martedì 28 dicembre 2010

Un Dan Brown all'ombra della mezzaluna (di Omar Camiletti)

Articolo di Omar Camiletti
Dal Secolo d'Italia del 28 dicembre 2010
Ci sono alcuni tipi di notizie che riescono sempre a farsi largo nel sommario quotidiano dei mass media, da quelli gratuiti distribuiti in metropolitana, alle headlines dei grandi giornali online e di carta. Eccone qualche esempio. «In provincia di Cremona, marocchino 54 enne, da poco vedovo, accoltella la figlia 32 enne perché aveva un flirt con un uomo già sposato e sempre marocchino. Il padre dopo aver chiesto se l'avesse uccisa ha detto che si sentiva trascurato». Ancora: «In Olanda fermati con l'accusa di preparare attentati 12 immigrati di origini somale». Informazioni di questo tipo sovrastano quelle che vedono gli immigrati vittime - ad esempio la tragica morte della madre marocchina di 28 anni travolta in un incidente stradale - o protagonisti di un inpegno positivo nel lavoro, nel dialogo intercuturale e interreligioso, nella società civile in genere. Insomma, sono le "cattive notizie" a formare i fili della matassa intricata che definisce per il "comune lettore" l'identità dell'Islam e dei musulmani oggi.
Ma in questo gomitolo entrano anche suggestioni di tipo letterario. Un esempio è rappresentato dal romanzo francese da poco uscito anche in italiano Il testamento siriaco, firmato con lo pseudonimo di Barouk Salame (casa editrice Mondadori, pp. 523, € 20).
Il libro ambisce a essere un tassello erudito e appassionante allo stesso tempo, per colmare -- o tentare di farlo - quell'ignoranza e quella "inazione" europea che si avverte nei confronti della religione e delle culture islamiche. La narrazione si svolge su tre piani: il primo è lo svelamento, centellinato pagina per pagina, dei contenuti di un fantomatico manoscritto che un ricco proprietario di una miniera d'oro del Mali aveva acquisito a Mecca nel lontano 1325, durante il suo pellegrinaggio alla citta santa. Il secondo piano racconta le vicissitudini del giornalista free lance che trova il manoscritto (in lingua siriaca), lo mette in vendita sul mercato dei collezionisti delle rarità bibliografiche e suscita una guerra senza esclusione di colpi per impadronirsi della "reliquia". Gli americani della Nsa (National security agency) e due branche dell'Isi, i servizi segreti pakistani, danno vita a una lotta senza quartiere per entrare in possesso del manoscritto: i primi vogliono divulgare il testo in maniera da minare la fede dei musulmani; gli altri vogliono toglierlo dalla circolazione per il motivo opposto. E i due gruppi dovranno vedersela anche una cellula di salafiti jihadisti, una sorta di giustizieri "fai da te". Le pagine sono disseminate di brutali uccisioni, con un ritmo d'azione incalzante e avvicente ambientata a Parigi e una serie di colpi di scena, tra i quali l'entrata in campo di un gruppetto di anarco-libertari, amici del giornalista free lance. Ma il romanzo ha anche un terzo piano, nella sua parte finale, ispirato a quella che una volta si sarebbe chiamata fantascienza sociale (ovvero: cosa accadrebbe qualora venisse rivelato l'esistenza del manoscritto).
Tutte e tre le narrazioni del "testamento siriaco" - quella fanta-teologica sui contenuti del manoscritto, le atmosfere noir dell'azione e l'apologo fantapolitico copnclusivo - convergono su un tema di fondo: l'Islam immaginario. Questo tema è da sempre miraggio di coloro che, animati da buone intenzioni, vogliono «innescare una evoluzione positiva dell'Islam» sulla base, da loro data per scontata, che comunque «l'Islam è intrinsecamente violento perchè nel suo dna ha una volontà di conquista», come viene più volte ripetuto nel romanzo. Il manoscritto propone una soluzione basata su una sorta di modifica "genetica" dell'Islam come è oggi: questa sarebbe possibile facendo conoscere l'origine "cristiana" dell'Islam, intento che nel manoscritto si unisce ad una sorta di processo al Profeta presentato sotto forma di confessione e di pentimento. A completare il quadro viene suggerito il sufismo quale forma più affascinante dell'Islam. Questa indicazione di fondo viene collegata alle modalità del romanzo d'azione visto come situazione psicologica estrema in cui emerge il meglio dell'individualità, o comunque la verità profonda sugli individui. E infine la prospettiva fantapolitica tocca i nervi scoperti delle nostre società secondo quelle chiavi che vennero inserite per la prima volta - coscientemente - nella famosa trasmissione dell'invasione marziana di Orson Welles. Nell'universo della post-modernità si è molto più vicini di quel che si crede a quella mentalità medievale per cui basta che una "favola" sia ripetuta numerose volte e nelle comunicazione più grandiosa (battage pubblicitario per film blockbuster) affinche si finisca per credere che ci sia del vero.
Niente di nuovo sotto il sole e se l'autore si dimostra abile a rimescolare i dati reali rimettendo in scena quanto appreso dalla diatriba sui "versetti satanici" del 1989 o delle vignette danesi nel 2006, passando per l'omicido di Theo Van Gogh eccetera eccetera. I caratteri dei suoi protagonisti risultano tuttavia poco probabili, così come la figura del commissario Sarfaty, dalle chiare origini ebraiche, che partecipa a trasmissioni televisive in cui discetta sulle origini dell'Islam o come il prevedibile happy end da "soap opera", imperniato sulla terribile Benazir Gurasi, capo di un commando amazzone dell'Isi. Nel libro aleggiano altrettanti improbabili poliziotti musulmani che però fanno una brutta fine, mentre una algerina dichiaratasi atea si mostra una fine conoscitrice del Corano. La ricetta proposta nel romanzo appare abbastanza equivoca: sorvegliare ed infiltrarsi meglio nelle moschee e accordarsi con i musulmani "moderati" senza però spiegare chi con tale termine debba intendersi e ne tantomeno sembrano aggirarsi nelle pagine del romanzo. Del resto siamo nell'epoca di Umberto Eco e Dan Brown dei thriller a sfondo esoterico-teologico che sembrano riattualizzare l'apodittica preveggenza di Andre Malraux: «il ventunesimo secolo o sara religioso o non sarà». Sulla religione sembra combattersi una battaglia culturale che riguarda gli scenari futuri dell'Islam e non solo. L'importante per la mistificazione dell'immaginario è gettare un primo seme. Tra il romanzo L'ultima tentazione di Nikos Kazanzakis degli anni Cinquanta e Il Santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln passano trent'anni. Poi arriva il film del 1988 di Martin Scorsese tratto da L'ultima tentazione e infine il libro di Dan Brown del 2003, Il Codice da Vinci, che è la base per l'omonimo film nel 2006 di Ron Howard. Allo stesso modo, immaginiamo che di questo Testamento siriaco si risentirà parlare, magari fra qualche anno. Tenetelo a mente.
Omar Camiletti

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