giovedì 29 luglio 2010

Quando si diventava cantautori per caso (di Luciano Lanna)

Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia di giovedì 29 luglio 2010
«Se oggi avessi quindici anni probabilmente scriverei musiche rap contro Berlusconi, perché questa sarebbe ora come ora una cosa rivoluzionaria...». A dirlo è Andreina Tomada, nella Roma degli anni Settanta una ragazzina anticonformista: «Al liceo Righi fui adescata - racconta - da un gruppo di foruncolosi pieni di capelli e di barbe con la formula "o vieni al nostro collettivo o vai a quello fascista". E io andai a quello fascista, solo perché odiavo, e odio tuttora, le imposizioni. Lì trovai ad accogliermi l'attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che non era sindaco ma solo un ragazzino minuto di quattordici anni come me e uno sparuto gruppo di ragazzi...». La testimonianza è riportata in Il nostro canto libero. Il neofascismo e la musica alternativa (Castelvecchi, pp. 294, € 32,00), un bel libro in cui Cristina Di Giorgi e Ippolito Edmondo Ferrario, ripercorrono tutta la stagione della canzone d'autore e delle band musicali che nacquero a destra nel contesto del movimentismo giovanile degli anni Settanta...
 E il racconto di Andreina riesce a spiegare tutto meglio di tante teorizzazioni: «Io ero affascinata dalla cultura, in ogni sua espressione: letteratura, musica, teatro, cinema. E cominciai allora a frequentare gruppi di ricerca teatrale e cineclub. Cantavo musiche inglesi del Cinquecento e frequentavo anche un gruppo di preti beat. E uno di essi mi insegnò a suonare la chitarra. Ero divisa tra le cose interessanti che nascevano a sinistra e gli amici che avevo e che come me si collocavano politicamente a destra». La musica dell'epoca, condivisa da tutti i giovani, era soprattutto quella dei cantautori: Guccini, De Gregori, De André, Venditti, Battisti... «Per esprimere quello che sentivo e anche per emularli - prosegue Andreina nel suo racconto - ho iniziato a scrivere anche canzoni mie. La prima esibizione in pubblico fu al Teatro Quirinale e me la fece fare Teodoro Buontempo... Salii sul palco e fu un grande successo...». Poco dopo ci fu il primo Campo Hobbit, raduno movimentista e creativo dei giovani di destra, e la Tomada ci va: la foto che la immortala mentre si esibisce sul palco è rimasta nell'immaginario e ogni tanto appare anche sulle pagine del Secolo. «Finito il liceo - scrivono la De Giorgi e Ferrario - Andreina è andata a vivere e studiare all'estero, e ha poi iniziato a lavorare come indossatrice e a viaggiare. La sua uscita di scena, come dice lei stessa, è avvenuta per caso, come per caso le era capitato di entrare a far parte di quel mondo musicale alternativo...». Una storia, la sua, che potrebbe accompagnarsi - anche se ne Il nostro canto libero non se ne parla - a quella di Sergio Caputo, il cantautore che si autodefinì con quelle parole: «Io con questa faccia e il mio passato da dimenticare». Caputo infatti nel '73 era ideatore, grafico e vignettista del periodico Alternativa, ispirato sia nella testata che nei caratteri ad Alternative di Jack Marchal. E furono numerose le tracce e i segni che Sergio, come Andreina, ha seminato in un certo mondo: il poster con Ezra Pound e la frase "Se un uomo non intende correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono niente o non vale nulla lui", manifesti, adesivi, fumetti, il suo circolo Il Covo a Corso Francia, e ovviamente la musica. Tanto che il suo primo singolo, Libertà dove sei, nasceva anche da quei fermenti e da quelle passioni...
Cristina De Giorgi e Ippolito Edmondo Ferrario hanno avuto il merito oggettivo di essersi andati a ricercare buona parte dei musicisti e dei cantautori che esordirono in quel periodo nell'ambito del movimentismo di destra. Fenomeno che spiega Giovanni Tarantino - in Da Giovane Europa ai Campi Hobbit (in uscita per la fine dell'anno presso Controcorrente) - «va però raccontato e spiegato oltre la convenzionale collocazione storiografica all'interno della sola galassia neofascista o postfascista. E semmai, invece, come espressione specifica e particolare di una particolare stagione condivisa rappresentante dai due snodi epocali del '68 e nel '77». Lo ha spiegato bene nel suo saggio Boom anche il sociologo Fausto Colombo, unificando le varie esperienze del movimentismo giovanile del secondo Novecento all'interno della comune percezione di una unità generazionale di fondo. E utilizzando come esempio paradigmatico l'adozione trasversale del Signore degli Anelli come testo unificante. Commentava Colombo: «Si intuiscono la frattura con i politici della destra tradizionale, la voglia di stare insieme, il riconoscersi in una nuova cultura comune. Fra le due anime che spaccavano i giovani italiani c'erano correnti comuni…». Ricorda, ad esempio, Loris Lombroni, oggi stimato medico che si occupa di ragazzi handicappati ma nei Settanta autore di alcuni tra i più celebri motivi cantati dai ragazzi di destra come La ballata del nero: «Non eravamo in fondo così diversi dai nostri coetanei che stavano dall'altra parte della barricata». E Mario Bortoluzzi, voce e leader della Compagnia dell'Anello, è sincero: «I primi rudimenti di chitarra li appresi in collegio da tale Rontani, militante di Stella Rossa di Livorno. E la prima canzone che riuscii a strimpellare fu La locomotiva di Francesco Guccini, un autore che mi ha decisamente influenzato nelle scelte stilistiche successive». E sul successo della sua band aggiunge: «Anni fa scoprimmo che la Compagnia era ascoltata da tempo da uno dei siti più in voga del progressive italiano, Movimenti-prog. E fummo anche contattati da uno dei giornalisti del sito, apertamente di sinistra, che ci dedicò tre lusinghiere recensioni che non tacevano affatto la nostra posizione politica...». Analogamente, quando Emanuele D'Angelo, animatore e chitarra del gruppo degli Acroama, deve tirare fuori le sue ascendenze musicali, emerge che il suo gruppo preferito è il Banco del Mutuo Soccorso, segue la PFM, i Perigeo, la Nuova Compagnia di Canto Popolare di Eugenio Bennato.
Un caso a parte è quello di Michele Logiurato, in arte Michele Di Fiò: le sue erano canzoni non necessariamente militanti ma che, pur richiamandosi ad una "visione del mondo", parlavano d'amore, di ambiente (come Ciao Seveso) e di situazioni esistenziali. Così il cantautore pesarese, che dagli anni '90 è un imprenditore, vive in campagna, è vegetariano e animalista, allora sfornava canzoni come Anna, la storia di una studentessa che rimaneva incinta «… a 18 anni compiuti da poco» non dissimile dalla Sara di Antonello Venditti. E adesso a Ferrario e alla Di Giorgi dice: «Di una cosa sono veramente contento. Tutti i miei collaboratori di allora, i responsabili territoriali della mia rete di collegamento tra radio libere e anche rivista, La Mosca Bianca, sono diventati pezzi da novanta in politica: ricordo per tutti con affetto Umberto Croppi, Fabio Granata e Roberto Tundo...». Fabrizio Marzi, infine, oggi veterinario e collaboratore del nostro Secolo, ci tiene a dirlo: «Una delle mie canzoni, Lontana, piacque molto a Gianni Prudente, un professionista che lavorava con De André, mi disse che aveva le carte in regola per uscire dal circuito alternativo. Mi invitò in una sala di incisione, ma io non ci andai». Anche qui, il caso... Fatto sta che il passaggio alla professionismo musicale ci fu solo con la Compagnia dell'Anello e con Di Fiò.
Tutto infatti iniziò per il contesto specifico d'allora. «Ai ventenni degli anni Settanta - ha spiegato Bortoluzzi - i canti del fascismo e della Rsi non potevano bastare più. E anche le belle canzoni di Leo Valeriano, le ultime a chiudere gli anni Sessanta, appartenevano a un decennio e a un clima ormai tramontato. Bisognava cantare il presente e aprirsi al futuro». E il primo lancio arrivò nel 1977 col primo Campo Hobbit che aprì la strada a tanti nomi e tanti gruppi: gli Amici del Vento, la Clessidra, gli Janus, Renato Colella, Roberto Scocco, Nereo Zeper, Massimino Morsello e gli altri... Ferrario e la Di Giorgi fanno parlare anche Walter Jeder, Fabio Torriero, Marcello de Angelis, Fabio Costantinescu, Giulio Lorani e altri, compresi i co-protagonisti.
Quell'esperienza è «un fiume carsico - spiega Ferrario - anche perché gli autori di quegli anni non hanno mai raggiunto i circuiti commerciali». Aggiunge la Di Giorgi: «Quelle canzoni sono ancora oggi un elemento che accomuna le diverse anime di una destra politica e culturale plurale, articolata e complessa...». Anche per questo Il nostro canto libero è un libro utile. La politica è anche questo.
Luciano Lanna

1 commento:

Adesivi per pareti ha detto...

Ancora nessun commento