Articolo di Federica Colonna
Dal Secolo d'Italia di domenica 7 novembre 2010
Michel Houellebecq, laureato in agronomia, è uno scrittore-etologo: in tutti i suoi libri descrive i comportamenti degli umani con la minuzia e il distacco di uno sguardo scientifico. La lettura delle sue storie, anche per gli appassionati, è un processo di sottrazione delle emozioni, un'antimagia in grado persino di coinvolgere, anche se così simile alla tecnica applicata dagli etologi allo studio delle specie animali e degli insetti.
In questo processo narrativo anti-magico, ad esempio, Parigi, luogo d'ambientazione privilegiato dall'autore di Le particelle elementari, come egli stesso si definisce in un'opera di derisione dei lettori affezionati, non è un teatro in cui va in scena il vario e policromatico spettacolo umano. La città, invece, perde ogni connotazione politica e sociale, ogni caratteristica culturale e sentimentale, e si trasforma semplicemente in un agglomerato di gesti produttivi e riproduttivi, simile a un alveare, a un'affollata tana delle formiche. Si può calpestare con un passo, Parigi, senza per questo suscitare un sussulto, un imbarazzo. Nell'istante in cui il lettore avverte il peso della tristezza da eutanasia in un istituto svizzero che impregna come un liquido le vite sviscerate e fatte a pezzi dallo scrittore, emerge un senso di smarrimento e di ricerca d'un appiglio emotivo, di un attimo di leggerezza e di respiro che la narrativa di Houellebecq non è in grado di offrire. Perché è pura analisi al microscopio, non c'è peccato né redenzione, è solo meccanica naturale. La carta e il territorio, il più recente romanzo dell'autore, è l'apice della narrativa-etologica, una storia puramente triste.
L'opera è la descrizione dell'errore umano: la pena degli individui che arrancano in mezzo alle passioni tristi è dovuta alla loro stupidità e all'incapacità di accontentarsi della natura e di vivere il territorio, con le sue valli, la terra e l'humus. Gli uomini preferiscono, invece, la carta, interpretazione arrogante del mondo, inutile elaborazione culturale. Attraverso l'arte, le professioni, il linguaggio, l'uomo-insetto ha deciso di non accettare con placidità la propria natura animale, e ha intrapreso così il percorso verso la tragedia. L'unica possibilità di felicità è la passività, la neutralità: l'uomo-insetto non lo capisce, e, terminata l'età della naturale gioia ormonale e riproduttiva, si dibatte in un'esasperata lotta contro la degenerazione fisica. Il paradosso consiste nel fatto che dopo secoli di parole e rappresentazioni l'essere umano senta un'esasperata e patetica nostalgia delle proprie origini. Basta poco per capirlo, un giro su TripAdvisor, una sfogliata distratta a una guida Michelin: la qualità di un posto è evocata attraverso lo stile antico, i sapori e i saperi di una volta che là si celano incorrotti, il fascino del passato di una sperduta provincia in cui l'animale cittadino desidera scappare, avvilito come è dentro un corpo destinato all'eterno ritorno alla terra attraverso la putrefazione.
Grazie alle allegre trasmissioni tv sulle regioni alpine e alle luminose fotografie della Michelin, realizzate dal protagonista del romanzo, Houellebecq racconta come "in Francia dai tempi di Jean-Jacques Rousseau la campagna è di nuovo trendy". I personaggi del romanzo sono spenti selvaggi inciviliti, capaci di mettere in pratica con successo solo le due attività cui la natura li ha destinati: il sesso e la produzione. L'uomo contemporaneo non ha neanche più il sollievo di una morte improvvisa e precoce, nell'età più giovane, in cui il sesso è bello e semplice, il lavoro ancora entusiasmante. A causa dell'invenzione dei medicinali e della tecnologia, l'uomo crede di facilitarsi la vita e finisce invece per potenziare, privandola di grazia, come in un'eccessiva chirurgia estetica, quella natura da cui tenta la fuga. Ecco come si spiega il proliferare di film porno a pagamento e di siti di lingerie femminile in cui navigano soli professionisti nelle camere dei motel, o l'allungamento degli orari di lavoro, con il computer acceso per scrivere e calcolare anche in casa. Il tempo vissuto dai protagonisti è volume di minuti, giorni, anni, durante i quali contano solo gli orgasmi, perché in quei pochi istanti l'uomo è davvero quello che è, senza elucubrazioni: un animale. L'unica via d'uscita consiste nella perdita di ogni morale, nell'accettazione del proprio stato naturale e nella ricerca della felicità più semplice: un gesto d'affetto come una gustosa cena. Per questo motivo Jed, il protagonista, considera l'ipermercato come l'immagine più vicina all'idea di felicità. In La carta e il territorio persino Michel Houellebecq diventa personaggio del libro di Michel Houellebecq: un essere annoiato, afflitto da una pruriginosa micosi e ingordo di salumi. Verso Houellebecq, Houellebecq non prova nulla. Dopotutto è possibile amare una scolopendra? Tutt'al più si può studiarla. «Il trionfo della vegetazione è totale», scrive l'autore, le opere dell'ingegno umano sono destinate a scomparire insieme alle mani degli artigiani, ai cervelli degli inventori, ai pensieri degli scrittori. Anche a quelli di Houellebecq, verso cui l'autore resta comunque implacabile e freddo. Come davanti ad un insetto.
Federica Colonna
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