Articolo di Pier Paolo Segneri
Dal quotidiano Opinione del 18 marzo 2011
“I miei, che pure erano cattolici, al referendum del 1974 avevano comunque votato per il divorzio”, scrive Luciano Lanna nell’introduzione al suo nuovo libro. È la storia di un “fascista libertario”. È una storia che tira un filo inedito della Storia. Pino Romualdi, insieme ad altri esponenti del vecchio Msi, si è sempre battuto contro la pena di morte ed è stato spesso accanto ai Radicali di Marco Pannella nelle lotte per i diritti civili.
Pare che Livio Zanetti, direttore dell’Espresso negli anni Settanta, abbia avuto trascorsi fascisti. Raimondo Vianello aderì giovanissimo alla Repubblica sociale di Mussolini. Gli esempi sarebbero tanti e andrebbero approfonditi. Per scoprirlo, si può leggere un importante saggio politico, da poco uscito nelle librerie, che svela il vissuto di quelle coscienze libertarie che si sono formate, ma non-conformate, nella destra italiana del Novecento.
A quale scopo scrivere, oggi, un testo del genere? È lo stesso Luciano Lanna, autore del libro, a spiegarlo nella introduzione: “Primo passo: disaggregare ciò che veniva presentato come un ”tutto“ coerente e monolitico, da accettare in blocco e da contrapporre rigidamente ad altre tesi non meno chiuse in se stesse.
Secondo passo: provare a riunire, in una nuova sintesi, il meglio delle diverse posizioni, al di là del fatto che i singoli aspetti venissero prospettati come entità non solo separate, ma addirittura inconciliabili”. È un libro che serve per capire la storia di una certa destra italiana.
Perché la ricostruzione storica di Lanna va oltre i soliti revisionismi accademici e perché è un racconto che scende in profondità, svela luoghi inediti e libera spazi mentali finora ignorati per cecità o per pregiudizio. Insomma, “Il fascista libertario” (Sperling ecommerciale; Kupfer, pp.255, € 17,00) di Luciano Lanna è un libro che tenta di superare gli steccati mentali, oltre che ideologici, del vecchio secolo per contribuire a liberare la strada verso il nuovo millennio appena iniziato. Dopo aver letto il libro, la prima riflessione che immediatamente emerge, anche come rilettura dell’intero percorso narrativo e storico dell’autore, è quella legata al titolo e all’esplicito ossimoro che esso rappresenta: il fascista libertario.
Un ossimoro che cerca di mostrare una verità finora indicibile. La destra fascista ha prodotto due figli: la destra di regime e la destra libertaria, Caino e Abele. Fu proprio Indro Montanelli a denunciare disgustato l’orribile e raccapricciante scena dei corpi esanimi appesi a testa in giù in quell’euforia di odio che fu Piazzale Loreto.
Caino era stato giustiziato. Dal titolo, allora, subito si comprende quanto le contraddizioni appartengano al percorso di ricerca della e delle verità. Del resto, se non si vivono contraddizioni, si finisce con il diventare falsi, ipocriti e bugiardi. E quello di Lanna è un libro vero, dalla prima pagina all’ultima.
Magari non sarà facilmente digeribile da parte di chi è abituato alle vecchie categorie, magari avrà molti limiti dovuti alla miriade di rimandi e di incroci culturali, magari apparirà irriverente ad alcuni, ma è un libro che cerca di dire una verità. La menzogna, infatti, non ammette contraddizioni.
La verità, invece, per esistere, ha bisogno di essere contraddetta. E’ un principio liberale, lo diceva e scriveva anche Luigi Einaudi. Il potere fine a se stesso, per esempio, non ha contraddizioni, ma soltanto incoerenze perché resta fermo, immobile, fisso, statico. Appena si muove, crolla.
Come una torre. Il “fascismo regime”, come tutti i poteri liberticidi e illiberali, rientra in questa tipologia mentre il “fascismo movimento”, come indica la parola stessa, ha continuato a ribellarsi, a camminare e a muoversi nelle coscienze di una certa destra italiana, soprattutto attraverso il vissuto delle persone.
Leggere questo libro di Lanna, insomma, serve innanzitutto a comprendere che le contraddizioni sono il fermento interiore che mantengono viva la coscienza. Malgrado gli errori e le scelte sbagliate. A volte, non tanto spesso, le contraddizioni si riescono a sciogliere e liberano una risposta che andavamo cercando; altre volte, restano ad alimentare il motore che accende la ricerca individuale o quella collettiva.
Del resto, anche la coerenza si nutre di contraddizioni, altrimenti non riuscirebbe a tenere la barra dritta lungo il percorso di ricerca che muove verso una verità. Infatti, la coerenza priva di contraddizioni, finisce sempre, prima o poi, con lo sbandare inesorabilmente verso il baratro dell’impossibilità.
La coerenza senza contraddizioni, di conseguenza, è immobile e infallibile. Ma l’uomo impara e cresce e migliora solo attraverso i propri fallimenti ed errori. È un principio liberale. In altre parole, Il fascista libertario di Lanna è un libro che nasce da un ossimoro, da una o più contraddizioni che muovono la storia e l’intreccio narrativo fino a spingersi nel paradosso, un po’ alla Ennio Flaiano, per mostrare una verità che non si vuole accettare e per spiegare il vissuto di tante e tante coscienze che da Elio Vittorini a Giano Accame, da Giorgio Albertazzi a Carlo Mazzantini, da Indro Montanelli a Leo Longanesi, da Beppe Niccolai a Leonardo Sciascia, da Pier Paolo Pasolini ai Radicali di Pannella, dai ragazzi di Salò ai nostri giorni, segnano un percorso che incrocia le culture libertarie del nostro Paese.
Insomma, il nuovo libro di Luciano Lanna, giornalista e direttore responsabile del Secolo d’Italia, oggi dirigente politico di Futuro e Libertà, sfugge a qualunque definizione. Più si cerca di incastonare il suo testo dentro uno dei ripiani di qualsivoglia scaffale e più ci accorgiamo che non rientra in nessuno degli schemi accademici preordinati.
È una qualità rara. È un moto della coscienza.
Pier Paolo Segneri
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