martedì 23 novembre 2010

Più bar sport, meno showbiz: torna di moda il calcio anni'80 da Luther Blissett all'Hellas (di Giovanni Tarantino)

Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia di martedì  16 novembre 2010
Cosa ci fa Renato Pozzetto vestito di tutto punto come un portiere di calcio – con l’aggiunta particolare di un caso protettivo da motociclista per la testa – sul prato verde di San Siro ripreso con tanto di macchinari cinematografici da Karl Heinz Rummenigge?
Scena curiosa fotografata mentre i due, l’attore milanese e l’ex ala sinistra dell’Inter – che interpretava sé stesso –, giravano Il volatore di aquiloni, un surreale film-documentario su Milano con musiche di Enzo Jannacci, del 1987 diretto dallo stesso Pozzetto.
Si tratta di uno dei trecento fotogrammi cult contenuti all’interno dell’Atlante illustrato del calcio ’80, una gradevole operazione amarcord a cura di Massimo Coppola e Alberto Piccinini (Isbn, 320 pp., 9,90 euro, in vendita anche nelle edicole).
Amarcord per un periodo del tutto particolare per il nostro calcio e non solo. Negli anni ottanta il calcio professionistico italiano cambiò per sempre. Quel decennio rappresentò, senza dubbio, l’avvento della modernità nel calcio. L’arrivo degli «stranieri», i soldi degli sponsor in cambio del logo disegnato sulla maglia, gli affari della televisione: alla morale dei vecchi bar sport si sostituirono le regole dello show business. Nacquero nuove, esaltanti star: non solo campioni, ma allenatori e persino presidenti. Si moltiplicarono gli appassionati e, di conseguenza, l’impatto culturale e politico di uno sport destinato a diventare globale. Liedholm e Palanca, Maradona e Berlusconi, Blissett e Van Basten: l’Atlante rimette in scena un’epoca frugando negli archivi fotografici dai quali pescarono a piene mani giornali, giornaletti e poster. Le foto di campo e i primi clamorosi fuoricampo, con i calciatori ritratti sulle riviste al mare, in famiglia o nel bel mezzo delle feste dei vip, in una galleria che riscopre campioni e bidoni, buoni e cattivi, lo splendore e l’epica dell’ultima età dell’Oro del calcio italiano. «Stranezze della relatività – afferma lo scrittore Tommaso Pellizzari –. Quando ci eravamo in mezzo, gli anni Ottanta avevano tutta l’aria di essere la nuova epoca d’oro del calcio italiano. L’Italia diventava campione del mondo per la terza volta (e dopo quarantaquattro anni di attesa), con la riapertura delle frontiere i migliori giocatori del globo facevano a gara per venire a giocare da noi, e in breve il nostro campionato si conquistò il titolo (oggi conteso tra Inghilterra e Spagna) di “più bello del mondo”». In quegli anni, come testimoniato dall’atlante, “Spillo” Altobelli si faceva ritrarre in kimono durante un viaggio in Giappone, Roberto Mancini in giacca di pelle nera mentre fa shopping a Bologna, Nanu Galderisi in stile fotomodello, Paulo Roberto Falcão attorniato da un enorme numero di donne, tra le quali Marina Morgan, conduttrice con Enrico Ameri dei primi Processi del Lunedì, Paolo Rossi davanti al Radio City Music Hall, Geronimo Barbadillo in versione capo indiano, Careca che gioca al pistolero, Daniele Massaro e Franco Causio in versione “sirenetti” si alternano a foto di gioco, a ritratti di clamorose meteore, presidenti ruspanti, allenamenti stile dopolavoro e ritratti di buona famiglia (indimenticabile quella di Bettega davanti a una Lancia coupé). E poi non mancano i protagonisti super: da quel Diego Maradona re di Napoli, immortalato in ogni maniera, in mutande, in campo, in spiaggia, con la maglia del Boca Juniors, fino a tutti gli altri grandi protagonisti come Paolo Rossi e Platini, Boniek e Rummenigge, Tardelli e Zico, Bearzot e Scirea.
In quell’epoca felice tutto non era scritto e prevedibile come negli anni Novanta e Duemila. La Roma scudettata dell’83 fu a suo tempo un caso, dopo anni di astinenza giallorossa dai traguardi, come particolari furono gli anni di serie B del Milan, ridimensionato allora al rango di “squadretta” che faceva affidamento sulle gesta dello scozzese Joe Jordan.
Ad ogni modo nessuna sorpresa fu più grande dello scudetto sulle maglie dell’Hellas Verona del 1985. Nello stesso anno in cui i Ricchi e Poveri sbancano a Sanremo con Se m’innamoro, Luis Miguel, appena quattordicenne, emoziona le mamme italiane con Ragazzi di oggi, ed Eros Ramazzoti canta Una storia importante. Michail Gorbačëv, a marzo, viene eletto segretario del PCUS, a maggio DC e PSI arrivano insieme al 48,3% e vincono le elezioni amministrative, il PCI tiene al 30,2%. Nello stesso mese l’Hellas Verona vince il suo primo, e finora unico, scudetto.
Ma da un certo punto in poi è arrivato Silvio Berlusconi. Entra nel calcio, alla sua maniera, come anni dopo entrerà in politica: parole roboanti, promesse di cambiamento. Scende da un elicottero privato a Milanello al suono della Cavalcata delle Valchirie. Tempo un anno e porterà a compimento la sua rivoluzione copernicana nel calcio: rivoluzione dei tulipani, con gli olandesi Van Basten e Gullit “Bob Marley” e poi con Rijkaard, e col calcio totale di Sacchi. Dalla sua discesa in campo nulla sarà più come prima. Come sono simili, a volte, la politica e il calcio.
Giovanni Tarantino

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