Dal Secolo d'Italia di giovedì 3 febbraio 2011
Erano belle come Gino Boccasile le aveva fatte. Prosperose senza l’aiuto del chirurgo estetico ma, piuttosto, del geniale disegnatore pugliese. Parliamo delle pin-up di carta e inchiostro che alimentarono il modello femminile di seduzione ed erotismo degli anni Trenta. Un nuovo tipo di donna: non più angelo del focolare ma emancipata e libera.
Vita esile, gonna stretta e petto in fuori, così si presenta tra il ’37 e il ’38 all’immaginario erotico dei giovani del Littorio dalle pagine, anzi dalle copertine, de Le grandi firme, il periodico fondato da Pitigrilli e diretto da Cesare Zavattini, mentre alla radio il Trio Lescano canta «Signorina Grandi Firme, Signorina Novecento, con le gonne sempre al vento, tu mi sembri il monumento dell’amor».
Con l’approssimarsi della guerra, tuttavia, il duce chiude la rivista e licenzia le “Signorine”: via le gambe chilometriche e i seni prepotenti, alla propaganda occorrono donne serie e severe, pronte a sostenere i loro uomini al fronte e a sostituirli sul posto di lavoro. Questo stop non impedisce a Boccasile di stare "dalla parte" del fascismo dagli inizi alla fine, realizzando manifesti anche per la Repubblica Sociale (e nel 1948 anche per il Msi). Senza mai fare il "redento". L’Italia democratica non lo ha più perdonato, ospitandolo nelle patrie galere e condannandolo alla damnatio memoriae. Difficilmente il prossimo 14 luglio sarà ricordato il centenario dalla nascita, così come nel 2012 il cinquantennale dalla precoce morte, di questo radicale innovatore del costume e maestro della pubblicità moderna.
Eppure – come ha detto Antonio Faeti – «le sue Signorine rappresentano una pietra filosofale dell’erotismo». Tanto intraprendenti da non potere rimanere confinate in copertina. Reclamavano il loro spazio nell’avventura, nel cinema e nella società. E nel giro di qualche lustro, nel solco tracciato dall’artista pugliese, conquistarono le pagine interne dei periodici sino a farsi protagoniste di serie a fumetti.
Alla fine degli anni Quaranta compaiono le prime eroine. Eccole: determinate e soprattutto seminude. Pantera Bionda, la tarzanella di Gian Giacomo Dalmasso – edita dalla ARC di Paquale Giurleo, il coraggioso pioniere dell’editoria sexy scomparso, nel ’51, a soli quarantasette anni – si vedrà costretta dai tribunali prima a rivestirsi e poi a lasciare l’edicola. E ancora: Gey Carioca, la pin up disegnata dell’eclettico Paul Campani, costretta dai censori a emigrare in Argentina. Esplode il western a fumetti per adulti con pistolere belle quanto spregiudicate, ma è con i pocket dai contenuti libertari di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon che l’erotismo diventa un prodotto di massa.
Sì, perché la capostipite Isabella – cui seguiranno Jacula, Lucrezia, Zora la vampira, Lando, Hessa la nazista e tante altre testate di successo – per quanto di nobili origini (duchessa dei diavoli in un Seicento immaginario), è figlia della loro creatività selvaggia, che tenne incollata per decenni a quei mitici tascabili migliaia di lettori clandestini. Isabella, un po’ Brigitte Bardot e un po’ l’Angelica di Michele Mercier – Barbieri si era ispirato al personaggio dei romanzi di Anne e Serge Golon – “nasce” nel ’66 (per le Edizioni 66, non a caso) e sopravvivrà nel ricordo dei ragazzi degli anni Sessanta ben oltre la cessazione delle pubblicazioni, dieci anni dopo.
I disegni sono affidati al tratto ammiccante di Sandro Angiolini, altro maestro del fumetto passato per la Repubblica Sociale, già allora popolando di avvenenti ragazze le vignette satiriche del settimanale Il Barbagianni. Sempre lui, nella prima metà dei Settanta, disegnerà Vartan, l’affascinante indiana bianca di Furio Viano che si contenderà i lettori con gli irrefrenabili Barbieri e Cavedon e con l’erotismo intrinseco quanto ironico di Magnus e Max Bunker.
Una volta sdoganato, il fumetto erotico – irrinunciabile veicolo di educazione sessuale primaria – negli anni successivi diventa palestra di raffinati esercizi di stile. Su Linus fa la sua comparizione Valentina di Guido Crepax: un erotismo colto in cui l’autore riversa le sue passioni per la letteratura, il mondo onirico, la simbologia surrealista, la pittura e il cinema. Valentina, a differenza delle sue “colleghe” eternamente giovani, invecchia e a cinquantatre anni esce di scena.
Un altro grande artista che si cimenterà con l’eros a fumetti è il pittore Paolo Eleuteri Serpieri: con Morbus Gravis – originale mix futuristico erotico – darà al mondo delle nuvole parlanti una nuova icona sexy: Druuna, sensuali fattezze mediterranee, lunghi capelli neri e carnagione olivastra.
Se si parla di fumetto erotico, però, il più celebrato rimane Milo Manara. L’artista altoatesino esordisce con Genius, testata tra il nero e l’erotico, e nel ’74 disegna Jolanda de Almaviva, la piratessa che Barbieri aveva creato ispirandosi all’omonima figlia del Corsaro Nero.
Ed è grazie alla vulcanica attività di editore di quest’ultimo – che, come disse Magnus, radunò «la legione straniera dei disegnatori italiani» – Manara intraprenderà una carriera straordinaria ben oltre i confini del fumetto. Salvo essere randellato dalla critica quando realizzerà Il profumo dell’invisibile, la cui protagonista, la bionda e bellissima Miele – che si chiama così perché, spiega, «ce l’ho dolcissima, almeno così dicono» – rimane uno dei personaggi più seducenti di sempre. L’accusa sarà l’aver abbandonato il fumetto d’autore, elitario per definizione, per inseguire il successo economico e la popolarità. Che sarà mondiale, colpa imperdonabile.
Il fumetto erotico, tuttavia, poco dopo inizierà a muovere la “ritirata” dall’edicola. Malgrado gli ultimi colpi editoriali – il solito Barbieri negli anni Ottanta con la Poliziotta supererà persino le vendite di Diabolik – sarà cancellato dal bombardamento delle VHS e le riviste, sia pure di qualità, si rivolgeranno a una nicchia di cultori, allontanandosi dal grande pubblico.
Qualcosa, tuttavia, è tornato a muoversi e così, come nei tempi passati le sexy eroine si facevano avanti a colpi di “tavole”, a ravvivare il desolato panorama italiano di questo genere – da sempre rigorosamente al maschile – è una pattuglia di artiste nate negli anni Settanta e Ottanta. Qualche nome? Michela Cacciatore (’81), già disegnatrice di fumetti come La gabbia dorata (edito da Cronaca di Topolonia, nell'immagine in basso) e Confessioni di un peccato (pubblicato sulla X-Comics di Coniglio Editore) scritti dalle sceneggiatrici Rita Porretto (’78) e Silvia Mericone (’76) che, insieme, hanno appena creato Dr. Morgue, noir a fumetti (Star Comics) che andrà in edicola il prossimo aprile.
Mentre è già arrivata in libreria un’altra pubblicazione di Cristina Fabris, quarant’anni il prossimo 8 febbraio. Dopo Fetish e Anna Lynch: la porta d’Oriente (Coniglio Editore, rispettivamente 2006 e 2008) e Chiudi gli occhi (Purple Press, 2009), è la volta di 99 desideri proibiti (con testi di Elisa Cappelli, Castelvecchi, pp. 205, € 24). La disegnatrice romana sta riuscendo nell’impresa, spesso disperata, di coniugare le aspettative della critica con i gusti dei lettori. Non solo italiani, visto che è pubblicata e apprezzata anche in Francia, Stati Uniti e Olanda.
Divoratrice seriale di fumetti sin dalla più tenera età – Crepax, Manara, Serpieri, Pratt, Rotundo e tanti altri – e con alle spalle una lunga “gavetta” di autoproduzioni nelle fiere del fumetto, da quasi un decennio seduce con il disegno e racconta con il linguaggio del fumetto sulle riviste specializzate l’erotismo più estremo, arricchito da un personale tocco di ironia e romanticismo. Partendo dalla consapevolezza che il pubblico (potenziale) è anche femminile. «Non bisogna pensare che il sesso basti di per sé a raccontare – ha dichiarato in un’intervista – ma bisogna sforzarsi per capire il gusto dei lettori. La vera sfida è riuscire a coinvolgerli». Ed è questa la chiave di volta per richiamare l’interesse su questo genere.
Dario Morgante, già editore della Fabris alla Purple e ora in Castelvecchi, nell’introduzione al volume si pone un interrogativo tutt’altro che trascurabile: «Cosa sognano gli umani?». E si risponde: «Gli innominabili desideri umani hanno sempre a che fare con il sesso. Insomma – conclude – viva l’arte erotica di Cristina Fabris, che non si estranea dal suo essere umano, che indaga pulsioni e corrosioni, visioni e abissi per riportarci una guida rapida alle perversioni contemporanee». Del resto, come cantava Zucchero già nel lontano ’87, «solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall'azione cattolica». Non solo per adulti, quindi.
Roberto Alfatti Appetiti
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