domenica 27 marzo 2011

Sandokan? Un'icona di riscatto degli sconfitti (di Stenio Solinas)

Intervista a Stenio Solinas
A cura di Antonio Rapisarda
Dal Secolo d'Italia del 27 marzo 2011
Per un "vagamondo" di professione e di elezione, Emilio Salgari non può che essere stato uno dei compagni di avventura fin dall'età dell'agogè. Stenio Solinas - scrittore, critico letterario e inviato speciale "giramondo" del Giornale - fa parte di quella generazione che si è imbottita di eroi e leggende sui mari. Tra tutti questi, i pirati di Mompracem non possono che avere avuto un posto d'onore...

Cento anni fa se ne andava Salgari. Quanto hanno contributo alla formazione delle generazioni che non hanno conosciuto quel discount del viaggio che sono i voli "low cost"?
Molto. Emilio Salgari è sempre piaciuto perché era uno scrittore legato alla letteratura per ragazzi e nei suoi romanzi vi erano tutti gli elementi tipici del genere: l'epica, l'avventura, l'esotismo e un certo gusto per le cause perse. A ciò univa una descrizione dei luoghi incredibile che ha contribuito non poco a creare un immaginario unico.
E il suo rapporto con questo?
È stato intenso. Un approccio propedeutico a quello che sarà il mio interesse legato al viaggio, all'avventura, alle mete un po' particolari. Non so se adesso un ragazzo possa trovare qualche cosa da cui trarre ispirazione: per la mia generazione Salgari, Dumas e Verne erano l'iniziazione, ci abbeveravamo a questa fantasia sfrenata per il desiderio di vivere una vita diversa diversa dai ragazzini casa-scuola della media borghesia...
Qual è il nesso tra un "vagamondo" reale come è lei e uno che il mondo lo ha solo immaginato come Salgari?
Io ho cercato sempre di restare fedele a determinati ideali e manie della mia giovinezza. Molti dei quali si ritrovano nella letteratura salgariana, che era quella degli outsider, dei loser, degli sconfitti: tutta una serie di elementi che a un certo tipo di sensibilità facevano molto piacere. Magari in Salgari non c'era un livello di scrittura pari a quello di Dumas, ma Salgari suppliva a uno stile che per molti versi era ridondante con la capacità di pensare a personaggi come il Corsano Nero e Yanez.
Di Salgari tutto un mondo non conformista ama quello che i detrattori chiamano "l'evasione". Lo stesso avverrà poi con J.R.R. Tolkien o con i fumetti di Hugo Pratt...
L'evasione in senso stretto è direttamente legata all'insofferenza della quotidianità, ai vari meccanismi di coercizione che si trovano nel mondo del lavoro o nella vita matrimoniale: tutti in modo e nell'altro cerchiamo di evadere e creiamo una sorta di mondo parallelo. Certo ci sono quelli che riescono a venire a patti con la vita e c'è chi, come Emilio Salgari, non ha voluto. La sua esistenza è stata una vita infernale, piena di problemi economici e di disgrazie. La sua stessa fine è tragica e anche il linea con il personaggio: un suicidio fatto in una certo modo, un harakiri all'italiana. Tutti elementi tragici presi dalla sua fantasia.
Sandokan rappresenta un certo tipo d'uomo, per qualcuno un anticapitalista per altri una sorta di arcitaliano perché anarchico e fascisticheggiante.
Se ne possono trarre diverse letture. C'è chi, come Paco Ignacio Taibo, ne dà una lettura precastrista o preguevariana. Io direi che Sandokan fa parte di quell'immaginario più prefascista che non appunto di destra. C'è la polemica contro la "perdida Albione", la difesa dei popoli giovani. A mio avviso fa parte di un filone che da tutto quanto l'800 romantico fino al primo '900 permette questa visione molto individualista, molto eroica della vita che poi troviamo nella storia stessa del nostro paese in quegli anni.
Personaggi meticci, vagabondi, aristocratici. Che umanità è quella che ha raccontato Salgari?
Un'umanità d'eccezione. Vale a dire da Emilio di Roccanera a Yanez De Gomera sono sempre perdonaggi che sono più o meno destinati alla sconfitta. Muore Perla, muore la donna amata dal Corsaro nero. Insomma sono la diretta conseguenza di questo microunivero che aveva creato: grandi idealità, grande senso di sacrificio.Personaggi non destinati a invecchiare seduti attorno a una tavola. Sono condannati a morire giovani.
In un momento in cui Oriente e Occidente tornano a intrecciarsi dal punto di vista geo-politico per via di una guerra in cosa quanto può essere utile la lezione salgariana?
Fermo restando che personalmente non so se un ragazzino oggi si possa cimentare in una lettura del genere. Sicuramente per come lo ricordo è stato un antidoto formidabile a certe derive. Perché pur essendoci elementi etno-centrici o occidentalisti, nei suoi romanzi c'è questa attenzione per i popoli diversi, un'attenzione non eurocentrica, questo gusto dell'esotico e della cultura che ovviamente fa sì che se piace a dodici anni l'idea della bellezza asiatica quando la si incontrerà non se ne farà più una questione di gerarchia ma accetterà la diversità del mondo.
(Intervista a cura di Antonio Rapisarda)

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