Articolo di Marco Iacona
Dal Secolo d'Italia di sabato 18 settembre 2010
Leonardo da Vinci e Michelangelo, Charlie Chaplin e Albert Einstein, Marilyn Monroe e Maradona, Jimi Hendrix e tanti altri nomi, molti dei quali del tutto oscuri. Eccola qua la vera "sinistra" al potere. Non certo nel senso di parte politica ma nel senso di mano o piede col quale si scrive si mangia, si suona, si disegna e si tira un calcio a un pallone. Non nel senso di Karl Marx ma nel senso molto più divertente di Harpo Marx, di Paul McCartney e di Ringo Starr, i due beatlesiani rimasti ancora vivi. C'è chi dice che essere mancini sia indizio di genialità bella e buona, c'è chi dice che si tratti solo di fantasie o di sciocchezze. A tutt'oggi non sappiamo se le qualità artistiche di Jimi Hendrix vengano fuori dal modo di impugnare la chitarra (verso destra e non viceversa), tutto sommato poco importa e poco importa sapere se il fascino senza tempo di Marilyn fosse dovuto a una "lateralizzazione di tipo destro" e non di tipo "sinistro"... i grandi restano grandi per motivi conosciuti o sconosciuti, segreti o occasionali e catalogare a uno a uno i loro pregi (e difetti) con una radiografia ragionata è pratica oziosa. Fine a se stessa.
Di Hendrix (morto esattamente 40 anni fa - il 18 settembre del '70 - e per questo ricordato in queste pagine), ci resta il modo unico di interpretare la musica, di coinvolgere pubblico e band, di trasmettere emozioni e idee. Prima di tutto quella per cui l'esperienza musicale e la "vita" fossero in realtà la stessa cosa, quasi in una riedizione dell'arte "verista" con mezzi, e suoni ovviamente molto differenti. Ci resta, poi, il suo "canto di protesta" in un Occidente - quello della fine degli anni '60 - che sembrava prepararsi a una svolta epocale. Rock, nuova "politica" (sì, un nuovo modo di intendere il rapporto col potere), nuovi costumi e forme di convivenza, perfino uno sguardo nuovo attorno al mondo che perdeva a poco a poco le sue barriere per rivelare l'esistenza di ciò che fino ad allora era stato imponderabile. Gli artisti rock diventeranno, sovente loro malgrado, le icone di un cambiamento generalizzato dei costumi e degli stili di vita, pur pronunciandosi con rarità e circospezione sul proprio punto di vista politico. Ma a quel tempo così andava il mondo…
È ancora in quel periodo che le speranze contenute nel messaggio "peace, love and music" si condensano nei raduni giovanili, ed è in quel periodo che brilla la stella di Hendrix e con lui quelle di Jim Morrison e di Janis Joplin, splendide icone senza tempo di libertà (in realtà, tre musicisti scomparsi nello stesso periodo), libertà in primo luogo dalle forme e dalle tradizioni di vita piccolo-borghese. Quegli artisti erano energia pulsante capaci di raccontare un mondo di eccessi, suoni, immagini e azzardi; qualcosa a metà fra un patto con gli spiriti maligni e il bisogno di ricevere amore (All you need is love cantavano i Beatles), per coprire gli spazi resi "vuoti" da gesti senza valore o promesse che mai nessun adulto avrebbe potuto mantenere. Qualcosa di tribale (Hendrix era indiano per parte di madre…), di "elementare" per dirla con Jünger, se vogliamo di naturalmente istintivo, di "trascendente" (i testi di Hendrix contrariamente a quel che si potrebbe pensare, spesso dettati da momenti di "follia", da sogni o da visioni, sono tutti da leggere…), che si collega alle "lezioni" degli autori maledetti dell'800 e del '900. Un rito collettivo, nei concerti di Hendrix e degli altri, una "funzione" con tanto di fedeli e sacerdoti, e in gioco la fiducia in un mondo (immaginario), che sarebbe venuto un po' più in là, privo di ingiustizie e divisioni. I famosi raduni di Monterey, Woodstock e dell'Isola di Wight furono anche per questo delle rumorose "messe" a cielo aperto, celebrate nei nuovi Eden privi di colpevoli o infedeli, senza giudici o presunti peccatori.
Ma Hendrix possiede anche un altro privilegio. Quello di essere stato nella sua breve vita (morì a soli 28 anni) un autentico "maestro". Si dice spesso di lui che avrebbe cambiato per sempre il modo di suonare la chitarra elettrica, che poi sarebbe lo strumento più importante - quello capace di comunicare di più e meglio - dell'intera parabola del rock. La sua tecnica e il suo rapporto quasi "intimo" (a vedere le immagini dei concerti più celebri), d'amore-odio, o di possesso-rifiuto con lo strumento (pronto a diventare un "altro" oggetto), hanno aperto a chi è venuto dopo o con lui, un mondo di sperimentazioni sia dal lato dell'approccio "fisico" o "simbolico" sia dal lato delle più schiette o "allucinate" sonorità. Alcune tecniche inconsuete come la distorsione sonora o il feedback hanno da sempre caratterizzato le interpretazioni del selvaggio-Hendrix. La sua chitarra prediletta, la Fender Stratocaster è diventata marchio di un'epoca e di uno stile inconfondibili. La sua esibizione febbrile del giugno '67 (in piena "summer of love") a Monterey, in un periodo peraltro nel quale Hendrix non è ancora considerato il più grande, ricorda per certi versi l'immagine che molti di noi hanno di Mozart grazie all'opera di Puskin, Peter Shaffer e al film Amadeus di Milos Forman: una creatura in relazione "assoluta" con musica e strumenti fino alla distruzione "artistica" di cose o persone.
D'altra parte anche il successo di Jimi Hendrix, una carriera che segue qualche anno di caotico "apprendistato", è velocissima come quella d'un musicista d'altri tempi (e non poteva essere diversamente): il primo gruppo di sua formazione è nel 1966, l'anno dopo nasce il trio "Jimi Hendrix Experience", quindi il successo in Europa (allora come adesso erano i due grandi "mercati" occidentali, Europa e Stati Uniti a decretare i successi planetari), poi i dischi nei quali, dicono gli esperti del rock a tutto tondo, si mescolano in modo quasi "sabbatico" stili e generi diversi: dal blues ovviamente al rock and roll, dal rock psichedelico all'hard al jazz, fino ad alcuni orientamenti per così dire più "leggeri". Si comincia con l'oramai leggendario Are you Experienced?; in sala di registrazione, il giovane musicista indio-afroamericano, raccontano tutte le cronache, è dilagante come nei concerti e nelle performance dal vivo.
Il clou per il ragazzo di Seattle è come tutti sanno però il raduno-concerto di Woodstock (agosto 1969), qui Jimi si presenta nella "veste ufficiosa" di contestatore (e militante pro-Vietnam) suonando l'inno stelle-e-strisce in una celebre versione "profana", simulando la ferocia delle bombe e delle pallottole statunitensi in Vietnam; è questo il momento nel quale si celebrerà il vero punto di arrivo della "filosofia" del rock: la musica come collante di un movimento sociale di protesta giovanile. Ancora una volta (e ancora per poco), musica e "vita" corrono lungo uno stesso sentiero. Il periodo per Jimi però non è più dei migliori. Il ragazzo nero che ama la libertà comincia a sentire il peso del successo. Fa qualche capriccio, si sente braccato dal pubblico, non è lucido. Fa e disfà le band ed è litigioso. Si potrebbe pensare alla crisi passeggera della stelle nascente del rock nero americano, ma non è così. Purtroppo. L'ultima esibizione di Hendrix sarà nell'agosto del '70 durante il terzo concerto dell'Isola di Wight (26-30 agosto del 1970, simbolicamente anche il concerto di "chiusura" degli anni di "Peace, love and music" con seicentomila giovani); meno di un mese dopo Jimi sarebbe stato trovato morto in una stanza del Samarkand Hotel di Londra per una overdose di barbiturici. Come Marylin. Pronto a trasformarsi in icona per gli anni a venire. E come Marilyn molto chiacchierato. Sugli ultimi istanti della sua morte infatti (come per ogni divo che si rispetti), tanti saranno i punti oscuri.
Negli anni Novanta Carlo Verdone, grande appassionato di musica, dedicherà la sceneggiatura di uno dei suoi film più riusciti (Maledetto il giorno che t'ho incontrato, con una deliziosa Margherita Buy), a un presunto "scoop" sulla morte di Hendrix e sulla falsa notizia che in realtà il chitarrista di Seattle fosse stato assassinato. Una storiella priva di alcuna fonte sicura. Lo spettacolo del rock è emozione, sensazione, perfino mistero, e sulla morte di Hendrix si continuerà così a discutere a lungo; fra immagini hippie di quarant'anni fa e una splendida Foxy Lady da ascoltare ancora per radio.
Marco Iacona
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