domenica 27 marzo 2011

Scoprimmo il mondo coi tigrotti di Monpracem (di Ivo Germano)

Intervista a Ivo Germano
A cura di Giovanni Bandini
Dal Secolo d'Italia del 27 marzo 2011
«L'immaginario moderno italiano? Tutto merito di Emilio Salgari». Per Ivo Germano - sociologo dei Processi culturali all'Università del Molise e appassionato salgariano per via paterna - quello creato dallo scrittore veronese non è solo una saga appassionante ma una vera e propria «educazione al mondo» che ha contagiato la cultura popolare e intere generazioni. Tanto che, dai telefilm a Sanremo, a cento anni dalla scomparda dell'autore le gesta di Sandokan e dei filibustieri non conoscono la fatica del tempo.

Cosa sarebbe stato l'immaginario del Novecento senza la letteratura di Salgari?

Non ci sarebbe stato, almeno in Italia. Per me, ad esempio, giovane lettore lui è stato il fondatore del mio immaginario. Salgari è quello che ha stabilito tutte le dimensioni moderne di questo: il viaggio, pur restando fermo e la fantasia. E i prodotti si sono avuti fino all'ultimo Sanremo dove un cantautore come Van der Sfroos ha portato in musica un personaggio salgariano come Yanez.

Come mai questo successo così trasversale?

Ha fatto capire che la fantasia è andata al potere ben prima del Sessantotto. Con Sandokan, poi, ha creato il primo personaggio noglobal. Salgari poi è un grande cantore delle piccole patrie, senza che queste poi diventino monadi. E soprattutto c'è un dato mediale interessante: Salgari scrive sui giornali, lavora quindi su un pubblico nuovo. Il feuilleton è stato trade union tra modernità e pubblico che sta diventando moderno. Insomma ha fatto vedere come si forma un pubblico allevato un pubblico moderno, basando alcuni concetti fonamentali: il primo inaugura viagiattori immobili, fa capire che il viaggio in pieno colonialismo è più importante della geografia, del sogno che di quella fisica.

E il suo approccio?

A otto anni mio padre avvedutamente mi ha regalato Le tigri di Mompracem e da lì ho compreso il senso dell'amicizia. Come ha spiegato Aldo Nove, anche lui come me provinciale, andare a letto sapendo che ci sono Sandokan e Yanez è una grande sicurezza. E lì c'è gran parte di Salgari: in questo rapporto Sandokan e Yanes, dove quest'ultimo è il contraltare scettico ma mai cinico dell'eroe per eccellenza che è appunto Sandokan. Come se non bastasse nella mia crescita tutto ciò che per me è stato ostacolo - dall'avvocato un po' borioso al severo pizzicagnolo - ha preso le sembianze di Lord Brooke e del colonello Fitzgerald. Ammetto anche che quando vidi lo sceneggiato su Raiuno scoprì anche l'amore per Perla. E tutt'ora non vedo l'ora di poter leggere a mio figlio queste pagine...

Chi sono i salgariani immaginari?

Uno è Sergio Toppi, un fumettista che ha fatto questa serie Africana. Poi Philippe Leroy, lo Yanez televisivo. Salgariani sono anche i viaggi dell'arte di Philippe Daverio, che ha quel senso di provincia che lo sa rendere cosmopolita assieme al desiderio di scoperta e l'amore per l'epica che nelle sue parole non è mai trombona. E che dire, poi, dell'Africa di Clint Eastwood e della la stessa città americana e salgariana di Gran Torino?

C'è chi dice che la lettura di Emilio Salgari sia un antidoto sicuro al razzismo...

Certo. ll mare aperto delle isole di Momparacem e le avvenuture del Corsaro nero sono un grande antidoto alla xenofobia. Se c'è una validità "urgente" delle riflessione di Salgari è questa, specialmente in questi tempi di contrapposizione e di fobia del diverso.

Cento anni dopo ancora la cultura popolare è piena di riferimenti salgariani. Eppure la cultura ufficiale ancora fatica a riconoscerlo.

Emio Salgari è più noto che conosciuto. E soprattutto è poco letto. Da una parte c'è infatti l'ipoteca crociana della cultura, dall'altra un certo strutturalismo che non ha capito la scaturigine energetica, la geografia letteraria dello scrittore. Già che si continui a discutere se si pronunci Salgari o Salgàri vuole dire che ancora non c'è una presa di coscienza nitida dell'importanza dell'autore: la cui cartografia dell'anima è ancora inespelorata. Pèrò, come abbiamo visto, la cultura popolare gioca dei bei scherzi alla cultura ufficiale...

Non crede che abbia più compreso l'Oriente Salgari senza uscire mai dall'Italia che i presunti esperti di geopolitica?

Sì, soltantoo un provinciale può capire il mondo: perché lo porta davvero dentro di sé in quanto è costretto a farlo. E non cade nei due opposti del generico cosmopolitismo o in un volemose bene generalizzato. Emilio Salgari, se esistesse ancora, scrivere su una rivista di geopolitica come "Limes" assieme a uno come Antonio Pennacchi. Perché è naturale, per un italiano essere interessato al mondo.

(intervista a cura di Giovanni Bandini)

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