Dal Libano all'Inghilterra; pop, libertà e bellezza al di là dei canoni. L'ultimo singolo è un manifesto: "Noi non siamo quello che pensi tu"
Articolo di Daniele Priori
Dal Secolo d'Italia di giovedì 2 settembre 2010
Nella foto il cantante Michael Holbrook Penniman Jr., in arte Mika, nato a Beirut nel 1983.
Qualcosa in queste parole suona famigliare: «Noi non siamo fighetti. Noi siamo liberi». E allora invitiamo pure Mika nella nostra bottega delle idee. Anzi: ripartiamo dalla sua musica. I battiti sono quelli giusti, i ritmi allegri e spensierati, la scapigliatura da artista vero. Fuori dalla portata dei pedanti parrucconi della cultura ufficiale, quanto da quella delle veline prese a osannare unicamente il disimpegno frivolo di un personaggio come Lady Gaga. I tempi sono esattamente quelli di oggi. Quelli del curvone: il "tornante" della storia. L'estate è ancora questa, burrascosa e feconda, del 2010. Sufficiente a farci pensare, dopo litri e litri di polemiche sterili, che vale proprio la pena fare quattro salti nel mondo a fumetti dello sbarazzino e ancora ragazzino Michael Holbrook Penniman Jr...
Il suo nome d'arte, Mika, così come gran parte della sua produzione, lo conoscono tutti. Meno persone hanno incontrato la storia di questo giovanotto dal profilo divertente e al tempo stesso coraggioso. «Il caos mi piace. Le contraddizioni sono bellissime. Guardate me…» - dichiarava in un'intervista rilasciata lo scorso giugno al settimanale Io Donna. «Noi non siamo quello che pensate voi!» - ripete nel suo ultimo singolo, We are golden. "Siamo d'oro", appunto. E sembra dirlo ai critici e al mondo delle etichette (non solo discografiche) che continuano ad avere bisogno di metri e target persino per misurare l'audience potenziale di un artista, se del caso (e capita spesso) mettendo in secondo piano addirittura la stessa arte.
Così Mika è passato agli occhi di tutti come l'autore, quattro anni fa, di Grace Kelly, hit-tributo che l'ha reso famoso, quando invece lui, proprio in quel brano, non faceva altro che ironizzare bonariamente sullo sguardo triste della povera principessa monegasca. Alla quale, evidentemente, non può somigliare proprio lui. Così come, possiamo dirlo a chiare note, sbugiardando ancora una volta i critici ufficiali, Mika non è affatto l'erede di Freddie Mercury di cui troppi straparlano. Quella dei Queen e del loro leader pachistano era un'altra epoca, con altra musica, altri temi e non da ultimo un altro modo di cantare. Mika, infatti, a differenza di quanto hanno affermato gli addetti ai lavori, ancora in quella sferzante canzone indirizzata ai discografici che non volevano saperne di dargli retta, affermava soltanto: «Allora provo a essere un piccolo Freddie…Ma ne esco pazzo!» Appunto. Meglio non fare confusione. Tutto ciò un istante prima di lanciare il memorabile ritornello col falsetto, divenuto uno dei suoi marchi di fabbrica, tanto da aver portato gli stravaganti estensori della Nonciclopedia a paragonarlo al castrato Farinelli o a una strana figliolanza nata dall'incrocio tra Renato Zero, Vladimir Luxuria e Platinette. Poi capirete il perché della scelta di quest'ultima mastodontica figura. Che tra l'altro, per inciso, a noi piace pure. Scherzi a parte, la generazione di Mika è di quelle che hanno già buttato gli occhi e il cuore oltre l'ostacolo. Se, infatti, il suo primo album originava tout-court da un mondo dell'animazione, ora colorato ora malinconico (Life in cartoon motion era il titolo), per la sua seconda opera, dopo un memorabile concerto al Parco dei Principi di Parigi, trasmesso in tutto il mondo e divenuto un dvd, lo scapigliato menestrello ha deciso di definirsi come "il ragazzo che sapeva troppo": The Boy Who Knew Too Much.
Cantautore spensierato, idolo delle teenager con l'ambizione di ereditare fra qualche anno la corona di re del pop indossata per trent'anni dal grande Michael Jackson, Mika è nato a Beirut, in Libano, il 18 agosto del 1983, da madre libanese maronita e padre statunitense. La sua famiglia si trasferì a Parigi quando lui era ancora molto piccolo a causa della guerra e del rapimento del padre. All'età di nove anni si trasferì a Londra, dove ha frequentato il Lycée Français Charles de Gaulle, la Westminster School e, per tre anni, il Royal College of Music. Messo ai margini dai compagni di classe a causa di una fastidiosa dislessia superata solo in adolescenza, la sua vena compositiva si manifestò sin da ragazzino, spaziando tra vari generi (dall'opera alla musica commerciale), ma fu solo attraverso una pagina del social network MySpace che riuscì a farsi conoscere finché un discografico, nel 2006 non gli propose il suo primo contratto. Oggi possiamo dire, a quattro anni dal suo esordio ufficiale, che Mika nella sua breve ma già significativa attività ha cantato la bellezza per la bellezza in ogni sua forma, così come l'amore per l'amore di cui possono e debbono usufruire, ad esempio, anche le ragazze dalle taglie forti. Come Platinette, perché no? In barba ai velenosi nonciclopedici. Big Girl, you are beautiful è stato infatti il titolo del suo quinto singolo uscito alla fine del 2007 con il quale il ragazzo ha continuato a stupire grazie a un inno ispirato alle cicciottelle: "Perché una vera donna ha bisogno di un vero uomo che abbia le risposte per lei. Prendi la tua ragazza e moltiplicala per quattro: così avrai molta più donna". In molti, nel corso di questi anni, lo hanno considerato omosessuale a causa della sua voce acutissima e delle sue particolari movenze ma lui, rispondendo proprio alle domande della rivista FreePass Gay&Night ha detto a chiare note, confermandosi nel suo stile corsaro: «Non mi sono mai etichettato. Chiarito ciò, non mi sono mai posto dei limiti sulle persone con le quali passo la notte. Quindi definitemi come vi pare. Chiamatemi pure bisessuale, se vi serve una definizione. In fondo si può essere modelli in varie forme, anche senza appiccicarsi alcuna etichetta».
Proprio come ha fatto lui che al massimo, nel video della canzone Run, girata nella sua ideale stanza di ragazzetto sognante, ha scelto di cingersi con le sue tre bandiere: quella libanese, quella francese e quella inglese. I segni di un viaggio possibile tra culture molto diverse che pure a questo giovane idolo sono rimaste tutte addosso, lasciando ancora spazio per altre esperienze.
Come il viaggio musicale che l'artista ha appena concluso nel nostro paese, dove tra l'altro è riuscito a imparare anche un po' della lingua di Dante. Sulle nostre coste ha festeggiato il suo ventisettesimo compleanno, meno di quindici giorni fa, a Cattolica, in Romagna, dove ha poi pensato bene di ringraziare il pubblico parlando in italiano e dicendo che non poteva esserci posto più bello dell'Italia per fare festa. Infatti proprio nell'ultimo singolo, Kick ass, uscito quest'anno, Mika dice a chiare note: «Siamo giovani, siamo forti. Non stiamo cercando il nostro posto nel mondo». Già, perché lui, icona dei due mari, il Mediterraneo e l'Atlantico, nel suo cammino dal Medio Oriente all'occidente, dalla paura alla libertà, di case ospitali ne ha trovate più d'una, oltre a tanti amici ai quali ora, con la sua musica, ha scelto di donare tutta la sua gioia di vivere. E va proprio bene così.
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