Fofana, cantautrice e scrittrice, e il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace. Tra il pubblico, poi, l'ambasciatore della Somalia in Italia, rappresentanti dell'Etiopia e del Mozambico, parlamentari, esponenti del mondo dell'impresa e del terzo settore.
Ad aprire i lavori è stata Aminata Fofana, che ha portato la propria personalissima esperienza di artista africana emigrata in Europa, sottolineando le difficoltà di resistere al quasi inevitabile annacquamento delle proprie radici culturali. Proprio questo, secondo la scrittrice, è uno dei motivi che non permettono il rilancio del continente: gli africani che vivono in Occidente subiscono il distacco del filo che li legava alle origini, al bagaglio culturale che dovrebbe essere la base per un impegno proficuo ed efficace. Quali africani cambieranno l'Africa? Questa la domanda posta, che evidenzia un tema fondamentale della globalizzazione: il rischio di massificazione e uniformazione occidentale delle culture.
Ad aprire i lavori è stata Aminata Fofana, che ha portato la propria personalissima esperienza di artista africana emigrata in Europa, sottolineando le difficoltà di resistere al quasi inevitabile annacquamento delle proprie radici culturali. Proprio questo, secondo la scrittrice, è uno dei motivi che non permettono il rilancio del continente: gli africani che vivono in Occidente subiscono il distacco del filo che li legava alle origini, al bagaglio culturale che dovrebbe essere la base per un impegno proficuo ed efficace. Quali africani cambieranno l'Africa? Questa la domanda posta, che evidenzia un tema fondamentale della globalizzazione: il rischio di massificazione e uniformazione occidentale delle culture.
Nel suo intervento, invece, il viceministro Urso ha tracciato un quadro esaustivo e realistico della presenza economica italiana in Africa, ha tirato le somme di un impegno che finalmente si sta facendo costante e serio, dopo decenni di scarsa attenzione del nostro paese nei confronti dei paesi africani (a parte quelli di tradizionale interesse strategico). Urso ha ricordato che dallo scorso anno Roma ospita un meeting internazionale dedicato all'Africa e fortemente voluto dal suo ministero. Dopo il successo della scorsa edizione, l'appuntamento di quest'anno al Campidoglio ospiterà ben venticinque Stati africani, oltre a imprenditori, politici, intellettuali. Un vero e proprio happening sull'Africa e sui suoi rapporti con il nostro paese, il segno evidente di un interesse ritrovato.
Un punto particolarmente importante sul quale si è soffermato il viceministro Urso, e che ha trovato d'accordo tutti i relatori, è la necessità di porre fine agli aiuti a fondo perduto e senza controllo, che fino a oggi hanno arricchito classi dirigenti più che corrotte, invece di migliorare le condizioni di vita della popolazione. Bisogna passare, anche nel campo della cooperazione, a un approccio più realista e produttivo, senza tuttavia dimenticare le motivazioni solidaristiche che rivestono comunque un ruolo importante.
Particolarmente interessante, anche per gli sviluppi futuri dell'approccio italiano all'Africa, è stato l'intervento di Elisabetta Belloni, direttore generale della cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri. Anche in questo caso si è avvertita la convinzione che bisogna cambiare registro, che i nuovi approcci di partnership e ownership devono essere al centro del nostro rapporto con le nazioni africane. L'intervento di Belloni ha poi innescato un interessante dibattito con il pubblico sulla necessità di un impegno comune dell'Europa, che da troppo tempo ha lasciato campo aperto all'iperattivismo cinese e indiano.
Il cardinale Turkson, invece, «da africano, prima che da presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace», ha ricordato come la rinascita dell'Africa debba necessariamente partire dagli africani. Solo se si renderanno conto anche loro di essere un'opportunità e una ricchezza per il mondo, infatti, potranno diventare protagonisti del loro Rinascimento.
La strada dell'Africa (questo è il titolo del numero di Charta minuta) potrebbe finalmente essere meno dura del previsto. C'è una nuova consapevolezza che fa ben sperare. E dopo secoli di miopie occidentali e di impotenza africana, sarebbe proprio ora.
Fonte: Ffwebmagazine
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