martedì 19 ottobre 2010

"L'eroe dei due mari", tra fantacalcio e "Taranto pride" il romanzo di Giuliano Pavone

Dal Secolo d'Italia del 19 ottobre 2010
Soffre in dieci a Benevento, strappa un pari e si piazza al terzo posto in classifica. No, il Taranto (calcio) non fa notizia, ché in A i tarantini non ci si sono mai neanche affacciati e sembra una beffa che la vecchia serie C, in cui sono impaludati, ora si chiami prima divisione. Persino nelle cronache regionali i titoloni del lunedì sono andati al Bari e al Lecce, pur negli scivoloni con Lazio e Juventus. Una storia di sofferenze (sportive), scandali e penalizzazioni, fallimenti e improbabili rinascite, sconfitte alternate a rari momenti di ottimismo. Per il dispiacere dei tifosi tarantini, loro sì da primato, tanto da essersi aggiudicati per due volte il titolo di migliore curva d’Italia. Calda, appassionata, in una parola: sudamericana.
E al brasiliano Luìs Cristaldi – un pallone d’oro – sono stati affidati i sogni di riscossa di una città “ammalata” di febbre a 90°. Un campione di carta e inchiostro ma talmente credibile da uscire dai confini del rettangolo di gioco e da quelli, altrettanto delineati, della letteratura sportiva. Diciamolo subito: L’eroe dei due mari (Marsilio, pp. 300, € 17) di Giuliano Pavone, da pochi giorni in libreria, non è solo un romanzo sul calcio e le sue contraddizioni e non si esaurisce nel pur godibile racconto fantasportivo, ma restituisce magistralmente la tragicomica metafora di un’Italia periferica tutt’altro che in salute, allegramente avviata verso una preoccupante decadenza eppure ancora in grado di affidarsi a una speranza. A costo di inventarsene una taroccata.
Il romanzo si è imposto come un caso letterario ancora prima della pubblicazione, quando – allo stato embrionale di dattiloscritto – sembrava non interessare alcuna casa editrice, malgrado sui blog letterari iniziassero a moltiplicarsi i feedback positivi di lettori e colleghi scrittori. Uno su tutti Gaetano Cappelli, che nella quarta di copertina certifica: «Ha i colori, la perfidia e la comicità debordante della migliore commedia all’italiana». Linguaggio che Pavone conosce bene, al punto da aver anticipato con il suo Giovannona Coscialunga a Cannes (Tarab, 1999) la riabilitazione del genere più bistrattato del grande schermo.
E cinematografico è il ritmo della narrazione e la sua location: la bellissima città dei due mari, dei tre ponti e dei mille problemi – con i suoi record poco invidiabili: di inquinamento, disoccupazione e dissesti finanziari – in cui Pavone è nato quarant’anni fa e che trova proprio nel calcio un inesauribile serbatoio di passione. Così quando il campionissimo Luìs Cristaldi – l’eroe a lungo atteso – decide in ossequio a un voto di lasciare l’Inter per andare a giocare praticamente gratis nella squadra tarantina, nel frattempo ripescata in serie B, si accendono all’unisono l’entusiasmo popolare e i riflettori mondiali.
A Cristaldi potrebbe riuscire (nella fiction letteraria) l’impresa che (nel mondo reale) il 6 febbraio ’78 uno sfortunato incidente automobilistico negò a Erasmo Iacovone, il giovane attaccante che nella stagione ’77/’78 stava conducendo a suon di gol il Taranto verso la sospirata serie A. Iacovone non soltanto lasciò una moglie in attesa di una figlia, ma una folla adorante di tifosi che ogni domenica, da oltre trent’anni, ne onora il ricordo nello stadio cittadino a lui dedicato.
Figuratevi quale può esserne la stizzita reazione quando (e torniamo al romanzo) si vorrebbe cambiarne l’intitolazione con Fanelli Plastic, la società che ha deciso di ristrutturarlo. Perché questo colosso della plastica decide di investire nel calcio tarantino? E perché il nazionale giallo-oro ha deciso di rinunciare a ingaggi milionari per accontentarsi dello stipendio dei suoi meno blasonati colleghi? È vero che vuole così ripagare un debito di riconoscenza con Fratello Egidio – chiacchierato personaggio tv originario di Taranto – che l’avrebbe miracolosamente guarito da un male incurabile?
È quest’ultimo uno dei personaggi di una galleria estremamente assortita, composta da giornalisti locali e nazionali che si contendono scoop e donne come l’avvenente telegiornalista modello D’Amico, disoccupati cronici e spregiudicati procuratori, dirigenti sportivi e faccendieri. Quel che fa la differenza è la competenza, calcistica: così Santino – fisico alla Belushi e capelli alla Jim Morrison – da usciere del Comune si ritrova a improvvisare le funzioni di segretario particolare del sindaco Panico, onesto ma digiuno di calcio e costretto ad avvalersi dei consigli dell’impresentabile Santino.
Nessuna facile esercitazione di moralismo. C’è, semmai, un pizzico di nostalgia per il vecchio calcio ancora non fagocitato dagli sponsor e servito a domicilio dalle pay-tv, quando lo stadio era ancora luogo di aggregazione e vi si respirava «quell’odore, indefinito ma inconfondibile, di sigarette e vento, di attesa e cartacce. Odore di stadio, odore di calcio. Odore di vita. Dove era andato a finire quell’odore?» E poi c’è l’amore, ovviamente. Senza caricaturali romanticismi, ma col pepe della commedia. «L’innamorato tarantino – spiega Pavone sul suo blog – non si limita a scrivere all’amata “Io e te tre metri sopra il cielo”. Gli sembra troppo banale. Si arma di spray blu (che va bene anche per il Taranto), scende sulla banchina in riva al mare e scrive “Io e te ‘mpiett a crist” (in petto a Cristo), che vuol dire grosso modo “tre metri sopra il cielo” ma, ne converrete, fa tutto un altro effetto. E, nel dubbio di non essere stato abbastanza passionale, aggiunge “Forever and ever”. Siamo fatti così». Sono fatti così.
Roberto Alfatti Appetiti

3 commenti:

dal caos la stella danzante ha detto...

Sì, bellissimo romanzo. E lo dice uno che non segue (dal '68 o giù di lì...) il calcio, né è molto taranto-filo (e sono ionico pressocché stanziale...). Eppure, il romanzo mi ha fatto riscoprire quel 'genere' (Fight Club e Le mille luci di New York, per nominarne due, sono pezzi unici, o quasi - il volerli seguire qui da noi non produce sempre gli stessi effetti: L'eroe dei due mari è invece un ottimo esempio di romanzo dalla scrittura classica eppur moderna). E non solo, ho scoperto una certa tarantinità che pensavo di non avere: ero sospettoso verso la qualità del romanzo di un concittadino (e non sono, in linea di massima, un prevenuto: anzi, come tutti gli ionici, aperto allo 'straniero').
By the way, sto iniziando a leggere Acciaio: buon inizio, tematiche per alcuni versi analoghe. E Acciaio ha vinto il premio Strega...
Nicola Perchiazzi.
P. S. Per Roberto. Sono anch'io scrittore e saggista (due saggi molto 'particolari' sulla PNL per Armando e Sovera), ma quel che ti colpirà certamente è il mio romanzo 'Gocce di pioggia a Jericoacoara' (sotto osservazione da parte di due case editrici): è un romanzo sessantottino e post, molto di Droite (quella che piace a te), molto 'granatiano' e altro (ti basti pensare che, per molti versi, è stra-piaciuto a una editor di ultra-destra che poi ti dico...). Per ulteriori contatti: nickperck@hotmail.com

Roberto Alfatti Appetiti ha detto...

Lo aspetto con grande curiosità!
:-)

Carlo ha detto...

davvero una bella recensione per un bel romanzo. Complimenti!