Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia di martedì 2 novembre 2010
Durante Roma-Lecce di sabato scorso il questore di Roma, Francesco Tagliente, aveva consentito anche ai tifosi pugliesi non muniti di tessera di accedere al settore ospiti, disapplicando di fatto le direttive del ministro dell'Interno Maroni. A Palermo, tifosi della Lazio con tessera nel settore ospiti, tifosi senza tessera tranquillamente in tribuna. Al derby capitolino del 7 novembre (su cui aleggia la minaccia di sciopero delle tifoserie), Tribuna Tevere accessibile soltanto a donne, over 60, under 14 e tifosi tesserati. E in questo scenario anche il lento e inesorabile declino del calcio italiano all'estero con prestazioni scadenti in Champions e Europa League.
«Bisogna ripartire - sostiene su Calcio Press Sergio Mutolo - dal movimentismo. Un movimentismo che deve partire dai tifosi». Il calcio italiano, bisogna ammetterlo, è chiuso in un tunnel, tra diserzione (dagli stadi) e indifferenza.
Il clima «muro contro muro» non paga: un calcio senza tifosi è sempre di più un'industria - perché va considerata tale - che va a picco. Le potenzialità per risorgere ci sono, a partire da una proposta che, è il caso di dirlo, viene «dal basso», dal movimento, dalla base, per utilizzare termini riferibili anche a contesti politici. Dalla voce dei tifosi, cioè di chi ha passione per il calcio.
Storicizzare, tenendo conto del fatto che il calcio è soprattutto cultura. «Il calcio s'è fatto storia, approdando a una fase matura del proprio ciclo di vita per divulgare ai posteri le gesta. E la musealizzazione di questa grande eredità non è altro che un movimento rivoluzionario, nel senso etimologico del termine. Storicizzare il calcio come materia di studio a tutti gli effetti, significa riconoscere l'importanza di una dimensione temporale definita dai segni indelebili del tempo». Questa è la sintesi della proposta "rivoluzionaria" di Maurizio Martucci, che ha dedicato ai musei e alle mostre del calcio un lavoro di pregevole fattura - e del quale si sentiva la necessità - dal titolo emblematico Football story. Musei e mostre del calcio nel mondo (Nerbini, pp.194, euro 24). Un volume ricco di particolarità in cui «si afferra facilmente che il calcio s'è fatto storia ma è anche sociologia, antropologia, economia, araldica, marketing e scienza. In una parola sola: il calcio è cultura e ora riesce finalmente a proporsi al grande pubblico come prodotto culturale. E questo libro ne è la prima vivace testimonianza». Proprio così: per la prima volta in assoluto vengono messi insieme e descritti, uno dopo l'altro, tutti i musei del calcio al mondo, tutti i luoghi della memoria del pallone. Dai musei nazionali a quelli dei club: in quanti sanno, ad esempio, che a Coverciano esiste un Museo del calcio che raccoglie tutta la documentazione della storia ultracentenaria della nostra Nazionale? Dalle maglie a cimeli di ogni genere, compresi quelli del ventennio fascista. Fino Fini, già medico degli azzurri, è il direttore della Fondazione Museo del calcio e assicura: «Vogliamo fare entrare il museo nella prestigiosa cerchia dei musei comunali della città. Un turista verrebbe a Firenze, magari pensa a Dante, visita la Galleria degli Uffizi, poi viene a Coverciano e vede il Museo del calcio. Non è cultura questa? È memoria storica».
Martucci ha reso davvero un ottimo servizio a tutti i potenziali utenti e calciofili del mondo, avendo censito tutto il possibile, riportando anche prezzi e orari. Sia per tutti i musei delle nazionali, compresi tra gli altri quelli inglesi, brasiliani, argentini, finanche giapponesi, fino a quelli dei club. Dal Museo del Grande Torino di Grugliasco, a quello della gloriosa Pro Vercelli, a quello di Inter e Milan, unico a essere ospitato in uno stadio, San Siro. Non mancano i pionieri in Italia, quelli della Fondazione Genoa, il cui museo si trova in Salita Dinegro, uno dei "caruggi" cantati da De André, egli stesso tifoso genoano. Non manca l'élite e le grandi realtà del calcio internazionale, che quanto a conservazione della memoria storica stanno messi meglio di noi: dal museo del Barcellona, che ancora rimane per tutti gli altri un prototipo fin qui inimitabile, al Real Madrid, dal Werder Brema agli inglesi, Arsenal, Chelsea, Manchester United e City, agli scozzesi del Celtic e Rangers. Tutti hanno dato seguito, in Europa e non solo, a iniziative del genere, che ancora in Italia sono in fase embrionale. Eppure anche il nostro calcio ha storia ultracentenaria. Si pensi, a tale proposito, a quelle mostre che potenzialmente potevano diventare museo e così non è stato, come Juvecentus, allestita per il centenario juventino, o quella realizzata per gli ottant'anni dell'Associazione sportiva Roma. Per quanto riguarda la Lazio, invece, un caso che rende il senso del tutto: i tifosi del Sodalizio, in un pub appositamente chiamato "Vecchi spalti", conservano e custodiscono centinaia di cimeli provenienti da collezioni private. Come a dire: «se il museo non ce lo fa nessuno ci pensiamo noi». Laddove i club non agiscono intervengono i tifosi, in omaggio alla storia del proprio club. E pensare che proprio ai tifosi, in Italia, si continua a rendere la vita impossibile.
Giovanni Tarantino
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