giovedì 10 marzo 2011

Fantômas, torna quel beat vestito di nero

Dal Secolo d'Italia del 10 marzo 2011
Il governo tira a campare? L’opposizione ha smarrito ogni vocazione all’antagonismo? Nessun problema: ci penseranno gli eroi d’inchiostro – rigorosamente nero – a cambiare il mondo. Lo hanno già fatto negli anni Sessanta, del resto, rubando l’innocenza a giovanissimi «condannati ai biliardini dell’oratorio» e offrendo loro in cambio una certa idea della vita, che alla fine si rivelò quella giusta. «Una vita fatta di scontri, di idee da difendere, di tesori da conquistare, di donne da amare, di giustizia da temere, di furbastri da evitare, di sogni da rincorrere e di barriere da infrangere».  
Vent’anni fa scriveva già così Luigi Bernardi, molto prima che i fumetti neri venissero, sia pur parzialmente e tra mille distinguo, riabilitati. Sì, perché quando, poco dopo, il vento libertario dei beat dall’Inghilterra e dagli States soffiò anche in Italia – ebbe a raccontare il “padre” di case editrici e riviste che hanno fatto la storia del fumetto – «fummo noi che avevamo letto i fumetti neri i primi a occupare le scuole, a marciare per le città e a cantare le canzoni di Bob Dylan e Joan Baez».
Furono quei personaggi impresentabili, con le loro cattivissime kappa dall’intrinseca carica antisistema, i veri beat ante litteram a mettere in discussione la morale comune e a dare una prima quanto decisiva scossa di cambiamento sociale. Spiega Bernardi: «Ne amo la dialettica tra bene e male, libertà e conservazione, giocoso e serio, che è fondamentale per i fumetti neri, che con la musica beat considero alla base della rivoluzione culturale anni Sessanta. E un peccato che oggi, in tempi manichei, questa dialettica sia andata perduta». Altro che istigatori d’odio e cattivi maestri. «Non è vero, come qualcuno sostenne e come qualche altro pensa tuttora – scriveva ancora Bernardi – che i fumetti neri ci avessero insegnato a diventare tutti delinquenti, stupratori, ladri, assassini, onanisti, esseri insomma amorali e senza un briciolo di umanità. Qualcuno probabilmente sì, ma se fosse solo per quello bisognerebbe calcolare anche i disastri provocati da un giochetto stupido come il Monopoli».
Dopo di loro, se non il diluvio, arrivò quanto meno la normalizzazione delle nuvole parlanti. Proprio nel momento in cui là fuori ci sarebbe bisogno di qualcuno disposto a menare le mani, culturalmente parlando, e non di personaggi schierati a difesa dell’ordine costituito e del potere.
Quando il gioco si fa duro, pertanto, i duri iniziano a giocare e Bernardi, dismessi i panni dell’editore dopo la chiusura della sua Granata Press, ha deciso di mettersi a scrivere e, accantonati per un po’ i suoi romanzi, è tornato sull’arena del fumetto a misurare la sue fervida immaginazione nera con la sceneggiatura del terrore della borghesia, del capostipite dei neri, convinto com’era e com’è che «la giusta chiave di lettura dei fumetti neri sia quella politica, politica nel senso che loro erano sempre, comunque e sovversivamente contro».
Parliamo di Fantômas, il personaggio letterario creato dai francesi Marcel Allain e Pierre Souvestre che vide la luce – si fa per dire, avvolto com’era nell’ombra – nel febbraio del 1911, giusto cento anni fa. Neanche il tempo di soffiare sulle candeline, richiamato in servizio da Bernardi, eccolo di nuovo apparire, accuratamente mascherato e affidato alla talentuosa matita di Onofrio Catacchio, sulla copertina di Fantomax. Non temerai altro male (Coconino Press, pp. 208, € 17,50) che «vive, agisce e colpisce nel nostro presente dilaniato da guerre e crisi finanziarie di cui quasi sempre è lui stesso all’origine».
L’operazione di Bernardi e Catacchio ¬– sodalizio artistico già collaudato nell’antologia Fantômas: le nuove avventure e in Habemus Fantômas (opere pubblicate nel 2006 e nel 2008 dalle edizioni BD) – è ambiziosa e va ben oltre la solita trasposizione più o meno fine a se stessa, come non ne sono certo mancate e non ne mancheranno in futuro: il regista Christophe Gans, a tal proposito, ha annunciato per il 2011 un ritorno di Fantômas addirittura in 3D con il volto del magnetico Vincent Cassel.
Lo scrittore bolognese e il disegnatore barese, invece, non solo inseriscono il re del crimine in una dimensione a cavallo tra il classico e il moderno, fra la tradizione del “nero” e l’innovazione tecnologica, ma soprattutto ne sfruttano le potenzialità narrative per reinventare un personaggio che opera nell’attualità e cavalca la tigre della modernità. Se Lupin – per citare ad esempio un “coetaneo” del nostro, di soli cinque anni più “vecchio” –conserva un certo senso della giustizia e si muove all’interno di un sistema che non mette in discussione, il nostro antieroe se ne fa avversario radicale, proponendosi di sconfiggerlo. Scoperchia le ipocrisie e mette a nudo le contraddizioni della società. Il male è, al contempo, la sua arma e un’irriducibile dichiarazione di non conformità. L’antitesi di quel bene che sta portando alla rovina l’umanità. «Il male di Fantomas – ha spiegato Bernardi –è lo schiaffone definitivo, che risveglia ciò che è rimasto di risvegliabile. Niente è più affascinante dello schiaffone definitivo, del ribaltamento delle prospettive, del chiedere al male quella felicità che il bene non è stato capace di offrire, se non come ipotesi ultraterrena».
Non è certo un caso, del resto, se proprio i surrealisti, sempre pronti a sfidare la morale convenzionale, siano stati i più accesi fan delle “malefatte” di Fantômas. Se André Breton inneggiava a Violette Nozières, moderna eroina in quanto parricida, Luciano Secchi alias Max Bunker, con lo stesso gusto per la provocazione e nel nome del diritto di satira, nel 2002 fece comparire Erika De Nardo – l’allora sedicenne ragazzina di Novi Ligure che si rese “protagonista” dell’efferato delitto di madre e fratellino – in uno degli albi di Alan Ford tra i più contestati dai benpensanti.
Caduti sul campo dopo aver animato una delle stagioni più feconde del fumetto italiano, i figlioli italiani di Fantomas – Kriminal, Zakimort, Satanik, Fantax, Demoniak, Mister X, Sadik, Atomas, Spettrus, Jnfernal, Killer e altri che potrebbero sfuggirci – e imborghesitosi (definitivamente?) persino Diabolik, a raccoglierne il testimone della rivolta contro il mondo moderno non è più l’eroe nero del feuilleton come lo ricordavamo, con smoking, cilindro, mascherina e ovviamente pugnale autarchico, ma una vera e propria multinazionale del terrore con base nei sotterranei di Parigi e rifugi in tutto il mondo, una società segreta che obbedisce esclusivamente alla logica del male ed elegge ogni cinque anni un nuovo capo, il Fantomax – la cui x si è resa necessaria anche da insuperabili questioni di diritti – scegliendolo tra i “peggiori” criminali del mondo. Uno di loro, peraltro, è lo Zanardi di Andrea Pazienza, che, insieme allo Sconosciuto di Magnus nel ruolo del custode dei Fantomax, regalano all’opera quello che cinematograficamente definiremmo un cameo.
Bernardi e Catacchio si divertono così a rilanciare la fantasia, giocare con l’immaginario e affondare i denti – testi e matite – nei nervi scoperti della contemporaneità e lo fanno rileggendo la storia del Novecento come se a determinarla fosse stato e potesse continuare a scriverla lo stesso Fantomas/x nei panni di grande vecchio. Roba al cui confronto la vecchia P2 finirebbe per assomigliare a un dopolavoro ferroviario.
È vero quanto, in qualche misura, sembrano denunciare gli autori? Il fumetto ha perso il coraggio di intervenire nel dibattito delle idee e, inseguendo l’intrattenimento e una spettacolarizzazione estrema quanto fatua, ha abdicato alla possibilità di pronunciarsi sul nostro futuro? Se così fosse, allora quello che occorre è proprio una nuova verniciata di nero e l’irriverenza di quei neri, scacciati anni or sono dalle nostre edicole da plotoni di manga, può tornare utile.
Perché, se a una prima distratta lettura, la riesumazione di Fantomas può sembrare un’iniziativa vagamente vintage e calibrata per un pubblico di “nostalgici” dei giornaletti novecenteschi o, nella migliore delle ipotesi, un fumetto di genere, ai più attenti non sfuggirà come il nuovo Fantomax sia un vero reazionario, ovvero un autentico ribelle. «La carica sovversiva – chiosa Bernardi – nasce quando si mettono in campo valori profondamente diversi da quelli accettati». Quando, in una parola, non ci si astiene dalla lotta e, rimanendo ai fumetti, non ci si consegna alle aspettative del mercato.
Roberto Alfatti Appetiti

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