martedì 5 ottobre 2010

"Acciao" di Silvia Avallone, quando il successo annunciato mi scivola sui details (di Manola Dettori)

La domanda non è Acciaio meritava lo Strega? (La nostra risposta sarebbe "no")
La domanda è: può un grande editore pubblicare un libro senza (almeno) correggerlo?
Ancora: chi ne ha (stra)parlato lodandolo, lo ha letto davvero?
Così parlò L'eminente dignità del provvisorio

Recensione a cura di Manola Dettori

Evviva la mediocrità. Sono basita. O io sto’ diventando una vecchia ed esigente zitella (culturale) oppure mi sono persa il passaggio in cui mediocrità, pressapocaggine e sciatteria sono diventate genialità da Premio Strega. 
Pensavo che questo processo di spinta verso il basso delle professionalità avesse colpito molto, ma avesse risparmiato almeno la letteratura. Non che io sia un’intellettuale spocchiosa che legge solo Cioran o Dante, anzi non mi riesce di leggere niente, se non per obbligo, che sia scritto prima del 1950, ma quando leggo anche il peggiore dei romanzi rosa pretendo una buona costruzione, l’attenzione ai dettagli, il controllo della scena in cui lo scrittore colloca il mondo che io, lettore, dovrò vivere insieme ai protagonisti capitolo per capitolo. E poi, se compro il romanzo del momento per il quale si scomoda Pasolini, il romanzo che mi deve far riflettere sul lavoro e la condizione degli operai uniti nella lotta per avere la Golf vorrei almeno che l’editor l’avesse riletto e magari gli avesse tolto dettagli improbabili e se il romanzo ambientato tra il 2000/2001 non suonava bene per i nostri tempi con parole come lire, walkman (questa andava tolta da un'altra scena con bimbo in spiaggia) allora andava risistemato tutto, ma poi ci saremo persi l’immancabile indifferenza degli operai imbesuiti davanti al crollo delle Twin Towers.
Mi piacerebbe capire come si fa a far incazzare un Porsche Cayenne che gli sta incollata al culo nel 2001 e cioè prima del 2002 anno in cui esce il modello in Germania (http://en.wikipedia.org/wiki/Porsche_Cayenne), oppure mi piacerebbe sapere come ha fatto Alessio operaio, naturalmente sballato e strafatto, a comparsi un MP3 mentre la madre ha 14 milioni di debiti, che si spera in lire, e qui siamo nel 2001 come viene confermato pagine dopo con l'attacco alla Twin Towers e quindi siamo per forza nel 2001. Va bene che il primo Mp3 risale al 1998, ma era roba per specialisti e costava un botto, il boom e la moda del lettore sono del 2003.
Un’altra cosa: le due fanciulle fanno la terza media, sono disinteressate alla qualsiasi e per caso si ricordano del Brad Pitt di Thelma e Louise, film del 1991, e lo paragonano a Scamarcio che comunque diventa imprescindibile per le ragazzine dopo l'essere stato Step (il teppistello del Moccia), certo che nel 2001 aveva recitato nel telefilm Compagni di scuola ma mai se ne fa menzione di codesta fiction e di qualche passione da parte delle ragazze per la stessa. Dettaglio buttato per fare che? Contestualizzare? Datare? Fare ragazzina? Caratterizzare o cosa?
Ma è all’inizio di Acciaio che accade un fatto di chiaroveggenza pura. Una delle due pischelle vede annotata sulla panchina la frase “Jennifer e Cristiano tre metri sopra il cielo” e perbacco qui si parla di magia Moccia lo pubblica nel 2004 per Feltrinelli e il film esce nello stesso anno ops! ma forse a Stalingrado posto periferico e proletario dimenticato da Dio hanno letto la versione che girava fotocopiata nella Roma del 1992? Eh si tutto può essere.
Ma non deve essere che la sciatteria e la trasandatezza siano addirittura proposti per un premio, che siano alla 4 edizione, ma soprattutto che vengano date in pasto alla gente come un indimenticabile opera. Ora se io fossi la signorina Avallone prenderei a borsettate l’editor, ma non credo che sia come me stupita da tanta incompetenza e leggerezza.
Ma le storie, i veri romanzi crescono dettaglio dopo dettaglio, costruendo il mondo in cui si muovono i personaggi un mondo credibile (anche nell’incredibilità più assoluta). Ma è veramente sciatto, e fin offensivo prendere una manciata di icone, aggettivi e gettarli introno per fare atmosfera.
Forse solo io sono stufa di capolavori mediocri, di approssimazione, e forse solo io ho bisogno di merito, di lavori fatti bene, di bravura MA QUELLA VERA e forse solo io non ne posso più di osannati critiche a lavori letterari per i quali io licenzierei l’editor.
Se magari qualcuno si ricordasse che i dettagli sono importanti, sono la differenza, sono per molti versi l’espressione del mestiere e della bravura dello scrittore, ci eviteremo l’ennesimo scivolone verso il basso di questa nostra cultura già ampiamente presa a calci. Signorina Avallone, e soprattutto suo editor, vi ricordo una cosa che dice sempre la zia: è nei dettagli che il diavolo nasconde la sua coda. Tatuarselo prego.
Manola Dettori

2 commenti:

dal caos la stella danzante ha detto...

Verissimo... (e non mi riferisco al giornale gossiparo). Mai fidarsi ciecamente dell'editor e, soprattutto, di se stessi. Io stesso ho riletto la mia 'scrittura' rivista dall'editor (più che ha altro ha tolto un po' di corsivi in cui, forse, eccedo, amando anche le citazioni) e ho dovuto rivedere qualche 'errorino' (qualche virgola). Ma soprattutto (e qui non parlo dei miei saggi - uno pubblicato, l'altro a brevissimo), ho dovuto 'adattare' alcuni dati del mio romanzo ('pubblicando' tra qualche mese ma 'fecondato' qualche anno fa - poi l'ho lasciato in 'epochè'), tenendo appunto conto dei tempi (sia per le canzoni - c'è qualche rimando - sia per la tecnologia - iPod e cassette - sia sul fronte politico/ideologico - si parla anche del Sessantotto e dovevo stare attento alla datazione, per esempio, di Lotta di Popolo e dei Campi Hobbit...). Insomma, chi fa da sé fa per tre (se stesso, l'editor e la critica dell'opinione pubblica e dell''opinionista' attento al dettaglio: sì, quello/a che veste Prada...).
Nicola Perchiazzi

dal caos la stella danzante ha detto...

P. S. Come volevasi dimostrare: ho scritto 'epochè' invece di 'epoché'. Ma gli errori sono altri, dirai tu... In ogni caso, la parola forma, informa, afferma, conforma, conferma, deforma... Niente c'è dove la parola manca! (sia come logos sia come rhema). Purché non sia 'rafferma'...
Nicola Perchiazzi