martedì 20 luglio 2010

Spaggiari, bandito gentiluomo (di Silvio Botto)

Articolo di Silvio Botto
Da Linea quotidiano del 20 luglio 2010
Bandito, gentiluomo e fascista. Un trinomio insolito, che descrive solo in parte la complessa e affascinante personalità di Albert Spaggiari, il “Rocambole” del grande furto di Nizza nell'estate del 1976. Uno dei tanti “colpi del secolo”, come i giornali definiscono abitualmente le più spettacolari rapine commesse ai danni delle banche, ma con un sapore romantico e avventuriero in più. Perché Spaggiari, ex paracadutista in Indocina ed ex militante dell'Oas, è la prova che molto spesso la realtà supera la fantasia di romanzieri e sceneggiatori.
Il suo nome è tornato a galla nei giorni scorsi, in occasione del 34° anniversario del furto alla Société Générale di Nizza, compiuto fra il 17 e il 19 luglio del 1976. Su Facebook è circolato un singolare saluto e omaggio alla “vecchia canaglia” (deceduta nel 1989) a firma di Paolo Signorelli, un altro “maudit” accusato d'ogni nefandezza - compresa la strage di Bologna - ma poi sempre assolto, dopo aver trascorso svariati anni in galera. Signorelli, che conobbe Spaggiari prima del famoso colpo alla banca di Nizza, lo definisce «Un simpatico guascone, un viandante, un viaggiatore dei sogni».
«Il prosciugamento del caveau della Société Générale di Nizza? Una beffa per i benpensanti e per gli usurocrati della banca. Gai Saber e gusto della dissacrazione – scrive Signorelli - E poi, è più colpevole l’uomo che rapina una banca o la banca come predazione istituzionale? Sicuramente la banca. Così, non a caso, sosteneva Bertold Brecht. Per Albert il colpo rappresentò un’opera d’arte. Anche perché a lui era il gesto estetico che interessava, non il danaro». Un omaggio che si è diffuso rapidamente sul social network più famoso del mondo, dove, fra l'altro, la pagina dedicata ad Albert Spaggiari ha già più di 7 mila fans.
Del fenomeno Spaggiari si è occupato anche Ugo Maria Tassinari, autore di numerosi libri e massimo esperto della storia della destra radicale italiana, che nel suo blog “Fascinazione” ha dedicato un corposo articolo al ricordo dell'avventuriero francese. Tassinari descrive il famoso colpo alla filiale di Avenue Jean Medecin, nel centro di Nizza (la banda lavorò per tre mesi nelle fogne cittadine per arrivare sotto il caveau), la rocambolesca evasione dal palazzo di giustizia (Spaggiari si lanciò dalla finestra dell'ufficio del giudice, atterrando sul tettuccio di una macchina parcheggiata lì sotto e fuggì a bordo della moto di un complice), la lunga latitanza in Sud America e nel Veneto, dove alcuni camerati gli procurano una nuova identità e una baita in montagna, nei pressi di Belluno. Infine la morte prematura, a soli 56 anni, per un cancro alla gola; e l'ennesima beffa con il rimpatrio clandestino della salma, poi tumulata nella tomba di famiglia a Laragne, un paesino dell'Alta Provenza.
La breve vita del fuorilegge gentiluomo sembra uscita dalla penna di un romanziere d'avventura, un Dumas o un Salgari contemporaneo. Nato nel 1932, Albert rimane orfano di padre ad appena due anni e mezzo e segue la madre che si risposa a Hyères, in Costa Azzurra. A 18 si arruola nelle esercito e combatte per quattro anni in Indocina, dove viene ferito e decorato ma trova anche modo di manifestare la sua naturale irrequietezza: viene arrestato dopo aver rapinato un bordello di Hanoi, i cui tenutari avevano maltrattato alcuni suoi compagni d'armi. Nel '54 torna in Francia a scontare la pena ed esce di galera nel '57.
Si sposa con Marcelle Audi e lavora per una società che produce casseforti, per la quale si trasferisce alcuni anni in Senegal. Nel 1960 torna in Francia e comincia a frequentare gli ambienti nazionalisti e dell'estrema destra, diventando militante dell'Oas (Organisation Armée Secrète), il gruppo paramilitare che si oppone alla decolonizzazione dell'Algeria voluta da De Gaulle. Finisce in carcere un altro paio di volte, per reati legati all'attività clandestina dell'Oas, poi nel '68 Albert Spaggiari sembra optare per una vita tranquilla: apre un negozio di fotografia a Nizza e si trasferisce a vivere in un casolare sulle colline dietro la città, ribattezzato “Le oche selvagge” in onore alla Legione straniera.
Il realtà l'ex paracadutista non si adatta a un'esistenza borghese, continua a frequentare gli ambienti nazionalisti e il milieu dei criminali marsigliesi, maturando l'idea di fare un colpo memorabile, che gli avrebbe cambiato la vita. Comincia a studiare la filiale della Société Générale e scopre che è possibile arrivare ai suoi caveaux passando dal sistema fognario. Mette insieme una piccola banda e lavora per mesi, scavando gallerie e tunnel sotto il centro di Nizza: Spaggiari e i suoi sospendono o preparativi solo il 10 luglio del 1976, in occasione della visita in Costa Azzurra del presidente Giscard d'Estaing.
Una settimana dopo il colpo viene realizzato: in due giorni e mezzo, da sabato 17 alle prime ore di lunedì 19 luglio, i ladri aprono 371 casseforti e portano via dalla Société Générale 50 milioni di franchi, l'equivalente di circa 25 milioni di euro attuali. Nel caveau svaligiato i poliziotti troveranno solo una scritta: «Sans arme, ni haine ni violence» (Senza armi, senza odio né violenza). La polizia brancola nel buio per mesi, poi riesce a trovare una traccia. Arresta un po' di complici, qualcuno fa il suo nome. Interrogato per ore, Spaggiari nega ogni coinvolgimento, ma quando i flic minacciano di arrestare pure la moglie (estranea al colpo) ammette le sue responsabilità, senza però coinvolgere nessun altro. Il 10 marzo del '77, mentre viene interrogato per l'ennesima volta nell'ufficio del giudice Richard Bouazis, l'ex paracadutista si lancia dalla finestra e fugge ancora una volta. Il proprietario della Renault 5 danneggiata dalla sua caduta si vedrà poi arrivare un assegno di risarcimento di 3 mila franchi.
Durante la sua latitanza Albert Spaggiari diventa un celebrità. Concede interviste in località segrete, scrive tre libri di memorie, persino lo scrittore di thriller Ken Follett gli dedica un volume: “La grande rapina di Nizza”. «Io non ho tenuto un soldo – dirà poi Spaggiari - la mia parte è andata agli oppressi di Portogallo, di Jugoslavia, d’Italia», alludendo forse al finanziamento di movimenti nazionalisti. Ispirandosi a lui, nel 1979 il regista Josè Giovanni gira il film “Les egouts du paradis” (Le fogne del paradiso), cui seguiranno una pellicola inglese (“The Great Riviera Bank Robbery”) e nel 2008 “Sans arme, ni haine ni violence” di Jean-Paul Rouve.
Per anni viene avvistato un po' dovunque, dall'Argentina al Paraguay al Cile, dove dicono abbia trovato riparo grazie al regime di Pinochet. In realtà, almeno negli ultimi anni, è molto più vicino alla sua amata Nizza: nella primavera dell'89 chiama l'anziana madre dall'Italia o dall'Austria, annunciandole di averne ancora per poco a causa di un cancro alla gola. Il 10 giugno la sua ultima compagna e un gruppo di amici italiani si presentano a Hyères con il suo cadavere nascosto nel bagagliaio dell'automobile. La madre lo farà seppellire nel paese natale, Laragne. L'ultima beffa di Albert Spaggiari.
Silvio Botto
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