martedì 8 marzo 2011

"Caro mister...", arriva la galleria inedita degli allenatori viola: da Pecos Bill al mitico Mago di Turi (di Michele De Feudis)

Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia di martedì 8 marzo 2011
Dal primo allenatore, l'ungherese Karl Capskay, all'attuale timoniere, il serbo Sinisa Mihajlovic. La storia della Fiorentina, cadenzata attraverso aneddoti e ricostruzioni delle vicende dei cinquantuno allenatori che si sono succeduti sulla panchina viola dal 1926, restituisce in pieno il fascino del calcio. Oltre gli schemi, le partite clou, a risaltare sono i profili umani di tecnici che hanno contribuito a rendere fascinosa la storia di una società che in questo torneo sa vivendo una stagione opaca, distante dagli obiettivi europei che una rosa così ricca di talenti (da Gilardino a Mutu, da Montolivo a Babacar) avrebbe fatto immaginare in estate. Caro Mister... lasciati raccontare (pp. 381, euro 18, Sassoscritto editore) è il viaggio nella storia degli allenatori viola curato da Michela Lanza.
Si tratta di un lavoro monumentale, con un ricchissimo corredo di fotografie e documenti del tempo, più un lavoro certosino nel raccogliere le testimonianze di ben quarantaquattro giocatori.
La galleria degli allenatori consente davvero di immergersi nella storia del calcio italiano. Eccone una sintetica carrellata. Giuseppe Virgili, soprannominato "Pecos Bill" per la sua passione per i fumetti, era un bomber corazzato, protagonista della stagione 1955-56, tratteggia così il carattere di Fulvio Bernardini: «Era una persona squisita, un babbo. Non l'ho mai visto arrabbiarsi, amava gesticolare un po' con le mani, fumava molto, ed era una persona speciale. Noi lo chiamavamo Dottore, mai mister». Virgili consente di conoscere anche le differenze tra il calcio estremo di adesso e i "ritmi lenti" dei suoi tempi. «La nostra settimana "ideale" era la seguente: lunedì festa; martedì allenamento leggero, poi match "difensori e attaccanti" a palla a mano e chi vinceva pagava lo spumante; mercoledì partitella tra noi titolari quindi attaccanti contro difensori; giovedì partitella contro le riserve; venerdì la rifinitura e qualche tiro in porta; il sabato libero, senza allenamento e tutti al cinema. La domenica mangiavamo allo stadio, perché prima c'era la mensa...». Giuliano Sarti, uno dei portieri italiani più amati aggiunge una nota tattica: «Bernardini? Inventò il gioco con l'ala tornante con Prini». Nel 1962-63 tocca a Ferruccio Valcareggi. Da calciatore aveva collezionò ben 122 presenze con la Fiorentina. Questa tappa nella sua carriera anticipò il salto in Nazionale. Era un profeta del calcio ordinato e rigido. Il terzino Enzo Robotti lo descrive così: «Ero un marcatore a uomo e, se per caso mi sbilanciavo un attimo in avanti, non mi faceva la multa, ma me la faceva pagare cara».
Nel 1967-68 tocca a Bruno Pesatola e alla sua Fiorentina "yè-yè" che vinse anche uno scudetto, definita con questa formula perché il gruppo non sentiva le pressioni e si allenava con leggerezza. Scaramantico fino all'ossessione, fu sostituito (a causa di un esonero) nel gennaio del 1971 da Oronzo Pugliese, tecnico pugliese soprannominato "il mago di Turi", che ispirò Lino Banfi per il personaggio di Oronzo Canà nel cult L'allenatore nel pallone. Una chicca di Pugliese narrata dalla Lanza: arrivò e prese Galdiolo, giocatore gigante della difesa, e gli disse: «Tu sei terzino vero? Fammi vedere come butti il pallone fuori dallo stadio...». Giancarlo Antognoni, invece, descrive il profilo di Nils Liedholm, detto "il Barone". «Non dedicava molto tempo all'aspetto tattico. Prima era diverso, si guardava più all'aspetto tecnico di ogni giocatore, da inserire poi nel ruolo giusto. La marcatura a uomo era meno evidente rispetto agli anni precedenti. Non ti diceva "Tu, numero nove, devi marcare il loro stopper", bensì iniziava a sperimentare qualcosa di diverso. Diciamo che è stato un po' il precursore della zona in Italia». Vincenzo Guerini si è soffermato invece sul rigore di Nereo Rocco: «Lo esasperava lavorare con i giovani, con i nostri pregi e i nostri difetti. A volte, durante gli allenamenti, capitava che noi "cazzeggiassimo": un po' troppo per un uomo anziano e carismatico come lui». Antonio Di Gennaro evidenzia invece le qualità tecniche di Carletto Mazzone che amava «la fase difensiva, considerandola - a ragione - la base di partenza per far bene. Tutte le grandi squadre, quelle che hanno ottenuto i maggiori risultati, hanno sempre avuto grandi difese»". Lorenzo Amoruso ci fa scoprire un Claudio Ranieri meno irrigidito nel ruolo. «La prima Fiorentina di Ranieri in A (1994-1995) non vinse tante partite in trasferta, solo quattro. L'anno dopo, durante la preparazione buttò lì la scommessa e disse: "Pago una cena ogni vittoria in trasferta che facciamo". Quell'anno ne vincemmo undici»". Il tecnico romano pagò le prime tavolate, poi si fermò. I giocatori borbottarono e Ranieri sbottò: «Sta' bbono, sto a prepara' una cosa bbona. Alla fine della stagione ci portò all'Enoteca Pinchiorri...».
Puntuali e ricchissimi sono anche i ritratti di Gigi Radice e Giovanni Trapattoni. Di Livio del "Trap" non può non ricordarne i modi ruspanti: «La cosa che più mi ha colpito? Il suo fischio era unico». Negli ultimi campionati sulla panchina viola si sono succeduti allenatori pittoreschi come Terim e di grande spessore umano come Claudio Prandelli, attuale ct azzurro. L'inquieto Mutu lo ricopre di elogi: «Grande persona, molto paziente, molto costruttiva. (..) Il punto di forza della Fiorentina di Prandelli è stata la fame di vittorie. (...) È stato un psicologo. Ti trasmetteva le sue sensazioni, la sua grinta, la sua voglia di vincere. Un allenatore che ti insegna a giocare a calcio".
Michele De Feudis

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