giovedì 27 gennaio 2011

150° Storie d'Italia: il fumetto racconta l'unificazione

Dal Secolo d'Italia del 27 gennaio 2011
«La storia siamo noi, padri e figli» cantava Francesco De Gregori nel 1985. «Perché è la gente che fa la storia e – come spiega il refrain – quando si tratta di scegliere e di andare te la ritrovi tutta con gli occhi aperti che sa benissimo cosa fare». E chissà come avranno spalancato gli occhi quei bersaglieri piemontesi, che magari non s’erano ancora mai allontanati da casa, nel vedere per la prima volta la bellissima Roma del settembre 1870, senza neanche immaginare cosa potesse esserci dietro la breccia aperta nelle mura sino a quel momento invalicabili della città, accanto a Porta Pia. Stavano scrivendo la storia, certo, ma rimanevano pur sempre dei ragazzi davanti ai quali si spalancavano, come in una rivelazione, le meraviglie di un passato millenario.  
Uno di quei bersaglieri si chiama Alessandro Barbero: questo è il nome del personaggio di Una giornata a Roma, uno dei tre episodi che compongono Il lungo cammino, il primo volume – da oggi in edicola allegato a con il Giornalino e Famiglia Cristiana – dei due (il secondo, Una comune avventura, è atteso per il 3 febbraio, pp. 180 €9,90 cad.) che compongono l’opera inedita 150° Storie d’Italia: la narrazione per immagini delle storie – al plurale – del nostro paese raccontate da alcuni dei più importanti autori del fumetto italiano attraverso la voce e le vicende personali di uomini e donne normali. Che si trovano ad affrontare, probabilmente senza rendersene conto appieno, eventi straordinari.
«Nessuno di loro fa l’eroe di professione ma è proprio la gente comune a rappresentare il cuore pulsante e il motore della storia». Ci tiene a sottolinearlo, Francesco Artibani, 42 anni, sceneggiatore di punta della Disney e dell’intramontabile Lupo Alberto, e soprattutto ideatore del progetto editoriale – «cui nessuno aveva pensato, partito alla garibaldina e poi cresciuto» – e autore dei testi (per la storia del bersagliere, ci confida, s’è ispirato alla cronaca di quei giorni scritta da De Amicis, inviato de La Nazione). Lui s’è preso la briga di “reclutare” e coordinare, insieme a Ivo Milazzo (il papà di Ken Parker), il lavoro di una vera e propria nazionale tricolore del fumetto, composta com’è da fuoriclasse del calibro di Sergio Toppi, Carlo Ambrosini, Pasquale Frisenda, Marco Nizzoli, Giorgio Cavazzano e Corrado Mastrantuono.
L’idea è, nella sua semplicità, rivoluzionaria: piuttosto che dare alla luce l’ennesima biografia di condottieri, re e statisti ad affollare ulteriormente i già intasati scaffali delle librerie, a ritrovarsi protagonisti, loro malgrado, stavolta sono le “comparse”: un soldato, un medico, un sacerdote, un operaio, una madre, un carabiniere e una classe di studenti in gita scolastica, tutti alle prese con una storia che di colpo sembra essersi messa a correre sul piano inclinato della quotidianità. Con buona pace di Mazzini, Vittorio Emanuele II e Garibaldi – le cui vite sono state talmente a lungo passate sotto la lente di ingrandimento da non poter svelare nulla di nuovo – che, per una volta, dovranno cedere copertina e palcoscenico a «uomini, donne e giovani pronti a testimoniare e difendere il valore di quell’Unità su cui ai fonda un paese moderno».
A fronte di una produzione prolifica quanto dispersiva di libri sull'unificaziona nazionale italiana (alcuni dei quali iscrivibili d’ufficio alla sottocategoria degli instant book) – in cui sono state analizzate fino allo sfinimento le ragioni del nord e quelle del sud – questi volumi si dimostrano preziosi per soffiare via la polvere delle polemiche e delle dispute accademiche tra opposte fazioni e consorterie. E lo fanno con tutta la potenza che questo medium conserva intatta. «Nella forza delle immagini – scrive nell’introduzione al volume Angelo Nencetti, direttore del Museo Italiano del Fumetto e dell’Immagine di Lucca, co-curatore dell’iniziativa – spesso si trova una efficacia comunicativa ben maggiore di migliaia di parole espresse. Vedere un’immagine di particolare effetto trasmette sensazioni ben più forti delle pagine scritte.»
L’opera, infatti, non si propone come mera divulgazione didascalica. «Abbiamo cercato di coniugare divulgazione con divertimento – spiega ancora Artibani – raccontando i fatti ma anche restituendo le emozioni di chi ha vissuto quegli anni». Il modello di riferimento, al riguardo, non è La storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, prettamente divulgativa e per certi versi “scolastica”, ma semmai la ben più ambiziosa serie Un uomo, un’avventura di Sergio Bonelli che – mettendo insieme tra il 1976 e il 1980 artisti come Hugo Pratt e Sergio Toppi (già allora un maestro), Dino Battaglia e Guido Crepax, Attilio Micheluzzi e Milo Manara – diede vita al primo esperimento di racconto storico estremamente realistico ma avventuroso al tempo stesso, attorno al quale far ruotare le umane vicende di eroi, antieroi e persone comuni.
«L’Ottocento italiano – ci dice Artibani – ha tutte le caratteristiche per diventare quello che è il West per gli americani, che non a caso ne hanno fatto una vera mitologia. Ha un’incredibile densità di eventi appassionanti, personaggi affascinanti ed eventi storici dimenticati che potrebbero essere approfonditi e trasformati in romanzi, eppure incredibilmente questo patrimonio non viene valorizzato».
Una scommessa su cui Artibani – molto impegnato in Francia, dove sta per inaugurare due nuove serie di fumetti per un grande editore – ritiene sia necessario puntare anche nel nostro paese: «Perché le risorse ci sono, gli autori anche e i lettori, potenziali, non mancano». 150° Storie d’Italia ne vuole conquistare di nuovi, rivolgendosi a un pubblico il più ampio possibile: agli studenti, certamente, ma anche a coloro che abitualmente non leggono fumetti. «Non è vero – puntualizza il papà di serie di successo come Monster Allergy – che il fumetto è in crisi, sono gli editori che, per eccesso di prudenza, non riescono a conquistare altri lettori». L’esperienza professionale dello sceneggiatore romano, del resto, ne è la migliore dimostrazione. Quando con Disney Italia partecipò alla creazione del fenomeno Witch, di cui è stato sceneggiatore e story-editor, nessuno avrebbe pensato che sarebbe diventato un cult. Le ragazze non leggono fumetti, qualcuno si affrettò a eccepire, quale pubblico si sarebbe lasciato conquistare dalle vicende delle cinque protagoniste? Eppure il successo è stato enorme quanto duraturo. Bisogna rimboccarsi le maniche, senza vittimismi. «Prima la colpa era della televisione – ci dice – e poi dei cellulari, della playstation e di internet. Perché non ammettere che se una serie chiude è semplicemente perché non funzionava?». L’editoria italiana sembra aver perso il gusto della sfida, quello che negli anni Settanta dimostravano, per fare alcuni nomi, Max Bunker, Magnus e Renzo Barbieri con i loro albetti, che magari avevano vita breve ma lasciavano il segno, aprivano strade e lanciavano tendenze. Una stagione di creatività contagiosa che attraversava la letteratura come anche il cinema, con la nascita di filoni “identitari” come la commedia all’italiana.
«Oggi, troppo spesso – scrive ancora Angelo Nencetti – l’eroe da imitare è quello standardizzato che ci propinano televisione e cinema: il testosteronico super-eroe che vince in situazioni incredibili. Risultano quindi “poco attraenti” storie d’ambientazione italica dedicate agli “eroi” nazionali. Anche il mondo del fumetto nostrano non passa indenne rispetto a questa regola commerciale che pretende tendenze narrative dove vi sia il massimo sfoggio di iperpoteri ai fini della risoluzione dei problemi. Ma non fanno più eroe gli atti di un normale uomo della strada che vive momenti eccezionali? Quando si perderà il ricordo degli accadimenti passati, la società sarà più povera perché non avrà nulla da trasmettere alle nuove generazioni. Non ci saranno più eroi o storie avventurose da narrare, non ci saranno più basi su cui poggiare valori etici e stili di vita e non si capirà più per quali ragioni uomini e donne normali sono divenuti protagonisti ed eroi sacrificandosi per un comune scopo: l’Unità d’Italia».
Per ricordarcelo, all’iniziativa seguiranno un concorso scolastico nazionale per i migliori disegni storici e una mostra itinerante che partirà proprio dal museo del fumetto di Lucca per poi trasferirsi a Milano e proseguire a Mantova, Città di Castello, Napoli e altre città italiane. Un viaggio da fare insieme. «Perché insieme – scrive nell’introduzione Stefano Gorla, direttore de il Giornalino – è possibile vivere meglio e si sperimentano possibilità e fatiche, si costituisce un sentimento comune. Un popolo di cui ognuno può sentirsi parte. Ciò che abbiamo voluto raccontare con il linguaggio ricco del fumetto».
Roberto Alfatti Appetiti

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